Chiamatemi sottovalutato: Andrea Barzagli, la roccia - Zona Cesarini

Chiamatemi sottovalutato: Andrea Barzagli, la roccia

Quello del difensore centrale, si sa, è forse uno dei ruoli più delicati nel calcio. Ci si può permettere un attaccante che “segna poco perché gioca per la squadra”, o un centrocampista che pecchi in tecnica, o dinamismo o in alcune fasi di gioco. Si accetta perfino un portiere mediocre tra i pali o nelle uscite, cui si è pronti a perdonare qualche errore di troppo (Neuer? Alisson? De Gea?), se in grado di guidare la difesa con leadership e chiarezza d’intenti.

Invece, i difensori puri sono tanto poco diffusi quanto sempre più importanti: sta a loro, naturalmente, evitare che gli avversari segnino senza fatica; mentre le responsabilità in fase di costruzione sono sempre maggiori man mano che il calcio progredisce tecnicamente e tatticamente. Cosa sarebbe stata l’Italia di Conte senza Leonardo Bonucci ad impostare? E il Barcellona, il Real e il PSG sarebbero le stesse squadre senza Piqué, Ramos e Thiago Silva ad impostare e guidare i compagni in entrambe le fasi? Sicuramente no.barzagli-italia-624x351Questo spiega il perché, oggi, quando si trovano difensori vagamente validi, questi siano pagati cifre altisonanti, a volte sproporzionate. In questo senso, gli esempi dei trasferimenti degli ultimi anni di David Luiz (49,5 mln), Thiago Silva (42), Mangala (40) o, per citare quelli più recenti e fortunati, Van Dijk (75) e Laporte(65) alle due migliori squadre della Premier. Naturalmente, e nonostante qualche buona eccezione, si tratta spesso di cifre eccessivamente gonfiate. Ma quanto è costato uno dei migliori difensori europei per continuità di rendimento delle ultime stagioni? 500mila euro. Si, pochi anche in quel mercato lì, ben lontano dalle cifre odierne. Bonus compresi. Questa la cifra che nel 2011 la Juventus spende per ottenere le prestazioni del 30enne Andrea Barzagli da Fiesole, borgo dalle nobili origini romane che un tempo vantava pure il dominio sulla vicina e più blasonata Firenze. A dimostrazione che non sempre bisogna spendere molto per ottenere un prodotto di qualità.

Partiamo dalle origini: come detto, Andrea Barzagli nasce l’8 maggio del 1981 a Fiesole, sulle colline di Firenze. Se in quella primavera nel mondo c’è fermento per l’uscita del primo personal computer targato IBM e fa la prima comparsa in un videogioco il celebre personaggio Mario, diversa è l’atmosfera che si respira nella città gigliata: i fiorentini sono infatti sintonizzati costantemente sui telegiornali, annichiliti dalla scoperta degli orrori del Mostro di Firenze.

Foto LaPresse - Marco Alpozzi 21/10/2015 Torino ( Italia) Sport Calcio Juventus Vs. Borussia Mönchengladbach Champions League - Fase a gruppi - Juventus Stadium Nella foto: Barzagli Andrea (Juventus F.C.); Photo LaPresse - Marco Alpozzi October 21, 2015 Torino ( Italy) Sport Soccer Juventus Vs. Borussia Mönchengladbach Champions League - Fase a gruppi - Juventus Stadium In the pic: Barzagli Andrea (Juventus F.C.);

Non che siano episodi in grado di colpire più di tanto due caratteri seri e determinati come quelli di mamma Anna e papà Saverio Barzagli, autentici punti di riferimento per Andrea fin dall’infanzia. Andrea si dimostra personalità determinata e fin da bambino non ha dubbi quando si tratta di scegliere lo sport cui dedicarsi, sottolineato con un eloquente: Mi piace solo il calcio”.

Barzagli inizia così a giocare a calcio nelle fila della Cattolica Virtus, piccola società fiorentina, per poi essere prelevato giovanissimo dalla Rondinella. È assolutamente curioso che da giovane Andrea non sia mai stato neanche vicino a vestire la maglia della Fiorentina. Ad ogni modo, la scelta della seconda squadra cittadina si rivela azzeccata: Barzagli ha solo 17 anni, quando, a pochi giorni dall’errore dal dischetto di Di Biagio contro la Francia, esordisce e diventa presto un perno della prima squadra in serie D.

Con la Rondinella fa in tempo ad ottenere una promozione in C2, prima che arrivi la chiamata dalla Pistoiese (allora in serie cadetta). A neanche 20 anni, Barzagli sembra pronto al grande salto. Ma lo limita quel fisico, troppo possente e troppo poco dinamico per competere a certi livelli come centrocampista. Già, perché nel 2000 avviene la prima vera svolta in positivo della carriera di Barzagli: il tecnico Bepi Pillon lo trasforma in difensore centrale, ruolo che fino a quel momento mai aveva ricoperto.82Nonostante lo spostamento di ruolo, Barzagli non sembra ingranare e torna quasi subito in prestito alla Rondinella e – dopo appena una stagione – viene ceduto all’Ascoli in C1. In poche parole, Barzagli incarna il perfetto identikit del giocatore italiano ruvido, capace ma non abbastanza talentuoso per imporsi ad altissimi livelli. Si intuisce che è intelligente ed efficientissimo nelle letture di gioco, ma la tecnica di base non è così elevata da compensare un fisico che sembra più quello di un ingegnere neo-laureato che di un atleta di primissimo livello.

Invece, dopo due stagioni tra C1 e B con l’Ascoli, arriva la svolta: il Chievo viene convinto dall’allenatore ad investire su di lui. Contro ogni pronostico, mister Del Neri decide di puntare su quel 22enne pressoché sconosciuto per rinforzare la difesa: invece che la B col Piacenza, Barzagli si fa trovare pronto in A col Chievo diventando ben presto un punto di riferimento. Eppure, a livello mediatico, nessuno sembra accorgersi di quel difensore massiccio in grado di fermare senza troppi patemi fenomeni ben più navigati di lui.

Se l’Italia calcistica si perde dietro alle gesta di Gilardino, De Rossi e Cassano, diverso è il discorso del Palermo, col cacciatore di talenti Zamparini che spende la miseria di 2,5 milioni di euro per accaparrarsi la colonna difensiva dell’Under 21. Anche nella Nazionale giovanile Barzagli è sempre stato il meno considerato tra i compagni di reparto: molti si illudono con le punizioni tagliate di Bovo e le chiusure difensive alla Nesta di Daniele Bonera. Eppure, il più continuo all’Europeo di categoria del 2004 era stato Andrea. Anche se nessuno pareva averci fatto caso: il fil rouge della sua carriera.CALCIATORI-2004-2005-04-05-n-320-PALERMO-BARZAGLI

La Roccia – ribattezzato così dai tifosi rosanero – nei quattro anni siciliani si afferma come un ottimo centrale per la Serie A. Ma da lui ci si aspetta una carriera normale, da buon mestierante o poco più: 10 anni nella massima serie, prima di svernare in B. In quest’aurea mediocritas pare viverci senza troppi patemi lo stesso Andrea, nonostante nel frattempo si sia tolto lo sfizio di diventare campione del mondo: a sorpresa e dopo una manciata di presenze, infatti, Marcello Lippi lo convoca e gli ritaglia uno spazio nei 23 della spedizione tedesca. Nonostante i soli 6 minuti giocati nelle qualificazioni, infatti, Andrea gioca da titolare i quarti di finale contro l’Ucraina al posto dello squalificato Marco Materazzi. Difficile pensare che la sorte abbia pronto qualcosa di più memorabile di un successo come quello di Berlino; e invece, ancora una volta il caso ha in serbo una piacevole novità. Benché sia uscito dal giro della Nazionale, con le big italiane che paiono aver perso interesse per lui, a 27 anni Barzagli accetta la chiamata del Wolfsburg, che investe per lui e Zaccardo 12 milioni di euro.

“Scelsi il Wolfsburg per fare un’esperienza all’estero. Ma soprattutto, in Italia mi cercava solo la Fiorentina che navigava in medio-alta classifica. Il Wolfsburg, invece, lottava per lo Scudetto”.

In Bassa Sassonia Barzagli trova come allenatore il duro Felix Magath e, per la prima volta, gli viene chiesto un ulteriore salto di qualità: deve guidare la difesa di una squadra che punta al titolo, e pertanto non può concedersi cali di tensione (finora il vero tallone d’achille) o battute d’arresto. In un anno diminuisce in modo vertiginoso la massa grassa, acquistandone in velocità ma al contempo non perdendo la caratteristica che lo contraddistingue: solidità fisica e resistenza.andrea-barzagli-515I risultati infine arrivano: la squadra guidata dalla coppia d’attacco Dzeko-Grafite chiude con la conquista della Bundesliga. Decisivo è il nostro, che Magath tiene costantemente sotto pressione affinché il suo rendimento non cali mai.

“All’inizio lo odiavo: ero sempre sotto punizione. Una volta mi fece correre in salita col tedesco Madlung sulle spalle. È alto 193cm e pesa 90kg. Però mi insegnò tantissimo a livello difensivo e come mentalità. A distanza di tempo lo ringrazio”.

Svanita l’ebrezza della vittoria e dell’esordio in Champions, per Barzagli cominciano i primi malumori. La squadra non sembra in grado di riconfermarsi ai vertici del calcio tedesco né in grado di fare strada in Champions. Dzeko viene ceduto e pian piano il giocattolino di Magath si sgretola. Inoltre, per Andrea diventa difficile giocare in un campionato in cui “si parla solo del Bayern Monaco. Anche vincendo, le squadre come noi e il Borussia rimanevano comunque realtà di secondo piano”.

Nonostante un rendimento da top europeo, Barzagli affonda con la barca-Wolfsburg nell’ennesimo anonimato. Quando il sostanzioso contratto sta per scadere, nel gennaio del 2011, Barzagli accetta l’offerta biennale della Juventus. Il Wolfsburg si accontenta di un’offerta-simbolica di 300.000 euro (più bonus). Esordisce con la maglia bianconera il successivo 2 febbraio, nella gara persa in trasferta proprio contro la sua ex squadra: il Palermo.

Barzagli all’alba della stagione 2011 sembra il tipico giocatore in fase calante, destinato a svernare come ricambio affidabile di Chiellini e Bonucci per un paio di campionati (con la chiamata in Nazionale che non arriva da oltre tre anni). Invece, per Andrea ha inizio una seconda, fantastica parte di carriera: grazie anche al sistema-Conte, diventa titolare inamovibile della miglior squadra italiana e punto fermo della Nazionale. Lo frena soltanto un pesante infortunio nel 2014/15, che ne limita l’utilizzo e fa credere a molti che la sua carriera sia effettivamente ai titoli di coda.

E invece, Barzagli torna quello di un tempo. Anzi, meglio di quello di un tempo. A 35 anni gioca probabilmente il suo miglior campionato, mettendosi poi in mostra all’Europeo come uno dei tre migliori giocatori nel ruolo in Europa. Ritagliandosi così, nell’ultimo biennio, una sorta di status da professore universitario della marcatura e delle letture difensive della linea a 3.

Tre brevi lezioni di posizionamento del corpo rispetto all’intervento.

Si eleva a nuovo standard con cui confrontarsi ogni domenica e a cui guardare con attenzione per il tempismo negli interventi e la straordinaria qualità nel posizionamento del corpo in rapporto alla situazione di gioco: modernissimo, nonostante l’età anagrafica. A testimonianza di come un reparto perfettamente assortito come la BBC, inquadrato in un sistema tattico dalla fortissima identità, sia elemento moltiplicativo di talento e rendimento.

«Quando fai l’uno contro uno, sparato, vero, e hai una bassissima percentuale di prendere la palla, devi avere un po’ di astuzia: devi fermare l’avversario con le mani, con tutto. Sono solo due secondi, ma in quei due secondi devi tenere botta».

Adesso, dopo 7 scudetti di fila e 10 sole presenze stagionali, la sua carriera è giunta alla fine. A 38 anni suonati e con la professionalità di sempre, per lui probabilmente ha inizio una carriera da dirigente. Era la storia di Andrea Barzagli da Firenze, difensore talmente demodé da essere diventato un modello classico di riferimento per una nuova generazione di talenti.