Il Mundialito nell'Amazzonia peruviana. Dove il calcio è una gran fiesta - Zona Cesarini

Il Mundialito nell’Amazzonia peruviana. Dove il calcio è una gran fiesta

13 Febbraio 2016; Pucallpa, Amazzonia peruviana.

Sono le 15:15 ora locale. Fa un caldo tremendo e devo sbrigarmi. Dopo quasi un mese in giro per la selva, ho voglia di pallone. Fra mezz’ora, in Italia, inizierà la sfida al vertice del campionato tra Juventus e Napoli.

Fermo al volo un moto-taxi: “Pa’ donde?”, mi fa.

Para… el Bilingue, donde el Mundialito!

La cerimonia di apertura del Mundialito Indigeno dell'Amazzonia peruviana

Sissignori. Perché non è tempo di calcio in tv. O almeno non ancora. Sta per iniziare la finale femminile del Mundialito Indigeno dell’Amazzonia peruviana: calcio vero. Quando arrivo la partita è appena iniziata. C’è il sole, ma le piogge dei giorni scorsi hanno reso ampie parti del campo un vero pantano. Donne e ragazze dai polpacci possenti corrono agguerrite dietro alla palla, alcune già ricoperte di fango.

Il commento dal vivo è in puro stile latino, con inframezzi in lingua indigena. Tutt’attorno c’è chi guarda la partita, chi mangia, chi si rilassa sull’erba, chi fa il bagno nel lago. Si respira aria di realismo magico sudamericano.

Bambini di una famiglia indigena al Mundialito in Amazzonia

Il torneo, fondato nel 1992, giunge quest’anno alla venticinquesima edizione, (bodas de plata, nozze d’argento, campeggia su tutti gli annunci) ed è il secondo anno che si tiene anche la competizione femminile. Quella maschile inizia domani, e conta più di 70 comunità indigene partecipanti. Il teatro della kermesse è l’Istituto Superiore Pedagogico Pubblico Bilingue, un complesso sulle rive del lago Yarinacocha, a pochi kilometri dalla città di Pucallpa, dove si insegna anche lingua e cultura Shipibo.

Quella degli Shipibo è l’etnia più rappresentata della competizione, una delle più numerose dell’Amazzonia Peruviana, (si stimano tra i 20.000 e i 30.000 nativi), stanziati per lo più lungo il fiume Ucayali ma assorbiti da tempo negli agglomerati urbani. Tuttavia conservano intatte la loro lingua, struttura familiare, tradizioni e cultura; sono famosi in tutto il Perù per il pregiato artigianato tessile e per le loro conoscenze di medicina tradizionale, trasmesse da genitori a figli ed espresse in complesse cerimonie sciamaniche che prevedono l’uso di piante sacre, tra cui l’ayahuasca.

Alla cerimonia inaugurale, molte comunità esponevano infatti sui vessilli la Ronin Kene, la serpente cosmica creatrice del mondo che appare nelle visioni agli sciamani.

Un altro scatto dal Mundialito in Amazzonia

Ma non ci sono solo Shipibo nel Mundialito”, mi spiega l’ideatore della competizione Alejandro Ruíz Lopez, al quale hanno già dedicato il campo di gioco. “Ci sono anche squadre delle etnie Ashaninka, Yines, Kakataibo, in più i rappresentanti delle comunità urbane Shipibo di Lima e Huánuco”.

Tutto iniziò come un torneo interscolastico, quando Alejandro era professore di educazione fisica dell’Istituto Bilingue. Di lì a poco, si decise di provare a farlo diventare un torneo intercomunitario ed oggi è organizzato dalla AFIP, l’Associazione di Fútbol Indigeno del Peru. “Nel 1992 parteciparono 8 comunità, guarda quante sono oggi. È il secondo anno che facciamo il torneo femminile e quest’anno abbiamo avuto 22 squadre, non è poco!”

Una partita del Mundialito

Non è affatto poco, considerando che la manifestazione è completamente autofinanziata. Le squadre versano una quota con cui si pagano le spese, il lavoro del comitato e si realizzano i premi. Lo Stato e il Dipartimento di Ucayali non mettono nulla. Solo patrocini simbolici della Municipalità e della vicina Università Interculturale dell’Amazzonia Peruviana.

Pur nella sua dispendiosità e cronica penuria di mezzi, la voglia di partecipare e di esserci della gente è tanta; gli abitanti di Yarinacocha fanno capolino a qualsiasi ora, quasi tutti hanno una sorella o una cugina tra le giocatrici, uno zio nell’organizzazione e così via.

Foto 4

“L’obiettivo è sempre stato di unire i popoli, le comunità, i giovani e sviluppare valori di solidarietà attraverso lo sport” – prosegue Alejandro – “ma questo campionato ha anche un legame ancestrale. Sostituisce quella che una volta era l’Ani Sheati, la “gran fiesta” della nazione Shipibo, quando una volta l’anno tutte le comunità si riunivano, e per l’occasione si realizzavano sacrifici e cerimonie come i rituali di iniziazione delle giovani donne alla vita adulta. Oggi questa festa non si svolge più, e il campionato è diventato l’occasione per le comunità di incontrarsi, per ritrovare parenti che vivono lontano e stare insieme”.

L’evento non si limita alla manifestazione sportiva: il programma prevede un festival di canti tipici, concorsi di giochi tradizionali e serate di humor shipibo. Tutti sono coinvolti, dai bambini agli adulti.

“Perché il mundialito si svolge ancora qui, a Yarinacocha, e non altrove, ad esempio, nello stadio di Pucallpa?” chiedo.

Lo stadio non è un ambiente adeguato per le comunità indigene. Qui siamo in un ambiente naturale, uno spazio aperto, c’è il lago. Qui siamo abituati a ritrovarci, le persone si siedono ovunque, mangiano, bevono, “se marean” un poco, ma l’atmosfera è sempre allegra. Negli stadi peruviani invece spesso succedono episodi di violenza…”.

Non mancano le rivalità tra i vari gruppi e gli aneddoti sono intrisi di folklore amazzonico: “I più temuti sono gli Ashaninka” – mi dice Joan, il nipotino di doña Amelia, la curandera da cui sono ospite – “detengono molti segreti. Una volta una loro squadra usava spalmarsi sulle gambe un unguento medicinale potente, che neutralizzava la forza degli avversari. Allora i giocatori di una squadra shipibo si cosparsero gli stinchi di benzina, e così li batterono.

Esistono molti trucos, molti. Il grasso di caimano è molto potente, per esempio. Oppure si possono usare degli insetti acquatici; danno molta forza e velocità, ma bisogna fare una dieta: è una cosa complessa, non ti puoi allenare soltanto i giorni prima. Non conviene molto. Io quando gioco sono portiere. Metto sempre dei semi di huayruro (dei popolari semi rossi e neri usati in artigianato come portafortuna, ndr) ai lati della porta per proteggerla. Funziona!”.

La squadra vincitrice del Mundialito Femminile

La partita intanto è finita. Tra i commenti estatici dei cronisti locali, iniziano le premiazioni. Un pallone, delle divise nuove, dei soldi in contanti. La coppa, per la cronaca, è andata alle Soy niwa. Domani c’è la cerimonia inaugurale del Mundialito maschile, e i preparativi fervono. Quasi cento bambini provano le danze in una sorta di palestra accanto al campo.

Io non ci sarò. È ora di riprendere il mio viaggio, verso il Nord del Perù. Mi è rimasta però voglia di correre dietro a un pallone. Magari su un campo aperto, senza recinzioni, coperto di fango…

 

A cura di Francesco Martino
Foto di Joan Bernanbe Sinuiri