3 promesse non mantenute

Pensavo fosse amore invece era un calesse. 3 grandi promesse non mantenute

Il film di Massimo Troisi fu amore a prima vista, tanto che al botteghino incassò 1 miliardo e mezzo. E per l’attore napoletano fu amore eterno. Oggi prendiamo spunto dal titolo di questo film di successo per parlarvi di 3 promesse mancate, 3 gioielli in erba, 3 amori non sbocciati. Astri nascenti rimasti chiusi nel proprio guscio.

Vuoi per sfortuna, vuoi perchè non valevano così tanto, fatto sta che questa Top 3  si catapulta indietro di qualche anno per raccontarvi le deludenti gesta di questi giocatori che da giovani virgulti dovevano spaccare il mondo. E così non è stato.

1. SEBASTIAN DEISLER

“Non ho più fiducia nel mio ginocchio, è stato un calvario. Non gioco più con allegria e non posso fare le cose a metà, è una cosa che non fa bene a nessuno.”

deisler

Sebastian “Basti Fantasti” Deisler doveva essere il nuovo fenomeno teutonico degli anni ’90, doveva spaccare il mondo quello che era considerato unanimamente l’astro nascente del calcio germanico. Così non è stato. Le aspettative erano moltissime e come spesso accade le più buone intenzioni finiscono nel dimenticatoio.

Comincia a tirare i primi calci al pallone nel TV Turmringen, dove a 9 anni segna la bellezza di 215 reti in una stagione. A mandarlo in campo nella massima divisione tedesca è proprio il Borussia Mönchengladbach, che lo acquista nel 1995 e lo lancia nella mischia ad appena 18 anni. Diciassette ottime presenze, due gol e un assist tolgono ogni dubbio e i critici paragonano Deisler a Littbarski o Magath.

Perfino troppo per un ragazzo dall’estro indiscutibile dal cross telecomandato ma ancora lontano dall’intendere il calcio come una professione. Basti si diverte e a 19 anni rifiuta il Bayern Monaco (“lì non giocherei titolare“) preferendo l’Herta Berlino che lo acquista per 4,5 milioni di marchi.

Deisler si trasferisce voglioso di mostrare tutto il suo talento nonostante il primo brutto campanello d’allarme, un grave infortunio al ginocchio. Un brutto colpo da cui si riprende, disputando tre annate nella Die Alte Dame (“La Vecchia Signora”, soprannome della squadra berlinese) che lo vedono protagonista anche in Champions League. Nell’orribile Europeo 2000 dei tedeschi (eliminati nel girone di qualificazione dopo uno 0-3 incassato contro il Portogallo) è l’unica luce, il perno su cui costruire la Mannschaft del futuro.

Con premesse del genere il ragazzo non può che finire, stavolta sì, al Bayern Monaco, seguendo le orme della quasi totalità dei predestinati di origine tedesca. I bavaresi lo acquistano nella primavera del 2002 nonostante il giocatore, tormentato da problemi di natura fisica, avesse totalizzato 25 presenze nella sua miglior stagione (annata 2000/01). Il Mondiale asiatico è alle porte e Deisler freme per mostrare al mondo la sua classe. La stella più attesa della Germania è lui, ancor più di Ballack.

Purtroppo, però, non potrà brillare: in un’amichevole con la Nazionale ad un mese dall’inizio dei Mondiali, prima ancora di esordire con i bavaresi, il ginocchio fa nuovamente crack. Altro che consacrazione a livello internazionale, per lo sfortunato talento teutonico inizia un nuovo calvario fatto di ricoveri, operazioni, stampelle e incertezze. La botta è terribile per un ragazzo di appena 22 anni, devastato moralmente oltre che fisicamente da un maledetto destino.

Alla vigilia della stagione 2003/04 il ragazzo sembra finalmente aver recuperato in pieno dall’infortunio e, convivendo con i soliti acciacchi, inizia il campionato giocando con una certa regolarità. Ciò però non basta per tranquillizzare l’animo del fragile talento nato nel sud della Germania. Il 10 novembre, il giorno dopo una grande prestazione contro il Borussia Dortmund condita da altri due decisivi assist, Deisler chiama il manager del club Uli Hoeness e lo gela: “Sto male, ho bisogno d’aiuto“. No, non c’entrano le ginocchia, stavolta è la testa che non va.

È in una fase depressiva sentenzia il professor Florian Holsboer, direttore della clinica di Monaco di Baviera dove Deisler viene ricoverato.

Il giocatore è in buone condizioni fisiche, la sua è una predisposizione alla depressione comune nel 10-15 per cento della popolazione. La forma acuta capita almeno una volta nella vita”, aggiunge Holsboer che in un primo momento ipotizza sei settimane di stop, “ma forse ancor di più. La carriera, comunque, non è in pericolo“. Alla troppa pressione per raggiungere traguardi resi impossibili dai continui infortuni si è sommata la gravidanza complicata della sua compagna Eunice e Deisler, a 23 anni, è esploso.

Nel maggio 2004 torna in campo, emoziona tutti realizzando un gol al Friburgo, ma una successiva ricaduta nella depressione lo costringe ad un nuovo ricovero in ottobre che lo allontana dalla squadra finché la paternità non gli dà la forza di ricominciare. A 25 anni appena compiuti Basti torna in campo e, giorno dopo giorno, recupera la forma. Tra il febbraio 2005 e il marzo 2006 la Germania, in trepidante attesa del Mondiale casalingo, riscopre tutto il talento di quello che ormai è un titolare inamovibile del Bayern.

Deisler è ancora giovane ed ha davanti a sé l’occasione di una vita: il Mondiale 2006. Il destino, però, si diverte ad accanirsi contro il giovane tedesco che, a due mesi dall’inizio della manifestazione iridata, in un banale scontro con il compagno di squadra Hargreaves durante un allenamento, si rompe i legamenti del del ginocchio destro. Sempre lo stesso, sotto i ferri per la quinta volta in otto anni. Deisler finisce nuovamente all’inferno.

Ad inizio 2007, pochi giorni dopo il suo 27esimo compleanno, Deisler convoca una conferenza stampa a sorpresa e, lasciando allibiti giornalisti e dirigenti, getta la spugna.

Poche ma chiarissime parole. Da cui non si torna indietro, nonostante i tentativi di Uli Hoeness che “congela” il contratto tra il club e il giocatore, valido sino al 2009. Deisler però non torna sui suoi passi e, stanco e logorato da un corpo che non risponde come vorrebbe, appende le scarpe al chiodo. 

2. GIANLUIGI LENTINI

“Dopo l’incidente non riconoscevo più le persone e le cose, ricominciai a parlare come un bambino. Ora posso dirlo, quell’incidente ha bruciato in un attimo la mia carriera. Mi ha tolto tutto.”

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Torniamo in terra italiana e ci fermiamo a Carmagnola, paese di nascita di Gianluigi Lentini, colui che doveva essere l’astro nascente dei nineties italiani. Una storia dai contorni sfortunati e un destino un po’ avverso. A volte succede di essere vittime di un sistema che sta cambiando, perchè la storia di Lentini, idolo indiscusso dei tifosi granata, rappresenta un esempio di come il vil denaro ha cominciato ad essere padrone assoluto del mondo del pallone.

Ala destra rapida e potente, dalle giocate imprevedibili e da un dribbling micidiale, Lentini nasce a Carmagnola il 27 Marzo del 1969. Cresce nelle giovanili del Torino e debutta in serie A a 17 anni e proprio perchè è uno dei prodotti migliori del vivaio granata, la gente del Toro gli vuone bene perchè per la tifoseria e la curva è come un fratello perchè lui ha amato veramente i colori granata.

Proprio con il Torino di Emiliano Mondonico, tra l’89 e il ’92 colleziona 89 presenze e 16 reti, raggiungendo la finale di Coppa Uefa con l’Ajax, e proprio tutto il suo talento lo dimostra con i colori granata. A 23 anni, il Milan di Berlusconi lo acquista per 18,5 miliardi di lire, cifra astronomica per l’epoca , se si considerano anche i presunti 10 miliardi fuori bilancio, da cui è nato uno degli infiniti processi del Cavaliere e che prende appunto il nome di “Processo Lentini“.

Come successo a Baggio con il trasferimento dalla Fiorentina alla Juventus, a Torino si respira aria di sommossa popolare: cassonetti rovesciati e una città messa a ferro e fuoco. I tifosi granata non hanno mai accettato quella cessione e i silenzi del giocatore non hanno certamente aiutato.

A quel tempo tutti ricordano quante pagine e per quante settimane i giornali hanno dedicato parlando del famoso colpo Lentini da parte del Milan perché rappresentava uno dei primi acquisti miliardari della storia del calcio. Quella del Milan è una bella parentesi sopratutto nel 1993 con Capello, dove diventa titolare e realizza 7 reti per 30 presenze accumulate, con il Milan vincerà 3 scudetti, 3 supercoppe italiane, 1 Coppa dei Campioni e 1 Coppa Uefa.

Il 2 agosto del 1993 è vittima di un terribile incidente (Gigi era solito sfrecciare sulla fascia destra, ma gli piaceva farlo anche al volante) a 150 all’ora. Si schianta mentre percorre l’autostrada Torino-Piacenza ed è un camionista a salvarlo e portarlo fuori dalle macerie della sua Porsche. Gigi si salva dal coma e da quel momento la sua vita cambia. Pur essendo vincitore col Milan non riuscirà più ad esprimersi a grandi livelli,  e nello stesso Milan finisce con l’essere dimenticato e nel 1996 tenta il rilancio con la maglia dell’Atalanta dove veglia su di lui l’angelo custode Emiliano Mondonico.

Nel 1998 Gigi Lentini torna a vestire la maglia granata facendo dimenticare ai tifosi lo sgarbo di sei anni prima e ricomincia dalla serie B, riportando il Torino nella massima Serie. Tre anni dopo milita ancora in B con la maglia del Cosenza diventando un idolo anche al San Vito, ma i riflettori si vanno sempre più spegnendo e quello che rimane di Lentini è solo il nome.

Quella di Gigi è una vera parabola discendente, schiacciato da troppi quattrini e mass media invadenti. Lentini oggi è sereno e consapevole dei suoi mezzi, ripensando a quando era ancora in grado di affermarsi come Top Player. Un velo di malinconia ancora traspare dalle sue parole ma agli occhi dei veri tifosi, specie quelli granata, Gigi verrà sempre ricordato e amato.

3. YOANN GOURCUFF

“Deve lavorare un po’ sotto l’aspetto mentale. È un grande giocatore, non ci sono dubbi, ma la testa è stata un problema quand’era con noi.” (Carlo Ancelotti)

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Anche lui passato da Milano, sempre sponda rossonera. Doveva essere il nuovo Zidane, l’erede al trono francese del più grande fantasista transalpino del dopo Platini. Classe ’86, Gourcuff è attualmente svincolato. La sua esperienza con il Lione si è conclusa la stagione passata, un’altra annata sfortunata, condita da una miriade di infortuni che lo hanno spinto perfino a decurtarsi l’ingaggio a Settembre 2014.

Nato a Plomeur, piccolo paesino nell’estrema Bretagna, muove i primi passi su un campo da gioco nelle file del Lorient, allenato dal  padre Christian. Nel 2001 firma un contratto giovanile con il Rennes, per poi essere integrato in prima squadra nel 2003. Nei tre anni passati al Rennes acquista progressivamente spazio in prima squadra ed esordisce nelle competizioni UEFA.

Il mondo del pallone ci ha via via abituato all’esplosione di tanti talenti, e al tempo stesso succede che tutta questa classe si perda nei meandri del dimenticatoio. Il caso in questione è quello di Gourcuff, che in molti infatti ricordano soprattutto per la sua parentesi al Milan quando, nonostante avesse mostrato buone individualità, gli furono concessi poche occasioni per mettersi in mostra.

Al tempo però il francese era chiuso da Kakà e ciò lo portò a ritornare in Francia, proprio per giocare al meglio le sue carte. Il passaggio al Bordeaux rivitalizzò il giocatore che diventò trascinatore della sua squadra alla conquista del titolo di campione di Francia e tutto sembrava andare per il meglio. Lo spogliatoio del Bordeaux però non accettò mai appieno la presenza di Gourcuff e, anche a causa di alcuni screzi per motivi razziali, il talentino sarà costretto a cambiare squadra.

Ecco che si fa viva un’altra grande squadra transalpina: il Lione. I rossoblù infatti riescono a ottenere le prestazioni del centrocampista sborsando l’ingente cifra di 22 milioni di euro, alla base del grande valore attribuito al giocatore vi è la convinzione che questo avrebbe traghettato la squadra verso numerosi successi. Il primo anno però Gourcuff lo passa più fuori che dentro al campo a causa di un infortunio, e le cose non sembrano andare meglio nemmeno quest’anno.

Fatto sta che ad oggi il calciatore è sulla lista di sbarco del Lione ma non sembrano esserci squadre realmente interessate ad acquistare il centrocampista. L’unico team che ha mostrato interesse è stato l’Arsenal, o meglio il suo tecnico Wenger. L’allenatore infatti ha più volte lodato Gourcuff sottolineando che il giocatore può ancora dare molto.

L’Arsenal però non ha mai effettivamente avanzato un’offerta e non sembrerebbe intenzionata a farlo neanche durante la sessione di mercato di gennaio. Insomma Gourcuff sogna di andare a giocare l’Europeo con la maglia della sua nazionale e rimediare alla bruttissima figura del mondiale sudafricano, ma senza una squadra che creda realmente in lui sarà molto difficile.

Siamo molto lontani dall’azzardato soprannome “GourCruyff“. Anche perchè di Cruyff, il transalpino ha solo il nome.