Roba da numeri 9 - Zona Cesarini
Cavani

Roba da numeri 9

Facendo un sondaggio a 50 persone con lo scopo di sapere chi è il giocatore preferito di questi individui, probabilmente si otterrebbero altrettante risposte diverse. Circoscrivendo a ruolo e campionato di appartenenza il quesito mostrerebbe un’uniformità più marcata. L’unanimità nello sport non esiste e il bello sta anche in questo. In Francia, poi, stiamo assistendo ad un dualismo che delinea la narrazione di una delle Ligue 1 più belle e competitive degli ultimi anni. Al centro della storia ci sono loro due; due monarca, due fiere, implacabili sotto porta e oscurati nel recente passato da partner scomodi o infortuni degenerativi. Quest’anno la scena è ad appannaggio di questi due, non potrebbe essere altrimenti.

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Salvo intromissioni del Nizza, uno dei due solleverà il trofeo-spaziale della Ligue 1

Destini diversi

Quando si apre il discorso su Edinson Cavani bisogna ricordarci che non scende sotto i 20 gol stagionali dalla stagione 2009/10, ovvero l’ultima annata palermitana. Da lì in poi è stato un crescendo che lo ha portato ad accomodarsi nel club dei numeri 9. Quelle figure che ti vengono in mente quando pensi ad un ruolo specifico. Perché c’è chi dice Suárez, chi Lewandoski, chi Higuaín, ma quest’anno il carro di Cavani è stracolmo di adepti, perché la stagione del Matador rischia di essere buona per la scarpa d’oro e forse per qualcosa di più a livello di squadra. Parlavamo, però, di un giocatore eclissato; e come sbagliarsi?

Nelle ultime due stagioni ha dovuto condividere il ruolo di goleador con Ibrahimovic, famoso per due cose: i gol (tanti) e gli amici (pochi). Se non rientri nella ristretta cerchia di coloro che possono dare del tu a Zlatan rischi di passare una stagione anonima. Questo è successo a Cavani. Nonostante per due anni di fila abbia fatto rispettivamente 18 e 19 gol in Ligue 1, si è sempre parlato dell’incompatibilità tra i due e dei mal di pancia dell’uruguagio, consapevole che dal trono lo svedese non lo butti giù. A fine stagione Edi ha detto basta: “O io, o lui”. E visto che sostituire la Tour Eiffel con una statua Ibramorfa sarebbe stato un filo complicato, alla fine è rimasto Cavani.

Quando un attaccante si riappropria del suo giardino è naturale che voglia dimostrare di meritarselo. La stagione di Cavani è qualcosa di più di una dichiarazione di intenti. È una continua provocazione a chi prima di lui ha fagocitato i minuti da prima punta, arrivando a vincere trofei senza dare l’impressione di aver portato il PSG al livello successivo. Cavani entra in campo ogni sera con l’idea che l’asticella è sempre più alta e che i suoi gol legittimeranno l’inclusione tra i migliori bomber del pianeta. Per i soli parziali siamo a 25 in campionato in 23 partite (in quanto?) e sette in Champions League su altrettante presenze. Ad oggi è difficile non considerarlo il miglior attaccante del pianeta, o almeno uno dei primi tre.

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L’altro, invece, il miglior attaccante al mondo lo è stato (onde evitare querele per “attaccante” all’interno di questo pezzo si intende prima punta). Sembra passato un secolo da quando con la camiseta albirroja portava l’Atlético a vincere Europa League e Copa del Rey a suon di palloni sgonfiati dalla potenza inumana che metteva in quel destro. Pochi avrebbero pensato che quella squadra avrebbe raggiunto le vette del cholismo (considerata anche una situazione finanziaria al tempo tutt’altro che solida) e quindi Radamel Falcao, dopo due stagioni da dominatore, si guarda intorno.

Sono interessate a lui tutte le big europee ma evidentemente le tentacolari mani di Jorge Mendes avvertono l’affare quando alla porta bussa il signor Dmitrij Rybolovlev, che una volta sbarcato nel principato di Monaco è indeciso se puntare sulla roulette o sul calcio. Alla fine forse gli conveniva giocare solo sul rosso, ma tant’è: Falcao accetta la corte del Monaco dove arricchirà sé stesso, Mendes e in minima parte anche il fisco monegasco che poi è uno dei principali motivi per i quali il procuratore portoghese ha deciso di parcheggiare lì il suo assistito. Da qui in poi, però, va tutto storto.

A Gennaio 2014 si rompe il crociato ed è costretto a saltare il mondiale (la Colombia con il miglior Falcao probabilmente avrebbe evitato al Brasile il Mineirazo). Torna, ma non torna. È il ritornello di chi si fa male al ginocchio. Chiunque sia stato una volta nella vita sotto i ferri vi dirà che sì, a livello medico il ginocchio è guarito, ma nella testa si innescano una serie di variabili che non hanno a che vedere con la scienza. E se mi si girasse? E se il medico si sbagliasse? E se bastasse un contrasto duro?

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Impossibile rendere al meglio se il più potente acceleratore di risultati del nostro organismo è annebbiato dalla paura e dal peso di essere nato a Santa Marta, dove campeggia la statua del “Pibe” Valderrama, il più grande giocatore nella storia della Colombia, che sembrava pronto a consegnare la sua eredità calcistica nelle mani di Falcao.

Ha provato a rilanciarsi in Inghilterra, prima a Manchester – male – poi a Londra sponda Chelsea, malissimo. Sarebbe dovuta finire lì. All’alba dei trenta quello che era un fuoriclasse poteva scegliere un esilio dorato a suo piacimento. La resilienza di El Tigre però non si piega alle avversità. Torna nel Principato dove ad attenderlo c’è Leonardo Jardim, il quale sta mettendo in piedi una macchina da gol in grado di ridicolizzare le statistiche europee.

Quest’anno il Monaco segna 2,92 gol a partita per un totale di SETTANTASEI gol in 26 partite. Il tutto senza produrre la mole di gioco offensivo di Barcellona, Napoli o Paris Saint Germain, per rimanere in Francia. Quanto l’attacco dei monegaschi stia “overperformando” non è chiaro, fatto sta che la varietà di soluzioni offensive a disposizione di Jardim fa tutta la differenza del mondo in un contesto come la Ligue 1.

Al centro del disegno c’è lui, a quota 16 gol in campionato e con una shot accuracy del 64% che su 49 tiri totali lo colloca tra i migliori d’Europa. Difficilmente tornerà ad essere quel tirannosauro d’area di rigore capace di capitalizzare tutto ciò che era capitalizzabile. Il deterioramento fisico c’è, l’esplosività non è più quella dei tempi di Madrid. La rabbia, la voglia di andare oltre sono sempre le stesse. E per gli avversari diretti del Monaco non è una bella notizia.

 

Il top del top

Quando parliamo di Cavani e Falcao ci addentriamo nella crème de la crème dei bomber. Il timing con cui l’uruguaiano gioca tra le maglie della difesa avversaria è impressionante.

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Qui Di María mette un pallone morbido in mezzo che nessun difensore riesce a intercettare e a quel punto è già tardi, perché il Matador è un fulmine nel controllare e scaricare il destro in fondo al sacco. Se Cavani riceve nell’area piccola, l’unica cosa fattibile è fare una preghiera.

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Avere il giusto tempismo, però, non basta. Bisogna conoscere i movimenti da eseguire e leggere il momento per non sbagliare scelta. Qui Lucas taglia forte sul primo palo e Cavani è bravissimo a fare il contro-movimento per disorientare il difensore del Caen e bocciare la palla in porta.

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Il gol al Barcellona è la rappresentazione della stagione irreale che sta vivendo Edi. Non gli puoi lasciare un cuscino di 10 centimetri, Ligue 1 o Champions cambia poco, che lui ha già impostato la gamba meccanica. Una capacità di controllare il proprio corpo in relazione agli avversari che lo rende molto simile ad un altro sudamericano che gioca a Torino di nome Gonzalo Higuaín. Chissà se si incontreranno più avanti nel cammino europeo.

Spostandoci a sud di Parigi ritroviamo Falcao, il quale non sta segnando quanto Cavani ma in compenso lo guarda dall’alto nella classifica del campionato francese. Merito, come detto, di Jardim che ha collaudato una squadra in grado di colpire l’avversario con un range di soluzioni ampissimo. In un contesto simile un attaccante deve capire quando il suo coinvolgimento diretto diventa un valore aggiunto per la manovra offensiva e quando invece è più importante occupare uomini e liberare l’area di rigore.

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In quest’azione c’è tutto il pattern di movimenti che Falcao adotta durante un match: finta ad attaccare la profondità, contro-movimento a venire incontro, a quel punto scatto in profondità con l’avversario ormai bruciato e assist per Mbappé. Ad oggi è la quinta fonte di gioco della squadra con 17 chance create, a dimostrazione della volontà di evolversi in base alle proprie caratteristiche e a quelle degli altri.

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Stiamo parlando comunque di un numero 9 puro, e allora nella stessa partita ecco servito il piatto forte della casa. Falcao non ha più la rapidità d’esecuzione che aveva tre anni fa, ma possiede una comprensione del gioco superiore: qui parte alle spalle del difensore, lo costringe a preoccuparsi della sua posizione e appena lo vede in difficoltà attacca il primo palo. Praticamente è passato dall’essere un Ralf Spaccatutto a diventare un killer silenzioso.

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Se chiedete a Pippo Inzaghi, questo è il gol più bello dell’anno. Falcao è oltre la linea del fuorigioco e per essere pericoloso deve muoversi in una frazione di secondo. A guidarlo è lo stesso istinto che emerge negli slalomisti quando girano gli sci per rimanere dentro al tracciato. Un millesimo prima e Dante sarebbe riuscito a chiudergli la visuale, un millesimo dopo e il guardalinee avrebbe alzato la bandierina. Il movimento del colombiano è perfetto, sembra disegnato da Giotto.

Il limite è il cielo

Storie di rivalsa, storie di campioni. Uno dei due probabilmente trionferà in Ligue 1 da protagonista e a quel punto si apriranno scenari interessanti. Cavani ha trovato il suo habitat perfetto: vive e segna in una delle città più belle del mondo, l’idea di un campionato più competitivo potrebbe anche non stuzzicarlo, soprattutto se il PSG si dimostrerà competitivo in campo europeo (le quattro sventole al Barcellona portano in questa direzione).

Per quanto riguarda la situazione di Falcao invece bisognerà capire che ne sarà del Monaco. I pezzi pregiati di questa squadra hanno gli occhi di mezza Europa addosso. Le possibilità che i vari Mendy, Lemar, Bernardo Silva, Sidibe, Mbappé, prendano altre strade sono concrete, così come non è impossibile pensare che qualche presidente si accorga dell’encomiabile lavoro svolto da Jardim nel Principato. È ancora presto per fare ipotesi, prossimo invece è il ritorno contro il Manchester City, dopo che la squadra di Guardiola ha ottenuto un rocambolesco successo subendo però tre gol all’Etihad. Per il Monaco non è ancora finita, e la doppietta di Falcao denota una forma strabiliante.

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Il secondo l’ha fatto brutto

Dovesse finire nell’urna di Nyon per il sorteggio dei quarti di finale non sarà un avversario morbido per nessuno. Chissà se proprio la sorte non decida di accoppiarli già al prossimo turno. I due monarca di Francia, i sovrani dell’area di rigore, uno contro l’altro per accedere dove si comincia a ragionare in termini di coppa dalle grandi orecchie. Sarebbe una bella partita, il più fulgido spot per il calcio francese e la possibilità di confrontarsi su 180 minuti per stabilire di chi è questo 2017.

Per arrivare a questo momento Falcao ha rifiutato tre volte un’offerta dalla Cina, troppa la voglia di ritornare grande. L’altro è stato accostato a tutte le squadre inglesi di vertice, ma una volta partito Ibra era chiaro che Edinson avrebbe colto la sua chance. D’altronde è per questo che si va avanti: la possibilità di diventare il migliore in qualsiasi contesto.

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La caccia al trono di Francia è aperta, quella al trono d’Europa è meno utopica di quanto potesse sembrare ad inizio stagione, e tra un anno e mezzo in Russia non vorrei essere nei panni di chi dovrà limitarli. Il trono più ambito passerà anche per le loro giocate.