Marco Branca: cronologia di un'(in)competenza al potere - Zona Cesarini

Marco Branca: cronologia di un'(in)competenza al potere

“Lasciato in autonomia, ha quasi sempre fatto cilecca. Guidato e consigliato da altri ha fatto anche qualche buon colpo. Branca è un capro espiatorio, ma è sicuramente meglio perderlo che trovarlo”. (Luis Suarez, 2014).

Digiti Marco Branca su google e, con relativa sorpresa, nella top 5 dei suggerimenti di ricerca che la ventennale intuizione di Larry Page e Sergey Brin propone, compaiono elementi tutt’altro che lusinghieri. Normale, perché stiamo probabilmente parlando del peggior dirigente calcistico italiano dell’ultimo quindicennio. E – cosa meno sorprendente – del più sbeffeggiato sul web.brancaMarco Branca nasce a Grosseto nel 1965, per inseguire il sogno di diventare calciatore a 16 anni accetta l’offerta del Cagliari, esordendo a 17 anni come professionista. Il cigno di Grosseto finisce per passare prima da Udine e poi da Genova, sponda Samp, dove fa parte della rosa che conquista uno storico Scudetto.

Convince poi la Fiorentina ad investire su di lui 7,1 miliardi di lire, prima di iniziare un pellegrinaggio che lo avrebbe portato a vestire sette maglie diverse in dieci stagioni tra Italia (Parma, Roma, Inter, Monza e ancora Udinese), Inghilterra (Middlesbrough, in Championship) e Svizzera (Lucerna). Tra i traguardi raggiunti, vale la pena citare un paio di stagioni in doppia cifra in massima serie – tra cui la prima all’Inter, da 17 reti – e la partecipazione da fuori quota all’Olimpiade di Atlanta ’96.

Insomma, la carriera di Branca da calciatore non sembra aver ricalcato quella dei grandi bomber nerazzurri del passato come Altobelli o Klinsmann, anche se sostanzialmente il suo resta un curriculum di rispetto, considerando che ha segnato 102 reti da professionista senza mai scendere al di sotto della serie B. Diventando perfino un idolo per i tifosi nerazzurri alla soglia dei 30 anni.brancaDiverso è il discorso che coinvolge Marco Branca in versione dirigente: sin troppo sicuro di sé, si è sempre presentato bene, con quell’aspetto indubbiamente ben curato e la mise camicia più giacca firmata mai abbandonata, se non in periodi afosi. Dotato di buona parlantina, è sempre stato in grado di vendersi bene nelle giuste situazioni e con le persone giuste.

Innamoratissimo di Branca dirigente è da sempre Massimo Moratti, storico patròn dell’Inter e colui che lo ha voluto in società come capo degli osservatori nel 2002. All’epoca Branca era giovane (37 anni), con poche referenze e ancor meno esperienza. Per questo, in molti hanno storto il naso quando ha scalato le gerarchie societarie in una sola stagione, divendando dopo pochi mesi il responsabile dell’area tecnica, anche se coadiuvato dalla storica bandiera Gabriele Oriali.

In effetti, quando Branca ha lasciato il club nel 2014, il tassametro delle vittorie con lui e Oriali alla guida contava 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe italiane, una Champions League e una Coppa del Mondo per club. Per molti, i grandi colpi di Branca sul mercato sono stati sollecitati da Lele Orali. E l’analisi dell’operato di Branca nel quadriennio 2010-2014 risulta in buona parte deprimente e indifendibile.fff389d95ea7c07bf99581da5cf6deadIn sua difesa va detto che il 2010 è stato lo spartiacque tra la “vecchia” gestione Moratti – quella degli investimenti copiosi e poco oculati – e quella nuova, fatta di stenti, (presunto) fair play finanziario e un mercato impostato sul “prima vendi-poi compri”. Scenario lavorativo nel quale altri colleghi hanno fatto miracoli, ma allo stesso tempo non di semplice gestione.

I giocatori nel dare giudizi sul Dt si sono sempre divisi. Se si analizza il trend delle dichiarazioni dei tesserati, emerge un fatto inquietante: più un giocatore è forte, e meno apprezza l’operato del Dt. Non è un caso che Julio César e Maicon – per citare due eroi del Triplete – si siano sempre mostrati freddi quando tirati in ballo nei suoi confronti. E qualcuno, come Bobo Vieri, è andato ben oltre lo storcere il naso:

“I problemi più grossi li ho avuti con Marco Branca, il direttore tecnico. Uno che non ho mai capito come potesse lavorare nel calcio. Quando chiese a Zaccheroni di non farmi giocare perché in ritiro avevo fatto ridere i compagni per uno scherzo, ci venni alle mani. Se non mi avessero bloccato il massaggiatore prima e i compagni poi, sarebbe finita male”.

Difficile, in ogni caso, giudicare il peso decisionale che hanno avuto nelle varie scelte positive Branca o Oriali. Dal canto suo, Lele ha sempre sostenuto di aver scelto lui Maicon e Julio César. Lo stesso Oriali è stato l’unico che José Mourinho abbia ringraziato dopo la vittoria della Champions per gli acquisti fondamentali del Principe Milito e di Thiago Motta. Mentre per l’acquisto di Luís Figo (preso a parametro zero) ha pesato l’insistenza di Massimo Moratti – romanticamente legato a certi tipi di giocatori -, e sullo scambio Eto’o/Ibrahimovic i parametri economici francamente non lasciavano scelta.

Se Sneijder è stata una precisa indicazione di Mourinho, desideroso di incentrare il suo gioco su un vero regista avanzato (anche se il lusitano gli avrebbe preferito Deco), quello di Cambiasso a parametro zero rimane forse il vero capolavoro della storia moderna del mercato nerazzurro. In questo caso, è lo stesso Oriali che conferma il ruolo decisivo ricoperto da Branca. Infine, tra le scelte azzeccate possiamo citare quella di Lucio, strappato al Bayern Monaco per una manciata di milioni (5,5) nel 2009.

Insomma, Branca si è guadagnato qualche merito sul campo. Anche se è stato sempre poco considerato da tifosi, allenatori e giornalisti per quel modo di fare non troppo limpido, arrogante e generalmente sulla difensiva. L’empatia con l’ambiente nerazzurro non si è davvero mai creata. Neanche prima dell’inizio dell’Armageddon post-triplete.pereiraSiamo nel 2010; Oriali se n’è appena andato e Branca è diventato il faro della dirigenza. Qui compie il primo errore: la squadra è appagata, mediamente vecchia e il tecnico uscente José Mourinho ne ha prosciugato le energie nervose fino all’ultima goccia possibile. Branca rinuncia ai 25 milioni offerti dal Manchester United per il 31enne Maicon, ai 25 per Milito (32enne) dall’Atlético Madrid e ai 40 del Manchester United per Wesley Sneijder. Quest’ultimo era ancora giovane, ma per molti tifosi era possibile che rischiasse di perdersi dietro alle rinnovate aspettative che solo una stagione calcisticamente perfetta può creare.

La scelta del mancato rinnovamento si chiude con una serie di rinnovi privi di senso, che col senno di poi hanno influenzato in negativo il mercato dell’Inter negli anni successivi: i grandi nomi come Stankovic, Motta, Samuel, Chivu e Cambiasso sono over 30, ma ottengono contratti pluriennali, garantiti e soprattutto milionari. Perfino Marco Materazzi, il cui ruolo è stato nel frattempo fortemente ridimensionato, ottiene un succoso adeguamento a seguito di vari bonus. Infine, la perla: affidare ad un manager come Benítez una squadra senza margini sul mercato, impostata su un calcio divergente dal predecessore per approccio e princìpi.

Non che fino a quel momento l’operato di Branca e soci fosse stato privo di ombre: se gli acquisti di Brechet e Van der Meyde (6 milioni) lasciano il tempo che trovano, inspiegabili sono gli investimenti milionari su David Suazo, Amantino Mancini e Ricardo Quaresma. Sul lusitano non ha certo aiutato l’insistenza di José Mourinho, alla disperata ricerca di quella pedina per la fascia destra che avrebbe poi trovato soltanto nel gennaio della stagione seguente grazie all’arrivo di Goran Pandev dalla Lazio.142959_heroa

Senza scordare lo scambio “cult” tra il perno della difesa della Nazionale e il secondo portiere della Juventus; se chiedete ad un tifoso dell’Inter nato dopo il 2000, state sicuri che si ricorderà di Fabio Cannavaro, mentre avrà qualche difficoltà con Fabian Carini. Ad ogni modo, dal 2010/11 l’operato di Branca è indifendibile: da Diego Forlan a Pereira (12 milioni per strapparlo al Porto), da Jonathan a Tommaso Rocchi e Ricky Álvarez, Branca non ha più azzeccato una singola scelta.

Nemmeno nel comparto allenatori (Gasperini e Stramaccioni) o nelle cessioni (Coutinho) è andato particolarmente bene. Quando infine il popolo interista è insorto, facendo svanire in dirittura d’arrivo lo scambio tra Guarín e Vucinic nel 2014, anche Moratti ha gettato la spugna.

Prima della fine, Branca è riuscito a regalare numerosi giovani in giro per l’Italia per ottenere esigui sconti in ambito di operazioni minori o discutibili, vedi Saphir Taider. I casi più emblematici rimangono Benassi nell’affare D’Ambrosio, Destro nell’affare Ranocchia dal Genoa e soprattutto Leonardo Bonucci, rientrato nell’affaire dell’acquisizione di Motta e Milito (anche se in comproprietà, quindi riacquistabile). Senza sottolineare le cifre fuori mercato per Hernanes prima ed Ishak Belfodil poi (14 milioni).

Potremmo andare avanti per ore parlando degli Schelotto o dei Matías Silvestre di questo mondo – i cui cartellini sono costati troppo, insieme ad ingaggi che hanno reso le cessioni impossibili – ma sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Attualmente Branca è senza squadra. Chissà se qualcuno disposto a dargli una chance verrà fuori. Lascio la chiosa ad una citazione di Leo Longanesi – originariamente non riferita a Branca – che, pero’, ne riassume perfettamente l’agrodolce parabola:

“Non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza”.