Julio Cesar: ornamento e delitto - Zona Cesarini
Brazil's goalkeeper Julio Cesar practices during a training session in Rio de Janeiro, Brazil Friday, June 28, 2013. Brazil will face Spain on the final game of the soccer Confederations Cup on Sunday. (AP Photo/Andre Penner)

Julio Cesar: ornamento e delitto

“Qualsiasi cosa serva a uno scopo va esclusa dalla sfera dell’arte”. (Adolf Loos, ‘Ornamento e delitto’).

Da interista devo rendere omaggio a Julio Cesar per la Champions del 2010. Prima di Eto’o terzino, Milito goleador e Sneijder nella stagione da Pallone d’oro devo dire grazie al più grande portiere della storia dell’Inter e della nazionale brasiliana. C’è stato Pagliuca, che baciava i pali per l’Italia ai Mondiali, il torace ipertrofico di Peruzzi e il pragmatismo di Toldo; ci sono state le uscite folli di Zenga che però “tra i pali non aveva rivali”, ci sono i rigori parati da Ice Man Handanovic o i capelli strani di Frey. E naturalmente (mi dicono) i voli di Bordon e Sartima siamo in un’epoca davvero diversa e lontana.

L’architetto Adolf Loos scrisse il suo saggio “Ornamento e delitto” in un’epoca in cui andava per la maggiore il revivalismo: la moda del tempo, infatti, prevedeva una sterile e nostalgica riproposizione delle forme dell’epoca d’oro dell’Impero austro-ungarico, basata sul “barocchesco” abuso di sculture, pitture o comunque ornamenti. Loos andò contro i contemporanei proponendo una rilettura critica della storia, intesa non come successione lineare di eventi da rimpiangere o ripudiare, ma lanciando un linguaggio libero dalle mode e che reinterpretava la tradizione in nome di scelte logiche o belle.

Nel suo campo, è ciò che ha fatto Julio Cesar: analogamente a Loos, ha mostrato come la bellezza del suo gesto atletico stesse nel funzionalismo dello stesso, rompendo con un’intera generazione di portieri o estremamente funzionali o, al contrario, avvezzi alla spettacolarità ma poco continui. Come l’architetto di Brno, Julio Cesar ha rinunciato all’ornamento, superando l’idea del puro funzionalismo, calcisticamente tradotto nel cinico motto “conta solo il risultato”.

Inoltre, Julio Cesar gioca ancora: a 38 è tornato a difendere i pali del suo primo amore: il Flamenco. Dopo i due anni di semi-inattività alle Águias del Benfica, è probabile che Julio voglia chiudere sulla breccia dell’onda. Ovviamente, è ancora sposato con la più famosa delle ex di Luis Nazario da Lima, e ha la stessa espressione un po’ concentrata e un po’ triste dei tempi del triplete. Ed è probabilmente il giocatore carioca che si è adattato meglio ad una vita lontana dalle spiagge di Duque de Caxias, sua terra d’origine: altro elemento atipico che definisce i tratti dell’unicità.

Julio Cesar per conquistare i suoi tifosi ha dovuto vincere ma soprattutto convincere, visto che quando è stato prestato al Chievo per sei mesi, in attesa di essere tesserato dall’Inter, suscitava nei tifosi nerazzurri lo stesso interesse che generava Fabián Carini: vicino allo zero. Chi era pronto a scommettere su un portiere brasiliano che aveva giocato meno di cento partite con il Flamenco?

Dodici anni dopo, parlano le statistiche personali: 10 Coppe Nazionali, 8 Campionati, una Champions e due titoli UEFA di Miglior Portiere (2009 e 2010). Così come parlano per lui le sue giocate: abbiamo raccolto 5 tra le migliori parate della sua carriera; o almeno, tra quelle documentabili. Per l’occasione ci avvaliamo del commento tecnico di un vero portiere e cultore del ruolo: Niccolò Ferri.

Posizione 5: l’Intelligenza

“È una parata che non scorderò mai. Non sembra difficile, e per certi versi non lo è davvero. L’ho scelta perché fa capire quanto sia calcisticamente intelligente e avanzato Julio Cesar, che in questo caso va in avanti verso Palombo – rubandogli in modo quasi claustrofobico lo spazio -, e al contempo ha la forza mentale per restare fermo in piedi ed intercettare il tiro. La nostra tendenza, di solito, è quella naturale di scattare o muoversi alla prima finta: rimanere così fermi fino all’ultimo denota uno straordinario controllo di sé”.

Posizione 4: la Determinazione

“Per il quarto posto ho scelto senza indugi il miracolo di JC sul macabro tentativo di autogol di Materazzi contro il Napoli. In questo caso, oltre al gesto atletico – fa davvero un gran tuffo – mi colpisce come in effetti sia un portiere sempre concentrato sulla gara. Non è facile parare per una grande squadra che concede poche occasioni a partita: diventano tutti interventi decisivi e tenere continuamente la mente affilata è tutto fuorché scontato. Ma soprattutto mi colpisce la determinazione: va verso il pallone e fino all’ultimo scatta come un felino per togliere la palla dalla rete, anziché fermarsi come verrebbe naturale su un pallone del genere. JC ha sempre pensato di poter arrivare su qualsiasi palla, e questa è una caratteristica-base fondamentale”.

Posizione 3: L’eredità carioca

“I portieri brasiliani sono da alcune generazioni dei notevoli para-rigori: sono molti gli esempi di portieri verdeoro tutto sommato modesti (Doni della Roma, per esempio) che ben si destreggiano in questa arte. Ho scelto il rigore parato a Pepe perché ho trovato interessante come lui faccia una contro-finta all’attaccante, inducendolo inconsciamente verso un determinato lato. Inoltre fa un paratone: il tiro di Pepe forse è a mezza altezza, è vero, ma è anche fortissimo e lui lo respinge con naturalezza con la mano opposta. Assurdo”.

Posizione 2: l’Istinto

“Qui Julio Cesar neutralizza prima un tiro insidioso di Shevchenko, e poi uno a colpo sicuro di Seedorf sulla respinta. Il tiro di Clarence può sembrare centrale, e in effetti lo è, ma la difficoltà risiede nel fatto che stava andando nella direzione opposta col corpo. A salvarlo è il suo incredibile istinto, che gli ha permesso di respingere anche molti tiri in controtempo. Seedorf calcia fortissimo, ed è curioso che anche in questo caso Julio Cesar sia riuscito a neutralizzarlo con l’uso di una sola mano (non che qui potesse usarne due, chiaramente). Ho scelto quest’intervento perché dimostra che il fattore che distingue un buon portiere da un superportiere è l’istinto”.

Posizione 1: lo Stile e la Tecnica

“Quella contro Messi è una parata straordinaria. La Pulce la mette a girare nell’angolo opposto – calciando forte – e Cesar ci arriva. È una parata bellissima e soprattutto difficilissima: oltre al gesto atletico – un tuffo impressionante, con un allungamento del braccio che gli consente di coprire 4 metri di porta con un solo balzo – la difficoltà di questa parata stilisticamente perfetta, sta nella tecnica. Se ti butti all’indietro o in parallelo rispetto alla linea di porta, non la prendi. Invece JC si muove in avanti, tagliando la luce che lo separa da Messi. Se fate attenzione, prima che parta il tiro, la gamba destra ha il ginocchio già orientato verso Messi: sapeva già che avrebbe dovuto tagliare, e il suo fisico e la sua tecnica glielo hanno permesso. È una di quelle parate che puoi fare cinque volte nella vita, se sei fortunato”.

Bonus: i Piedi

“In appendice, impossibile non citare il sombrero d’esterno su Iaquinta. I portieri brasiliani da sempre sono abili con i piedi; all’epoca di Julio Cesar, però, non era fondamentale saperli usare come oggi. Adesso che quasi tutti gli allenatori basano lo sviluppo della costruzione bassa su portieri con piedi educati, mi viene il rammarico di non averlo mai visto realmente valorizzato anche sotto questo punto di vista”.

Articolo con la collaborazione di Niccolò Ferri.