Sulle orme di Zlatan - Zona Cesarini
Dolberg

Sulle orme di Zlatan

Tre cose sono certe nella vita: la morte, le tasse e il vivaio dell’Ajax. Fin dalle grandi scoperte geografiche gli olandesi sono stati considerati un popolo di commercianti, particolarmente abili nel ricavare profitto da ciò che inizialmente era considerata materia grezza. Per questo la grandezza di chi abitava ad Amsterdam e dintorni risiedeva nel selezionare accuratamente la materia prima, per farne un prodotto di livello e ricavarne bei soldi.

Pensare ad una società di calcio come ad una moderna compagnia mercantile non è cosa, ma quella raffinata arte nel discernere ciò che vale da ciò che può essere lasciato sul piatto rende gli uomini in biancorosso i migliori (o comunque uno dei primi cinque club al mondo) nel loro campo. Qualora non fosse ancora chiaro la sopracitata arte è quella dello scouting, perché va bene essere bravi nella coltivazione del talento ma se alla base non c’è un ragazzo disposto al sacrificio e con doti superiori, allora meglio lasciar perdere.

In particolare uno scout sta ricevendo encomi ultimamente: si chiama John Steen Olsen. Danese, onesto giocatore negli anni ’70, dal 1995 è l’uomo dei Lancieri in Scandinavia. Se siete fan di Eriksen, o di Fischer o più probabilmente di Zlatan Ibrahimovic, sappiate che lui lo era da prima di voi.

Dolberg
Chissà cos’ha scoperto di nuovo sul suo pupillo

È stato fin dal primo momento un fan anche di Kasper Dolberg. Lo ha visto giocare in alcune partite del Silkeborg under 19, lo vede esordire con i grandi a 17 anni e già fa cose di questo tipo.

Sgraziato nella corsa, troppo sbilanciato quando arriva a calciare, ma nella mente di Olsen deve per forza essersi palesata la figura di quello spilungone svedese imberbe ma già di un altro pianeta. Dolberg (almeno per ora) non ha le fattezze di un semidio ma ha un talento grezzo straordinario. Tanto basta a convincere Overmars.

Il DS dei lancieri lo firma nel maggio del 2015, lo aggrega alla squadra Under 19 dove segna otto gol in 22 partite. Lo nota De Boer, lo porta in prima squadra e lo obbliga a studiare il ruolo che è di Milik. A fine anno il tecnico saluta, così come il centravanti polacco e l’ascesa di Dolberg inizia. Overmars, fedele alla filosofia del club, rimpolpa il reparto avanzato comprando Mateo Cassiera (19 anni) e Bertrand Traoré (20 anni).

Il neo tecnico Peter Bosz li prova entrambi da 9 ma ormai è già tardi. All’esordio con la maglia ufficiale dell’Ajax, contro il Paok, Dolberg segna l’unico gol dei suoi. All’esordio da titolare in Eredivisie ne mette due al Roda. Se vi capiterà di andare all’Amsterdam Arena e di scorgere tra il pubblico dei signori dall’aria guardinga con occhiali da sole e moleskine alla mano, non stupitevi. Il ragazzo ha gli occhi addosso di metà Premier League e anche se ha rinnovato fino al 2021 è praticamente impossibile che resti in Olanda per tutto questo tempo.

Dolberg

Partiamo dalle basi. Kasper Dolberg è un numero 9 moderno, nel senso che la sua conduzione del pallone abbinata ad una discreta tendenza associativa lo rendono spendibile anche più decentrato. Tuttavia è a ridosso dell’area di rigore che fa la differenza. Il ragazzo tira 2,9 a partita con una shot accuracy del 54%, figlia soprattutto del numero delle conclusioni prese dentro l’area: 32 su 39 conclusioni totali.

Finora ha segnato 8 gol in Eredivisie, il che vuol dire che ha un tasso di conversione del 25%, abbastanza per prendere qualche responsabilità in più quando è il momento di finalizzare. Anche perché il destro è un’arma interessante anche da lontano, dal momento che la meccanica del tiro è già fatta e finita e riesce ad imprimergli anche una certa potenza.

Quando Peter Bosz ha rilevato Frank De Boer sulla panchina dell’Ajax ha cercato di non stravolgere troppo i dettami tattici del suo predecessore. Il modulo è rimasto il 4-3-3 e anche il ruolo del centravanti di riferimento non ha subito troppe variazioni. Così come faceva Milik anche Dolberg ha compiti di raccordo, ma se per Milik era soprattutto una ricerca del pallone orientata verso gli esterni, per Dolberg è più un elastico volto ad aprire gli spazi dietro la linea difensiva.

Dolberg
Contro l’AZ non è stato quasi mai in area e la maggior parte dei palloni li ha giocati nella trequarti centrale.

Anche per quanto riguarda il controllo del gioco Bosz ha optato per mantenere un’impostazione molto associativa. L’Ajax è la squadra con il maggior possesso palla in Eredivisie e quella che completa più passaggi corti per partita.

Se però con De Boer vigeva un’idea di calcio molto più strutturata, con compiti precisi per tutti gli interpreti, con il nuovo tecnico la squadra ha grande libertà nella metà campo offensiva. Non è raro ad esempio vedere continui cambi di posizione tra gli esterni e la punta oppure vedere l’area intasata dalle mezzali. In un contesto così fluido capita che Dolberg accorci molto sul portatore e conduca lui stesso l’azione, delle volte con risultati di un certo livello.

Se non avete pensato Ibracadabra temo siate in fallo voi
Se non avete pensato Ibracadabra temo siate in fallo voi

Tuttavia le abilità di Dolberg non si limitano ad ottime letture degli spazi in relazione ai compagni. Infatti quello che rende, da che mondo è mondo, un centravanti degno di questo appellativo è la compulsiva attrazione verso il pallone, preferibilmente in una zona da cui poter fare gol. Detto della preferenza del giovane danese a prendere conclusioni ad alta percentuale, bisogna sottolineare anche quegli istinti propri che dovrebbero appartenere a chiunque sia depositario di quel numero.

Il ragazzo attacca con i tempi giusti il primo palo, e quando lo fa, lo fa per uccidere. Il secondo gol al Roda ne è la testimonianza più lampante, così come il terzo al NEC ricorda una di quelle torsioni a-là Pazzini. Sbaglia ancora qualche movimento per dare profondità e nell’area piccola non sempre ha lo spunto per segnare tutto quello che gli passa vicino, ma stiamo comunque parlando di un ’97 alla sua prima stagione nel calcio dei grandi.

Anche il primo controllo è qualcosa su cui c’è da lavorare. I mezzi fisici che madre natura gli ha dato sono molto utili nei duelli aerei (ne vince il 58%) o in conduzione frontale, ma nella ricezione orientata risulta essere ancora un po’ scoordinato. In relazione ai palloni giocati le 2,5 palle perse a partita sono troppe, così come il 77% di conversione dei suoi passaggi è una percentuale rivedibile. Bertrand Traoré ad esempio gioca 20 passaggi in più a partita di Dolberg, e li converte con il 79,6%.

Insomma, se l’istinto del difensore è quello di affrontare un pennellone di 187 cm in campo aperto, con Dolberg è un ottimo modo per farsi bruciare in velocità o essere tagliato fuori da un dribbling nello stretto. Il danese conosce benissimo il suo corpo tanto da sfruttarlo sia per difendere il pallone, sia per prendere posizione davanti al difensore.

Ibracadabra pt.2
Ibracadabra pt.2

Cosa possa diventare Kasper Dolberg non è dato saperlo. In Olanda cercano di affibbiargli le stimmate del predestinato, Leo Messi lo inserisce nella sua top 10 dei futuri crack, 8 gol in 12 partite non fanno altro che gettare benzina sulla scritta di fuoco che campeggia sopra la testa di Dolberg: “HYPE”.

Non va mai trascurata però la carta d’identità e il percorso intrapreso. Quando Kasper ha lasciato la Danimarca era un ragazzino, e ritrovarsi da solo in una città tanto suggestiva quanto estremamente alienante come Amsterdam non deve essere stata proprio una passeggiata.

A fargli da mentore c’è il connazionale Schone, con il quale condivide la casa e i passatempi, ma dopo aver segnato una tripletta al NEC (più giovane straniero a segnare un hat-trick con la maglia dei Lancieri) al microfono di Ajax TV sembra un candidato che sostiene il suo esame IELTS. Tradisce un certo imbarazzo di fronte alla pronuncia scolastica dell’interlocutore, fa lunghe pause alla ricerca della frase letta il giorno prima sul libro e non vuole saperne di allungare il brodo, pavido di commettere un’imprecisione.

Lui cerca di viverla come viene, si sente un privilegiato e probabilmente Madre Natura lo ha dotato di qualcosa di speciale. Lo si avverte adesso che è in Olanda e lo si avvertiva quando all’età di tre anni ha cominciato a palleggiare sul vialetto di casa. A proposito, in Danimarca ci è tornato poco tempo fa quando ha esordito con la maglia della nazionale maggiore nel 4-1 ai danni del Kazakistan.

Dolberg

Il vice allenatore della Danimarca è un certo Jon Dhal Tomasson che di attaccanti e di calciatori in generale se ne intende. Secondo lui nemmeno davanti ad una donna nuda Dolberg farebbe un frizzo. E qui bisogna gettare la maschera perché se veramente questo ha una capacità tale da estraniarsi dal contesto, se pensa veramente solo al fútbol, allora pensare che al centro dell’attacco dell’Ajax ci sia l’ennesimo next big thing (come dicono in America) del calcio mondiale non è fantasia. Anzi, se continua così si rischia di più a scommettergli contro.