Mi chiamo Steven N'Zonzi e domino - Zona Cesarini

Mi chiamo Steven N’Zonzi e domino

Domenica sera la partita tra Fiorentina e Juventus mi aveva stancato dopo un tempo. Per fortuna, qualche canale più in là Stefano Borghi e Fabio Capello gracchiavano al commento di Siviglia-Real Madrid. La visione del secondo tempo tra le squadre di Sampaoli e Zidane è servita a diverse cose:

-Riconciliarsi col mondo del pallone dopo 45 minuti di Massimiliano Allegri;

-Ricordarsi che Stevan Jovetic è vivo e lotta insieme a noi;

-Accorgersi di Steven N’Zonzi.

-Accorgersi di quanto è forte Steven freakin’ N’Zonzi.

Come scrive Daniele V. Morrone su UU, la partita monstre del mediano francese ha concesso a Sampaoli il discreto lusso di togliere un centrocampista di contenimento (Iborra) e chiudere la gara con Vitolo, Nasri, Vietto, Sarabia e Jovetic tutti insieme appassionatamente. La mossa che ha cambiato la partita. Forse non è chiaro: contro il Real Madrid – imbattuto da 40 partite – Sampaoli aveva uno e un solo giocatore davanti alla difesa: sotto 0-1, ha vinto 2-1. “Sampaoli ha deciso di affidarsi totalmente in termini difensivi al talento di N’Zonzi e ha messo 4 giocatori in grado di muoversi tra le linee davanti a lui”. L’allenatore più estremo e visionario di Spagna ha chiesto ad un reietto della Premier League di reggere sulle spalle un ecosistema mentre i matti là davanti facevano il resto. E Steven ha eseguito.

In una sola mossa ha vendicato Rami, imbruttito CR7 e lo ha fatto con l’esterno del piede sbagliato.

Pep Guardiola, che vede (quasi) sempre più lungo di tutti, già mesi fa voleva portarselo con sé a Manchester. La Juve è da tempo su questo ragazzone di origini congolesi, ma ora se n’è accorta mezza Europa. Il Siviglia lo prese per circa 8,5 milioni di euro dallo Stoke City. Ora la clausola dice 30 milioni ma il mercato farà lievitare il tutto. La sua evoluzione, da quando venne scartato nelle giovanili del Paris Saint-Germain perché era un centravanti piuttosto scarso, è stata lenta ma continua. Nell’estate 2009 il suo Amiens è retrocesso in terza serie francese. Il Blackburn scommette su di lui e per mezzo milione di sterline lo porta in Premier League. La nostra serie di atterramenti parte da qui.

N’Zonzi tratta L. Leiva come il bullo col secchione.

La prima stagione di N’Zonzi ai Rovers è magnifica: gioca 33 partite, quasi 3.000 minuti in Premier, si sorprende da solo dell’impatto avuto su una squadra che totalizza 50 punti e arriva decima. Sarà per gol come questo che il nostro centrocampista preferito viene premiato dai fan come giocatore dell’anno, sarà che è ancora distante anni luce dal giocatore totale che è adesso. Nella stagione successiva, ad esempio, non si conferma: gli vengono preferiti Jones e Grella, e gioca poco. Nonostante i sogni vieiratici, la carriera di N’Zonzi, a 23 anni, sembrava aver subito quel leggero calo di tensione che non puoi rischiare di avere a 23 anni perché chissà se ne esci.

Il corpo di Steven N’Zonzi non si piega. Milner rimbalza.

L’ultima stagione ai Rovers non va tanto male per lui – che torna titolare – quanto per il club, che a fine anno sarà costretto alla Championship. Ma N’Zonzi no, lui col cavolo che retrocede. Lo compra lo Stoke City per 3 milioni, lui si piazza davanti alla difesa dei Potters e non si schioda da lì per tre anni. Colleziona un totale di 120 presenze coi biancorossi e la sua partenza farà pronunciare al suo allenatore Mark Hughes, un po’ come fece Ferguson con Pogba: “Madò, questo dovevamo proprio tenercelo”.

Al Britannia ha fatto in tempo a:

-Far innamorare tutti;

-Litigare con Coutinho e Leiva (di nuovo);

-Segnare gol come questo nell’ultima partita con la maglia del Liverpool di Gerrard. Un po’ di pietà! No: 6-1. Lui col Liverpool non ha un buon rapporto;

-Girare spot con Arnautovic e delle Toyota Aygo.

Fa bene Hughes a volerlo trattenere, ma uno così chi lo ferma?

La sua evoluzione definitiva è al Siviglia. Un anno alla corte di Unai Emery ne lima ulteriormente i difetti, ma l’adattamento al nuovo calcio spagnolo è tutt’altro che facile. Eppure, come dice lui stesso alla BBC, è migliorato costantemente per tutti e sei gli anni inglesi. Non facendo il botto, ma gradualmente; ed è arrivato in Spagna maturo. Segna ancora un po’ poco, e questo al mainstreaming non piace, ma non si fascia la testa per questo. Forma – con Krychowiak – un doble pivote di clamorosa sostanza e intelligenza tattica.

Il Siviglia 2015/16 era una squadra profondamente diversa da quella attuale (Monchi, anyone?). Unai Emery usava pressoché solo un 4-2-3-1 con Banega dietro a Gameiro e gli esterni ruotavano a seconda dell’avversario: Coke, Krohn-Delhi, Konoplyanka e Vitolo, con quest’ultimo spesso preferito agli altri. Era una squadra che respirava alla velocità dell’attuale giocatore dell’Inter, come si legge qui: “Al Siviglia tutto gira attorno a Banega e al suo ruolo di regista, sia per rendere la circolazione fluida che per trovare la punta in profondità. Se si blocca l’argentino si costringe la squadra ad attaccare solo sull’esterno perché il doble pivote N’Zonzi-Krychowiak in fase di possesso si limita alla circolazione orizzontale”.

Il polacco è una figura chiave: si prende lui le maggiori responsabilità della coppia, quello che si fa intestare casa e auto perché ha le spalle più larghe. Se si tratta di uscire dalla linea per assorbire un inserimento o seguire un avversario allargatosi, tocca all’ex Stoke: Krychowiak resta lì nel mezzo. Non dico che stare a fianco del polacco abbia aiutato N’Zonzi a crescere, ma guardando video come questo qualche dubbio sorge. Steven ha assorbito come una spugna, col benestare di Emery, che, a scanso di equivoci, si è portato il mastino della Pomerania con sé a Parigi.

N’Zonzi di testa è semplicemente dominante.

Con l’arrivo si Sampaoli e la rivoluzione estiva nella città di Diego Velàsquez, N’Zonzi ha ancora più compiti in fase di costruzione. Imposta ancora in modo elementare: il passaggio laterale è di gran lunga preferito alla verticalizzazione, anche perché di giocatori con piedi educati sugli esterni e avanti a lui di qualche metro ce ne sono diversi. Particolarmente efficace, infatti, è la chimica sviluppata con Nasri: i due francesi dialogano spesso e quando l’ex Arsenal è in giornata non si sa mai come va a finire. Nella partita contro l’Atletico Madrid, ad esempio, la difesa a cinque schierata da Sampaoli ha permesso a Nasri di fare il play puro, giocando sul centro-sinistra una delle sue migliori partite in carriera. La sfida, peraltro, l’ha decisa il nostro Steven: sorprendere dritto per dritto l’Atletico Madrid da una rimessa laterale non è roba da tutti: una falcata dopo l’altra, il campo sembra inclinarsi e se guardate fuori dalla finestra c’è N’Zonzi che guida un monster truck sulla spiaggia.

I problemi in cabina di regia, però, non sono del tutto risolti. Se Sampaoli spesso attinge dalla rosa camaleontica che si ritrova per fargli giocare a fianco qualcuno coi piedi buoni significa che la conduzione della salida non è sufficiente. Dalla stessa pass map della partita contro il Real Madrid si denota una grande orizzontalità: aggiungendo la componente verticale N’Zonzi diventerebbe un giocatore semi-irripetibile.

Forse dobbiamo iniziare a preoccuparci.

Non vorrei spaventarvi proprio in chiusura, ma nel campionato di Modric, Iniesta & co. il n.1 per passaggi medi a partita è Mr. N’Zonzi (77,6). Ne completa quasi il 90%. Il sistema a tanti ottani instaurato in Andalusia è solo una bozza di ciò che ha in mente Sampaoli, allenatore visionario, bielsista, rivoluzionario: è in Europa da pochi mesi e già qualcuno potrebbe vederlo come l’allenatore più innovativo della Liga. Riuscire a catalogarne ora il sistema è dura, dura, dura: gli interpreti ancora di più. Eppure quando uno domina sul terreno di gioco any given sunday, lo vediamo bene. Quindi sì, Steven, ci siamo accorti di te, filosofia a parte.

In questa intervista N’Zonzi dà alcune risposte interessanti. I suoi giocatori preferiti da ragazzo erano Jay-Jay Okocha e Ronaldinho. La maglia più importante che ha nel cassetto del comò è quella di Yayà Touré, che con Patrick Vieira è la figura più accostata a lui. Un centrocampista davvero polivalente e dominante in vari aspetti del proprio gioco, in tutte le fasi, che gravitando in una zona di campo ne cambia la percezione. A ventotto anni, Steven N’Zonzi sta entrando nel proprio prime. L’unico trofeo alzato da professionista è l’Europa League (is that you, Liverpool?). Si confronterà per la prima volta con la Champions League tra poche settimane; riuscirà a caricarsi i Rojiblancos sulle spalle anche in campionato? Noi siamo con te, monstruo.