Ighli Vannucchi: un fantastista di periferia

Intervista a Ighli Vannucchi: il fantasista di periferia

“Bene vixit qui bene latuit.” (Proverbio latino)

Ci sono giocatori che, per qualche strana ragione talvolta difficile da identificare, non hanno avuto una carriera degna del loro talento. Se in alcuni casi è indubbiamente stata colpa del Fato – o sfiga che dir si voglia -, di scelte sbagliate o avventate, in altri non si può che dar la colpa alla scarsa propensione dei calciatori all’autoanalisi, o quantomeno alla disanima sulle proprie priorità nella vita.

E poi ci sono i casi come quelli di Ighli Vannucchi: molto intelligente, non è mai stato ostracizzato da nessun allenatore, né ha subito infortuni tanto gravi in grado di stroncargli la carriera. Non ha nemmeno mai sbagliato una tappa: amato più o meno ovunque abbia giocato, può vantare circa 550 partite da professionista. Di cui il 99% giocate da titolarissimo.

Poco dedito ai piaceri notturni – non che l’Empoli d’inizio millennio offrisse chissà quali svaghi – agli scoop e alle sregolatezze spesso care ai colleghi, ha sempre condotto una vita sana e quasi ritirata. No, i casi come quelli di Vannucchi non sono molto comuni. E le storie come la sua hanno origini lontane, e valgono sempre la pena di essere raccontante.

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Ighli Vannucchi con l’Empoli.

Ighli Vannucchi è un toscano doc come ne sono rimasti pochi. Nato nella torrida estate del 1977 a Prato, due passi da Firenze nonchè epicentro italico della produzione tessile dell’epoca, ben presto scopre quelle che sarebbero poi diventate le sue due grandissime passioni: il calcio e la pesca. Il primo è presto diventato il suo lavoro, mentre il secondo è da sempre la valvola di sfogo, un buen retiro mentale per staccare dalle pressioni del calcio italico. Noi abbiamo selezionato per il vincitore dell’Europeo Under21 d’inizio millennio una decina di domande:

Ighli, cominciamo dalla tua affermazione “sono onorato dell’intervista ma ci capisco poco di calcio”: Se si parla di calcio giocato, inteso come movimento di uomini e palla, gestione dello spogliatoio o quant’altro, penso di poter dire la mia. Se invece si parla di discorsi da bar, di quel che gira attorno al sistema calcio, allora non mi reputo un grande esperto. Diciamo che non sono interessato ai discorsi sul calciomercato, sugli arbitri o ai dibattiti televisivi tra “esperti” sulla spartizione dei diritti TV o sul problema degli stadi.

Parliamo di lavoro e passione: cosa ti piace della pesca, e cos’ha in comune col calcio? Sono due cose che mi rapiscono allo stesso modo, quindi direi che hanno in comune la passione che ci metto. Un mio “limite” è quello di riuscire solo nelle cose che mi entusiasmano, altrimenti preferisco non cimentarmi neppure. Forse hanno talvolta in comune la strategia dell’aspettare pazientemente l’avversario, ma per il resto la pesca è totale relax, mentre il calcio ha ritmi più serrati e sei molto più stressato da pressione e aspettative.empchi116-900x444

Calcio e provincia: perché Empoli è un modello che continua a essere vincente? Uno dei segreti è probabilmente un settore giovanile molto valido che tira fuori buonissimi giocatori. Inoltre in una realtà di provincia hai forse meno pressione e sei meno al centro del mirino dei media: il calcio in Italia ha da tempo preso questa strada che a me non fa particolarmente impazzire. Forse poi in uno spogliatoio come quello empolese ci sono meno primedonne, e in società si da più dignità alla figura del calciatore, che in altre realtà viene messa in secondo piano rispetto ad altre (dirigenti, procuratori etc). Non ne farei tanto un discorso di attaccamento o no ai colori della maglia (come spesso si sente dire): diciamo che ad Empoli anche i giocatori più “scomodi” vengono ascoltati, se hanno peso nello spogliatoio.

Ci fai una tua top 11 dei giocatori contro cui hai giocato: Andrei con Cafù, Cannavaro, Thuram, Maldini davanti a Lorieri. Pirlo e Zidane in regia davanti alla difesa e il trio Shevchenko, Ronaldo, Baggio dietro ad Ibrahimovic. Molto sbilanciata in avanti ma ci divertiremmo un sacco.

E come allenatore? Vado con Cagni: gli allenamenti erano divertenti, e soprattutto mi lasciava molta libertà di sbizzarrirmi in campo. E quando gioco libero sono in grado d’esprimermi meglio e con più creatività.

La serata più folle con uno o più compagni di squadra? Ricordo che una volta io e Francesco Pratali prendemmo – eravamo un po’ alticci dopo una serata in Versilia – delle bici a casa mia e facemmo una gara a folle velocità, schiantandoci dentro una siepe. Un miracolo esserne usciti illesi.

Qual’è l’avversario più forte con cui ti sia mai confrontato? Sicuramente Ronaldo. Quello originale. Un’esplosività onestamente insensata e sovrumana abbinata ad un controllo palla contro ogni logica.

E il più pazzo? Beh, di matti è francamente pieno. Il discorso è sul concetto di pazzia: alcuni sono sconnessi dalla logica della realtà, e spesso non hanno un talento tale da poterselo permettere. Altri sono solamente fedeli a se stessi e al contempo particolarmente istrionici di carattere. Best, Gascoigne o, per restare in tema di giocatori che ho conosciuto, Cassano, sono semplicemente stati loro stessi. Anzi, c’è del coraggio nel voler sperimentare, anche laddove questo sia controproducente per loro, un’esperienza (anche folle) a tutti i costi. Spesso hanno fatto scelte sbagliate, ma almeno erano coerenti e genuini con loro stessi.

Domanda da un milione d’euro: mai stato vicino ad una Big o alla convocazione in Nazionale? Ad una big assolutamente si. Ma quando di mezzo ci si mettono i procuratori tutto si complica: ci sono in ballo parecchi soldi e tanti ci mangiano. Dovete chiedere ai presidenti di turno il perchè poi il passaggio sia saltato, o perchè abbiano preferito virare sul [modesto, ndr] straniero di turno. Ad una convocazione nella Nazionale maggiore? Rispondo ni. Rimane un piccolo rimpianto.

Cosa ne pensi dell’odierna serie A e in quele giocatore ti ritrovi? Onestamente non la sto seguendo: non so neanche i nomi delle squadre che ci giocano. Diciamo che io ed il calcio moderno non andiamo molto d’accordo, dai. Non seguendo, non posso citarvi nessun giocatore che penso mi “somigli”.

E del calcio europeo che ne pensi? Anche lì: in quale giocatore ti ritrovi? Anche lì non ho le idee molto chiare: praticamente non lo seguo, per cui non mi sento di sbilanciarmi. Diciamo che il trio d’attacco del Barca rappresenta l’essenza della felicità del calcio. In chi mi ritrovo? Partiamo dal concetto che ogni giocatore è sostanzialmente unico ed inimitabile, per cui certi paragoni lasciano il tempo che trovano. Forse Xabi Alonso.

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Vannucchi contro Juan Sebastian Veron.

A quale episodio calcistico sei maggiormente legato? Tornerei indietro al 1998/1999, al mio primo anno in Serie A. Avevo poco più di 21 anni e segnai con la Salernitana in un match casalingo contro il Vicenza: era il goal del 2 a 1 che ci fece vincere la partita, e fu all’ultimo minuto quindi maggiormente elettrizzante.

Domandone finali: Meglio un goal in A con l’Empoli o una bella battuta di pesca ben riuscita? E soprattutto: ma perchè t’hanno chiamato Ighli? Riguardo la prima domanda: entrambe. Certe volte per fortuna non bisogna scegliere tra due cose molto belle. Riguardo il nome… ma la redazione i cazzi suoi mai (ride ndr)? E’ un’idea di mia mamma, che l’ha preso dal film “Cime tempestose” di Robert Fuest (1970).

Questa era una breve intervista ad Ighli Vannucchi da Prato, che ha dato tantissimo al calcio pur rimanendone, quasi fosse imbarazzato dal proprio talento, sempre ai margini. Ighli Vannucchi, uno degli antieroi del calcio italiano che ama definirsi “un pescatore con l’hobby del calcio” (conduce pure una trasmissione – Buona Pesca – su un canale telematico di Sky) e che per sempre vivrà nel cuore dei veri appassionati di calcio.