Nostalgia Coppa Coppe: sei cavalcate nel trofeo dimenticato

Nostalgia Coppa Coppe: 6 cavalcate italiane nel trofeo che non c’è più

Lo diciamo subito, senza tanti giri di parole: la Coppa delle Coppe ci manca. Oltre a dare un senso alla Coppa nazionale (che in Italia consideriamo poco più di una scocciatura), offriva suggestive sfide tra le squadre più forti d’Europa nel doppio confronto andata/trasferta.

Era una Coppa “intelligente”, ben più di una Champions che accoglie i terzi classificati o di una Europa League ancora in cerca di una formula accattivante. In attesa che i nostri redattori riescano a convincere Blatter e Platini a ripristinarla, vi proponiamo sei cavalcate italiane in Coppa delle Coppe.

Gli esordi: la Fiorentina di Kurt Hamrin

Dopo lo scudetto del 1956, la Fiorentina colleziona quattro secondi posti consecutivi. Nel 1960 arriva anche in finale di Coppa Italia, dove deve arrendersi agli eterni rivali della Juventus. I bianconeri vincono lo Scudetto e vanno in Coppa Campioni, e i viola si qualificano così per la prima edizione della Coppa delle Coppe. La formula è ancora sperimentale, e alla Fiorentina basta superare nel doppio confronto Lucerna e Dinamo Zagabria per accedere alla finale con i Glasgow Rangers, già matematicamente campioni di Scozia.

L’Ibrox Park è gremito di 80mila scozzesi, certi di vincere dopo le roboanti prestazioni contro il Borussia Mönchengladbach e il Wolverhampton. Due gol di Milan ammutoliscono gli scozzesi, che sbagliano anche un rigore con Caldow; nasce la leggenda dei Leoni di Ibrox Park. Al ritorno a Firenze, Milan e “Uccellino” Hamrin fissano il risultato sul 2-1, regalando alla Fiorentina la Coppa. È il primo trionfo europeo di una squadra italiana. La Fiorentina chiuderà una delle sue migliori stagioni vincendo anche la Coppa Italia.

I Leoni di Ibrox Park: la Fiorentina del 1961

L’Atalanta di Mondonico, tra Europa e Serie B

Una storia incredibile: l’Atalanta nel 1985/86 arriva penultima in campionato, ma in Coppa Italia riesce a raggiungere la finale. Il Napoli di Maradona si aggiudica Scudetto e Coppa, e i bergamaschi si ritrovano in una situazione paradossale: retrocessione in Serie B e qualificazione per la Coppa delle Coppe. In estate la squadra viene affidata al giovane Mondonico, che prova ad onorare la coppa senza rinunciare alle ambizioni di promozione.

Ne fuoriesce un’annata tanto esaltante quanto schizofrenica; del resto, non capita a molti di affrontare in 4 giorni Sambenedettese e Sporting Lisbona. Il cammino dei bergamaschi, trascinati da Stromberg e Garlini, si ferma solo in semifinale contro il Mechelen di Preud’Homme; Mondonico raggiunge comunque la promozione, e si gode il record del miglior piazzamento nelle coppe europee di un club non iscritto nella propria massima serie nazionale.

La rosa dell'Atalanta 1987/1988

Le due finali della Samp di Boskov

La Sampdoria allestita da Paolo Mantovani e Vujadin Boskov meriterebbe un capitolo a sé: il cammino in Coppa Coppe non è un episodio isolato ma uno snodo chiave di un percorso decennale. Mantovani prende la squadra nel 1979 in Serie B, e in pochi anni la trasforma in un gioiello: la Samp acquista i migliori giovani italiani, li cresce e li aspetta senza sovraccaricarli di aspettative.

Vierchowod, Vialli, Mancini, Salsano, Mannini sono alcuni dei giovanissimi talenti che arrivano a Genova ad inizio degli anni ’80: nel 1985 la Samp vince la sua prima Coppa Italia, e dal 1986, con Vujadin Boskov in panchina, la squadra diventa a tutti gli effetti una big.

Nel 1987 e nel 1988 i doriani vincono la Coppa Italia, ed entrambe le volte si fanno strada in Coppa delle Coppe arrivando fino alla finale; nel 1989 è il Barcellona di Cruijff che spezza i sogni blucerchiati, ma nel 1990 è l’Anderlecht a soccombere davanti ai colpi di Vialli e Mancini. Non è un fuoco di paglia: l’anno successivo i ragazzi terribili di Boskov regaleranno al popolo doriano il suo primo scudetto; nel 1992 in Coppa Campioni arriveranno nuovamente in finale, e sarà ancora una volta il Barcellona a fermare la più bella Sampdoria di sempre.

Attilio Lombardo che esulta insieme a Vialli, Marassi

La prima Coppa del Parma di Scala

Nel 1990 il Parma è promosso per la prima volta in Serie A: tra i suoi giocatori Apolloni, Melli e lo storico capitano Lorenzo Minotti, in panchina Nevio Scala. È l’inizio della più bella favola degli ultimi 30 anni. Solo due anni dopo, il Parma vince la Coppa Italia contro la Juventus di Baggio e Totò Schillaci. Chi pensa che i ducali siano soddisfatti si sbaglia di grosso: in estate arriva dalla Colombia Faustino Asprilla, che va a rinforzare un attacco che già può contare sulla concretezza di Melli e sulla duttilità di Thomas Brolin.

Il 3-5-2 di Scala, forte di due esterni inesauribili come Benarrivo e Di Chiara, è la risposta di provincia a Cruijff e Sacchi. Il Parma elimina in successione gli ungheresi dell’Ujpest, i portoghesi del Boavista e i cechi dello Sparta Praga, subendo un solo gol in sei partite. In semifinale contro l’Atletico Madrid di Schuster, Asprilla segna due gol che gelano il Calderon (1-2) e rendono inutile la vittoria esterna dei colchoneros per 1-0. Nella finale di Wembley segnano Minotti, Melli e Cuoghi: il Parma batte 3-1 l’Anversa e alza il suo primo trofeo continentale.

Il Parma con la Coppa Coppe del 1993

Il Vicenza di Zauli e Luiso

Nel 1997 il Vicenza vinceva la Coppa Italia, superando ai supplementari il Napoli: la banda Guidolin suggellava così una stagione fantastica, che l’aveva vista arrivare ottava in Serie A. In estate i biancorossi si rinforzano acquistando Lamberto Zauli dal Ravenna (“Come possa arrivare in A così tardi uno del suo talento rappresenta un mistero totale“, scriverà pochi mesi dopo Gianni Mura) e Pasquale Luiso, il Toro di Sora, dal Piacenza. Nonostante i nuovi arrivati, la rosa del Vicenza non sembra sopportare facilmente gli impegni di Coppa e Campionato: i biancorossi sono, alla Boniek, belli di notte.

Faticano in Italia, ma si accendono in Europa: sotto i colpi di Luiso, servito alla perfezione dai due stantuffi Schenardi e Ambrosetti, crollano in successione Legia Varsavia, Shakhtar Donetsk e Roda. In semifinale il Vicenza si trova davanti il Chelsea italiano di Gianluca Vialli e Magic Box Gianfranco Zola.

All’andata un’invenzione di Zauli fa sognare i vicentini, che si presentano a Londra forti dell’1-0 del Menti; al ritorno il Toro Luiso porta avanti i suoi, ma Vialli – allenatore-giocatore dei bluescambia modulo e si sposta sulla fascia. I suoi cross fanno impazzire i biancorossi, che subiscono tre gol  e se ne vedono annullare uno per fuorigioco; l’eliminazione contro il Chelsea, futuro vincitore della Coppa, niente toglie alla fantastica impresa del Vicenza.

Il Vicenza vince la sua prima Coppa Italia e accede alla Coppa delle Coppe

L’ultima edizione: la Lazio di Eriksson

La storia della Coppa Coppe termina nel 1999 con un’altra vittoria italiana; stavolta ad imporsi è la Lazio di Eriksson, che dopo la sconfitta dell’anno precedente in finale di Coppa Uefa (3-0 contro l’Inter di Ronaldo), si prende finalmente il suo primo trofeo continentale. La Lazio assemblata da Cragnotti è una squadra che può permettersi di tenere in panchina campioni come Couto, Conceicao, Lombardo, Boksic: in Europa la Lazio travolge Panonios e Partizan Belgrado, mentre fatica terribilmente contro Losanna e Lokomotiv Mosca.

I biancocelesti arrivano a maggio sognando il doble Campionato – Coppa: in Serie A è superata alla penultima giornata dal Milan, ma quattro giorni dopo a Birmingham ha l’occasione di rifarsi nella finale di Coppa Coppe contro il Maiorca del tecnico Hector Cuper. Vieri e Nedved, forse i due uomini più rappresentativi assieme al capitano Nesta, siglano le reti che consegnano alla Lazio la vittoria nell’ultima edizione della Coppa.

Nesta alza la Coppa al cielo

Adesso un desiderio. Ridateci la Coppa delle Coppe. Perché dal 1999 il giovedì è diventato un po’ più noioso.