San Lorenzo: quando il tifo sconfigge dittatura e Carrefour - Zona Cesarini

San Lorenzo: quando il tifo sconfigge dittatura e Carrefour

Esiste un terreno sacro in uno dei barrios più vitali di Buenos Aires, Boedo. Un terreno profanato due volte. Stuprato da una dittatura militare prima e dalla globalizzazione senza freni poi. Ma come in tutte le favole, perché questa per una volta lo è, arriva un lieto fine: di quelli che “e tutti vissero felici e contenti”.

Almeno, così è per una delle tifoserie più calde e pittoresche del mondo: quella del San Lorenzo de Almagro. Quelli che “estamos todos de la cabéza”, per citare uno dei cori simbolo del loro modo di essere e d’intendere il calcio.

Il barrio di Boedo è lo snodo cruciale di questa storia popolare nata 35 anni fa e perpetratasi fino ad oggi scorrendo in maniera sotterranea, come un fiume carsico che non puoi scorgere ma che si può sentire. Boedo è uno dei numerosi quartieri di Buenos Aires: un concentrato di caffè dall’aria bohemién e bande di strada che suonano il tango, che avvolge ogni angolo di questo barrio affascinante tagliato a metà dalla storica Avenida 25 de Mayo.

Insomma, qui si respira un’aria tipicamente argentina: sospesa fra tradizione rioplatense e slanci d’orgoglio popolare. Ma Boedo non è soltanto tango e decadenti bar in legno. Anzi. Boedo significa principalmente appartenenza. Tradotto: San Lorenzo.

Camminare fra queste strade significa immergersi in una dimensione totalizzante poggiata sui colori del Clúb. Quelli di una società storica del calcio argentino, sospesa in bilico fra ambizioni, grande tradizione e la presenza ingombrante e cannibale dei due colossi cittadini: Boca Juniors e River Plate. Il San Lorenzo, per tutti gli appassionati El Ciclón o Los Cuervos, nasce e (con)vive sotto questo particolare paradigma.

Fin dalla sua fondazione: un prete italiano, Lorenzo Massa, decise di concedere il proprio terreno parrocchiale nel quartiere di Boedo, in Calle México, per dare la possibilità ai ragazzi di Almagro di poter giocare le loro partite senza patemi. È il 1908 e le partite fino a quel momento venivano improvvisate in mezzo alla strada, fra il passaggio di tram e veicoli di ogni sorta, mettendo così a rischio l’incolumità de los chicos del Almagro.

Grazie al gesto di generosità di un prete salesiano, viene così fondata una delle società più gloriose d’argentina. I colori sono quelli tradizionali, rosso e blu, mentre il nome è un omaggio a quel sacerdote italiano che a Boedo è nato e cresciuto, tra polvere e ritmi indolenti di bandoneon: Clúb Átletico de San Lorenzo. Ma oltre alla fondazione e ai primi successi, l’altra cesura da tenere a mente è quella che coincide con la parentesi più triste e sanguinaria della storia d’Argentina. Un nome e un cognome: Jorge Rafael Videla.

All’indomani del Mondiale del 1978, durante il periodo di massimo potere della giunta militare fascista del Generale, l’amministrazione di Buenos Aires decide unilateralmente che nel centro della città esistono troppi stadi. Alcune “teste” salteranno, al loro posto verranno costruite per lo più attività commerciali.

La mannaia di Videla e burocrati si abbatte su di un quadrilatero di Boedo che coincide con lo spazio vitale del Viejo Gasómetro, ovvero la casa del San Lorenzo. Da sempre. Dai tempi di quel parroco italiano e dei ragazzini a rischio strada. Anche se alla fine degli anni ’70 il Ciclón versa in condizioni societarie critiche, elemento che favorisce ancor di più il sacco del Gasómetro.

Nonostante il clima di enorme pressione psicologica, violenza e terrore diffuso, quelli del Ciclón non ci stanno e protestano in varie forme contro l’atto normativo impugnato d’imperio. Rischiano la propria incolumità e quella delle loro famiglie, copione ben noto da anni in quella triste Argentina che passerà alla storia come terra dei desaparecidos. È una forma di rivendicazione dal basso, un grido disperato di appartenza ad un quartiere che ha il suo epicentro passionale in quel vecchio impianto di cemento totalmente a cielo aperto. Il Gasómetro è questione d’identità. Di più: è socialità, sprazzi di libertà ed aggregazione.

Ma la dittatura non fa sconti. Espropria il terreno con un indennizzo ridicolo, rivendendolo poi alla grande catena Carrefour per una cifra dieci volte superiore. Il misfatto è servito. Soprattutto perché al posto di quel terreno sacro, unicamente votato al calcio e alle emozioni di un tifo inimitabile, sorge un anonimo centro commerciale. Una sinistra struttura di metallo e amianto, dalla forma rettangolare, una scatola di lamiere grigie che stride con i colori accesi e i numerosi murales rosso-blu che caratterizzano la vita e le vie del barrio.

Ma, come detto, questa è una favola popolare dove il tempo ha i suoi ritmi dilatati, tipicamente argentini. E alla fine fa giustizia. Dal 1979 – anno di apertura del centro commerciale francese nel cuore del Boedo – sono passati poco più di trenta anni, e lo scenario muta. Bruscamente.

Arriviamo così ai giorni nostri. La dittatura di Videla è una cicatrice profondissima ed indelebile, ma l’Argentina e Buenos Aires hanno superato difficoltà sociali immense e crac improvvisi, momenti di rinascita e paludose stagnazioni. In questi anni, un solo fenomeno sociale non si è mai fermato né ha  conosciuto crisi di partecipazione: il calcio. Un fil rouge che da sempre lega le vicissitudini di un paese ricchissimo di umanità e bellezze, ma economicamente povero.

In questo contesto, i tifosi del San Lorenzo recitano la parte di attore protagonista: spingono la squadra ad una nuova rinascita; cosa che avviene con l’inaspettato trionfo nel torneo di Clausura del 2007, dopo un periodo di buio e speranze disattese. È la spinta decisiva per los hinchas dei Cuervos, che infatti vedono passare una prima risoluzione positiva alla richiesta di tornare “alla terra santa” (come la chiamano loro), ovvero a Boedo.

Uno dei murales nel barrio Boedo

Perché i tifosi e la gente del quartiere non hanno mai rinunciato all’idea di tornare sul terreno sacro. Il Nuevo Gasómetro è forse uno stadio più funzionale e capiente, ma si porta dietro un vizio di forma originario: una lettera scarlatta macchiata di sangue. È stato costruito fuori dal Boedo, in uno slum di povertà assoluta e disuguaglianze estreme: Nueva Pompeya, zona Bajo Florés. È una cattedrale nel deserto che porta il fardello di una decisione vergata Jorge Videla. Bisogna tornare al Vecchio Gasometro.

Ed ecco la passione che unisce e abbatte ostacoli apparentemente insormontabili. Come quello di una catena di distribuzione internazionale, dei suoi soldi e dei suoi uffici legali.

I tifosi associati del Clúb – che fanno pesare in maniera determinante la loro presenza all’interno della struttura societaria – si uniscono e impugnano la questione per via legale. Una vera class action del pallone. Ma prima della procedura legale c’è la parte istintiva e spontanea del popolo del Boedo, che si trasforma nel corso degli anni in manifestazioni di piazza dal motto semplice ma evocativo: “Volvimos a Boedo”.

Di più, diventa un fenomeno che fa parlare una nazione che vive di calcio ed aggregazione popolare come l’Argentina: dai bar cittadini alle pampas della Terra del Fuoco. Il “Volvimos a Boedo” è argomento che suscita interesse e prese di posizione. Anche celebri ed inaspettate: come quella dell’attore Viggo Mortensen, cresciuto a Buenos Aires e grande tifoso dei Cuervos. Come del resto Papa Francesco.

Viggo Mortensen, tifoso del San Lorenzo, al Gasometro

Diventa perfino una coreografia che abbraccia le tribune del Nuevo Gasómetro. Ed è soprattutto un’enorme manifestazione di piazza: quella dell’8 Marzo 2012. Quando si riuniscono in 100mila per dare voce e volto a quella richiesta. Insomma, un’intera città scende per le strade.

È il popolo del San Lorenzo, sono quelli de La Gloriosa Butteler: l’onda anomala che investe gli stadi argentini al ritmo cadenzato di cori infiniti e fantasiosi. Vere e proprie marce di accompagnamento all’evento calcistico, che da queste parti dura tutta la settimana. Diventando un fenomeno cult per tifosi e appassionati di tutto il mondo.

Così nella centralissima Plaza de Mayo scende tutto il Boedo, senza distinzione di età, sesso e credo. La questione è ormai nazionale. Politica. In questo clima di fermento la giunta metropolitana decide, varando la risoluzione finale: nasce la Ley de Restitución Historica. Ogni traduzione suonerebbe superflua. La “restituzione” del terreno al popolo viene approvata dalla giunta con 50 voti a favore e 0 contrari. È unanimità.

Il percorso è compiuto. Boedo esplode di gioia, insieme agli striscioni e ai palloni con i colori del San Lorenzo. Il quadrilatero del Vecchio Gasometro li aspetta; il Carrefour, nonostante le obiezioni e le dichiarazioni di totale estraneità a qualsiasi affare con la giunta insanguinata di Videla, alla fine cede il passo.

Quell’ipermercato di lamiere nel lasso di pochi anni non esisterà più. Al suo posto – a fronte di un indennizzo sostenibile – sorgerà un nuovo stadio dal nome vecchio e dal fascino immemore.

La conferenza stampa indetta il 4 Aprile del 2014 serve esclusivamente per l’ufficialità: dopo anni di lotte e rivendicazioni, nel 2016 inizieranno i lavori per la nuova casa del San Lorenzo. Un vecchio Gasómetro accenderà nuovamente gli animi fanatici nella terra santa.

Perché a volte può succedere che la tradizione vinca sulla globalizzazione, la dignità di un popolo sui soprusi del Potere e che Davide trionfi contro Golia. Soprattutto in un luogo dove il calcio non è importante: è semplicemente tutto.

“Te alentaré cuando menos lo merezcas, porque será cuando más lo necesites.” (Motto de La Gloriosa).