Come d'incanto. 5 perle che ti faranno rimpiangere Alexandre Pato - Zona Cesarini

Come d’incanto. 5 perle che ti faranno rimpiangere Alexandre Pato

Prologo

Settembre 2011. Sta per iniziare Barcellona-Milan e sono smanioso perché credo che il Milan questi scontri non li perda, ha qualcosa nel dna che lo porta a sfoderare prestazioni da Dr. Jekill e Mr. Hyde, ma quando la partita si fa di livello europeo aleggia qualcosa di rossonero nell’aria che profuma di grande impresa.

Siamo quasi al fischio d’inizio. Avverto distintamente lo strepitìo di Sandro Piccinini, più molesto ed enfatico del solito già dal canonico quanto inutile collegamento pre-partita. Il Camp Nou è uno spettacolo e il Barça, strano a dirsi, si sente legittimamente più forte: sciolto, sicuro, ai limiti dell’arroganza. Guardiola siede in panchina, in campo Messi, Pedro e Villa nel tridente, senza sviscerare quel centrocampo a 3 fuori categoria. È appena iniziata la partita.

Non faccio in tempo ad alzare il bicchiere dal tavolo che vedo esultare Seedorf e Boateng. Mi sono perso il gol del Milan. Ho soltanto intravisto qualcosa di velocissimo ed irreale. Cos’è successo? Arriva il replay e rimango basito: Pato si è letteralmente inventato un gol che in Champions League va a collocarsi sotto la voce specie estinta“.

Assomiglia ad una rete da campionato Giovanissimi, in quelle stagioni dove si affrontano 13enni imberbi, ancora bambini, e qualche strana creatura con tanto di baffetti e muscoli già sviluppati. Ricorda le dinamiche di campo di quel tipo: troppa velocità più degli altri, troppo divario atletico. Soltanto che ci troviamo al Camp Nou, contro il Barça campione in carica, al 24° secondo di gioco.

È una prodezza da spot, di quelle che potrebbero finire sui cartelloni pubblicitari della Nike come in un filmato di propaganda à-la Leni Riefenstahl. Le gambe mulinano ad una velocità irreale, come se i piedi non toccassero terra. Due soli tocchi alla palla e 40 metri di allungo, poi l’appoggio beffardo sotto le gambe di Valdés. Il Barça ammira inerme quello scatto predatorio.

Mi pareva doveroso iniziare con questo prologo, sospeso a metà fra incredulità e apparizione di una forma aliena: un incontro ravvicinato del terzo tipo con un gol da fuoriclasse. Perché è questo il gesto tecnico che più mi ha colpito nella breve e instabilissima carriera di un fenomeno annunciato e poi scomparso, di un attaccante che sembrava sbarcato dal futuro; di un talento che oggi, a soli 26 anni, cristallizza alla perfezione il concetto di predestinato abbandonato sul viale del tramonto.

Oltre alla gemma del Camp Nou, ecco altri cinque gol che probabilmente ti faranno rimpiangere il Papero.

Chievo – Milan 1-2

Il Milan di Allegri va a Verona, sponda Chievo. È una di quelle partite bloccate, faticose. Sono probabilmente le sfide che, nell’economia di un torneo sfiancante come la Serie A, valgono doppio. Perché quando sei inchiodato sull’1-1 a 8 minuti dalla fine, su un campo dissestato, allora scatta il momento della giocata estemporanea. Quella che verrebbe apostrofata come spacca-partita, o più semplicemente una prodezza del singolo. A firma Pato.

È il gol decisivo: il 2-1 che mette in cascina 3 punti fondamentali per la corsa-Scudetto. Da una ripartenza tenace di Gattuso, la linea del Chievo indietreggia pure troppo, dopo una delle rare sortite in fase offensiva. La palla balzella faticosamente verso il Papero, che pare avere in testa solo quel pensiero: il gol in solitaria saltando due uomini in un fazzoletto di campo. Non c’è spazio per appoggi o triangoli, sembra che Pato parta fin dal primo passo con quell’azione già visualizzata in testa.

L’esecuzione della giocata ricorda da vicino un gol alla Roberto Baggio, per leggerezza e precisione del dribbling, tocco in velocità e abilità nella conclusione a rete prendendo in controtempo il portiere.

Milan – Napoli 3-0

Stagione 2010/11, quella dello Scudetto firmato Allegri. La coppia d’attacco è Pato-Ibrahimovic, difficile convivenza ma altrettanto affascinante combinazione di talenti. Il Napoli di Mazzarri imbarca fin dall’inizio e nel secondo tempo crolla dopo un rigore di Ibra. Partita da blindare al più presto. Si sveglia Pato, che proprio in quella stagione risulta un paradosso esistenziale: 25 presenze, 14 gol. Una statistica spaventosa, che dice molto sul potenziale da fuoriclasse del 21enne brasiliano; ma è anche un’annata dove Pato si assenta dal gioco, perde facilmente la lucidità, si intestardisce e soprattutto s’infortuna spesso.

Ma quando riesce a regalare sprazzi del suo calcio sono guai per tutti. Il Napoli è vittima di una di quelle notti dove la testa del Papero è sgombra e le gambe girano a meraviglia. Prima serve un assist magnifico, per lucidità e preparazione, per il 2-0 di Boateng e poi infila il 3-0 finale. Un’altra prodezza. Stavolta parte come una gazzella su un rinvio di testa dalla difesa, guadagna subito 3 metri sul tandem Aronica-Maggio: sguscia nel mezzo ai due, conquistando la palla e facendo schizzare all’indietro i difensori.

Come prevedibile, non lo affrontano perché davanti ha una voragine di 30 metri dove Alexandre diventa irrecuperabile; Pato controlla e gigioneggia, sembra voler privilegiare una soluzione d’appoggio, magari per l’accorrente Ibrahimovic, invece, con due secondi di pensiero a disposizione, e da fermo, lascia partire dalla lunetta un arcobaleno d’interno che finisce sotto il sette. Tecnica di base e facilità di calcio sopraffine.

De Sanctis può solo provare il volo per i fotografi. Esecuzione perfetta. Con la naturalezza di un pittore espressionista davanti ad una tela bianca.

Bari – Milan 1-3

Ancora la stagione dello Scudetto a firma Allegri, stavolta al San Nicola di Bari. Teatro di una delle realizzazioni più folgoranti di Pato, almeno per quanto riguarda le possibilità di finalizzazione in rete. Ripartenza offensiva del Milan, ma stavolta il Papero riceve palla sulla trequarti destra: il lato opposto a quello in cui ha dimostrato di poter compiere sfaceli palla al piede.

Questo gol è in classifica sostanzialmente per questo motivo. È una versione speculare del tipico gol à-la Pato: movimento, controllo, dribbling, contro-dribbling e botta secca imparabile nell’angolino lontano. È pura essenza del Papero. Vista, però, allo specchio. Il movimento ad eludere l’intervento dell’avversario, che temporeggia e non gli permette di scaricare di destro, è semplicemente magistrale per esecuzione, semplicità e preparazione al tiro.

Il 70% di questa prodezza risiede proprio in quella sterzata col tacco ad apparecchiare il tavolo per il sinistro letale nell’angolo basso. Assomiglia più a una stordente danza haka eseguita a velocità supersonica che ad un gol in contropiede.

Milan – Werder Brema 2-2

Coppa Uefa 2008/09, la serata nera che sancisce l’eliminazione del Milan davanti ai suoi tifosi. È un 2-2 maligno, ma nella memoria di molti rimane l’illusorio 2-0 a firma del diciannovenne Pato. Sugli sviluppi di un elegante anticipo di Maldini, la palla viene subito lanciata al Papero, che è reattivo e lucido nell’allargarsi per evitare il fuorigioco dei tedeschi. Inzaghi corre dritto verso la porta, trascinandosi dietro uno dei centrali bianco-verdi; intanto Pato ha controllato e fin dal primo tocco s’intuisce come andrà a finire.

Il controllo mancino gli permette di aprirsi un’autostrada nelle maglie difensive tedesche, di accentrarsi dalla sinistra con la solita rapidità e di seminare il panico tra i centrali avversari, che già sanno che non possono intervenire su quella falcata palla al piede, pena ammonizione e punizione dal vertice dell’area. Pato non esita: sa qual è la giocata finale, vuole soltanto la sua zolla, la stessa di Milan-Napoli. Dopo una finta di tiro eseguita a velocità da capoeira, il terzo tocco al pallone è un tracciante potentissimo che bacia la traversa e sibila in rete.

Un’altra meraviglia di strapotere atletico e tecnico. In questo gol c’è già tutto il bagaglio di un fuoriclasse: rapidità, tecnica, potenza, lucidità, capacità di smarcarsi e giocare tra le linee, abilità di calcio senza eguali e un pizzico di fantasia paranaense. A 19 anni appare già come un calciatore 10 anni avanti rispetto agli altri, una sorta di prototipo studiato a tavolino e poi forgiato in laboratorio. Un cyborg del pallone.

Roma – Milan 2-2

Una lattina di napalm lanciata sul campo. Se questo gol potesse avere un odore, sarebbe sicuramente quello preferito dal Colonnello Kilgore nel capolavoro di Francis Ford Coppola. Pato non brucia soltanto Mexes, irridendolo con una velocità doppia palla al piede, ma annienta anche l’erba che calpesta in quei 40 metri di manifesta superiorità tecnico-atletica. Concludendo con un lob beffardo e maligno, eseguito col piede debole a velocità ed angolazione da predestinato del fútbol. Una linea retta e uno scavetto morbido orizzontale.

Essenziale nella sua bellezza. Pellegatti impazzisce nel commento, ma probabilmente la perfetta colonna sonora di questo gol sarebbe da affidare alle note magniloquenti di Wagner. Alla Cavalcata delle Valchirie, quella che annuncia l’arrivo in elicottero della divisione aerotrasportati in Apocalypse Now. L’impatto è lo stesso: al posto di un remoto villaggio vietnamita adagiato sulle rive del Mekong mettete la porta dell’Olimpico, sponda giallorossa.

Il Papero non fa prigionieri e l’odore è quello che si respira al mattino, che sa di vittoria e devastazione. Pato fa surf.