Better call Saul! - Zona Cesarini

Better call Saul!

A cura di Lorenzo Semino

“Ti conviene chiamare Saul. Parliamo spagnolo!” (Saul Goodman, Breaking Bad)

Eccome se si parla spagnolo. Il castellano di Madrid e dintorni rimane la lingua più diffusa, nonché quella ufficiale, della nazione iberica. Ma questo non importa, perché come Saúl Niguez invece se ne trovano davvero pochi. Un po’ come quelle persone anziane che quando parlano dei giovani di oggi si lasciano andare a un laconico: “Eh, ma quelli di una volta non ci sono più…”.

José Antonio Niguel, noto come Borja, gli ha trasmesso il gene del calcio. Il piccolo Saúl viene ingaggiato nelle giovanili del Real Madrid – sì, avete letto bene – all’età di dieci anni. Anche nel Paradiso del calcio, tuttavia, c’è qualcuno che si diverte a commettere peccati e mettere in seria difficoltà i novizi appena sbarcati nella grande accademia blanca. Cosa che accade al povero ragazzo di Elche, che infatti rimarrà turbato dall’esperienza con i Merengues.

Proprio quei Merengues che decisero di puntare su quel bambino filiforme, salvo poi scaricarlo per quello stesso fisico – a detta loro – troppo poco sviluppato per poter competere con i Pepe e i Sergio Ramos di turno. Bravino Saúl, ma facilmente sacrificabile. Perché alla cantera madridista sono convinti che di prospetti come lui, in quanto a rapporto talento di base-struttura fisica, le giovanili trabocchino.

“In campo andava tutto alla grande, ma fuori avevo molti problemi. Spesso mi hanno rubato scarpini e cibo, sono stato anche accusato e punito per delle cose che in realtà non avevo mai commesso.”

“Non avevi pensato a questa evenienza?” Così avrebbe apostrofato l’avvocato Saul Goodman in uno dei suoi spot televisivi a metà fra parodia e marketing spinto al parossismo.

Midfield in trouble? Fellaini? (Epic win)

Tre anni nelle giovanili dei Blancos gli sono bastati, perché mister Pepe Fernández gli parla con insistenza di materassai e finisce che se lo porta sulle rive del Manzanarre. Qui arriva Quique; non si tratta di un gioco di parole ma dell’allenatore dell’Atlético Madrid, Sánchez Flores, che, dopo averlo visto all’opera con i giovani, decide di gettarlo nella mischia al fianco del Kun Agüero e di Diego Forlán.

La prima con la maglia dei Colchoneros arriva l’8 Marzo 2012, un diciassettenne Saúl entra al posto del canterano Koke e debutta contro il Besiktas diventando il giocatore più giovane a vestire il biancorosso in una gara ufficiale. La famiglia Niguez c’è e filma tutto, mamma e papà orgogliosi del figliol prodigio, lanciato dal padre ma arrivato fin laggiù con le proprie, esili gambe.

A fine stagione arriva però il momento decisivo: promozione definitiva in prima squadra o un giro di gavetta nei bassifondi della Spagna? Vada per la seconda: il giovane talento si accasa al Rayo Vallecano e tutti accontentati, per quella che appare come una necessaria tappa intermedia di formazione in una carriera che ha tutte le credenziali per spiccare il volo.

Saul con la maglia del Rayo Vallecano

Felice anche il ragazzo, che così potrà pure raccontare di aver girato tutte e tre le squadre di Madrid per provarle davvero di tutti i colori. Anche a costo di perdersi nelle sabbie mobili del fondo classifica, stabilmente occupato dalla squadra di Vallecas: “Avere la coscienza pulita ha il suo prezzo”, citando l’omonimo Saul, l’avvocato Goodman.

“Le gusta el Atlético y se siente atlético.”

Nel 2014 torna a Madrid, o meglio si sposta di qualche chilometro per giocare finalmente al Vicente Calderón: ormai le partitelle con Agüero e Forlán sono solo lontani ricordi, perché Diego Simeone lo vuole reclutare nel suo gruppo di spartiati e Saúl, non ancora ventenne, si fa trovare subito pronto.

La prima stagione è più che soddisfacente perché, anche se l’Atlético deve difendere lo storico titolo alzato nella precedente annata ma non riesce nell’impresa piegandosi sul finale al Barcellona delle meraviglie, per Saúl Niguez arrivano 35 presenze e 4 reti, di cui una memorabile.

È di scena il derby di Madrid in un Vicente Calderón bollente. Dopo 10 minuti di gioco l’indispensabile Koke si fa male e l’Atlético è costretto ad effettuare un cambio: entra Saúl, proprio come all’esordio.

La BBC commenta così

Persino i cronisti della BBC, in uno slancio di british humour, scherzano sull’ingresso in campo del giovane Saúl, tirando in ballo l’omonimo avvocato intrallazzone di Breaking Bad.

Dopo un minuto passa in vantaggio la squadra di Simeone, grazie al provvidenziale Tiago. Due minuti dopo, azione strepitosa di Siqueira che, appena ricevuto uno scarico parte dritto in verticale sulla fascia sinistra, si avvicina alla linea di fondo e crossa in mezzo: nel posto giusto al momento giusto c’è il giovane rinnegato dal Madrid, che si gira, si coordina e gela con una rovesciata perfetta la sua ex squadra e Carlo Ancelotti.

All’asettico bianco del Real si contrappone il fuoco agonistico dell’Atlético, letteralmente esploso per una rete tanto decisiva quanto meravigliosa; chissà cosa avranno pensato in quel momento gli allenatori delle giovanili dei Blancos, forse saranno corsi a nascondersi per dileguarsi dalla tribuna? Tant’è. Risultato finale: Atlético 4 – Real Madrid 0, tripudio rojiblanco. Alla faccia della chiamata d’emergenza.

Il resto è cronaca: quest’anno per Niguez sono raddoppiate sia le presenze che le reti. In campo si sta affermando come un giocatore estremamente duttile, elegante e soprattutto fenomenale nel gioco di prima e nella lettura degli spazi da attaccare. Una mezzala moderna, con personalità da vendere, che apre il campo scambiando palla a terra con i compagni di reparto, facendo guadagnare metri e associando il gioco in uscita dalla difesa come nell’ultimo terzo di campo, sfruttando i movimenti a creare gli spazi di un Griezmann onnipresente e tuttofare. Discreto anche di testa e sorprendente nel leggere in ogni dettaglio il maniacale gioco di posizione e pressing richiesto dal Cholo. Che infatti non ci rinuncia più, arrivando a schierarlo addirittura in quattro posizioni differenti: regista, interno, ala sinistra e destra.

Ma nell’ultima notte di Champions di scena al Calderón è andato oltre: ha deciso di trasformarsi nel Messi che freddò Neuer nella semifinale dell’anno scorso per mettere i bastoni fra le ruote, ancora una volta, ai bavaresi di Pep Guardiola. Più che un gol, ricorda da vicino uno slalom speciale degno delle piste del Sestrière per agilità, rapidità nel breve e movenze fluide e precise, come se fossero incanalate su di un percorso pre-stabilito. Insomma, un giocatore ricco di soluzioni e multi-tasking: proprio come l’altro Saul.

“L’Atlético è una società con valori forti, in un certo senso è un modo di vivere la vita: umiltà, lavoro, sacrificio, unità e la forza della squadra.” (S. Niguez)

Diego Pablo Simeone ha una freccia in più nella faretra dei materassai madrileni: un centrocampista versatile, un velocista sfrontato, un giocatore da calcio totale. Uno che si è rivelato decisivo per l’accesso in finale di Champions, in attesa dellennesimo, infuocato derby di Madrid. E se aveste qualche intoppo nella vita, un po’ di disordine in camera o un’agenda da riordinare, provate a chiamare Saúl: probabilmente vi risolverebbe pure quelli.

Perché se “il modo di aprire una serratura si trova sempre”, allo stesso modo quello per spaccare una difesa.