Come sarebbero andati i Mondiali con il Var - Zona Cesarini

Come sarebbero andati i Mondiali con il Var

Di Giovanni Ciappelli

Dopo anni di crociate mediatiche, richieste più o meno accorate e tentativi soffocati nella culla finalmente arriva nel mondo del calcio l’assistenza per l’arbitro grazie alle immagini, come già accade in altri sport. Il Var (Video assistant referee) non è una vera e propria moviola in campo ma è meglio di niente e solo il tempo ci dirà se è il metodo giusto per risolvere qualche caso spinoso sul campo, insieme alla goal line technology, e per accorciare i tempi di messa in onda delle trasmissioni sportive in tv.

Ma se invece che nel 2017 il sistema fosse stato introdotto qualche anno fa non sarebbe stato meglio? Come sarebbero cambiati, per esempio, i Mondiali? Piccolo scherzo d’agosto per cominciare ad abituarci alla novità.

Mondiali 1950, la prima volta del Brasile

Ultima azione di Brasile-Uruguay, 2-1 per la Celeste e padroni di casa riversati in attacco per il gol del pari che vale, data la situazione nella classifica del gironcino finale, la coppa. Il radiocronista uruguagio racconta concitato gli ultimi istanti di gara, ripete che il tempo è ormai scaduto. Angolo dalla destra per il Brasile, Friaça calcia malissimo, palla che si perde dalla parte opposta. L’arbitro inglese Reader fischia, gli uruguaiani esultano: è finita! No.

Al quasi 54enne insegnante inglese è arrivata una comunicazione via auricolare, c’è stato un episodio in area che dev’essere sfuggito alla terna ma che gli è stato segnalato. Fischia per bloccare il gioco e disegna con le dita uno schermo in aria: valutazione in sospeso. Sulla palla alta, altissima, del numero 7 brasiliano c’è stato un contatto all’altezza del dischetto, un uruguaiano maliziosamente ha fatto blocco su un avversario in corsa verso l’area piccola; non sarebbe mai arrivato su quel pallone, ma il contatto c’è stato, si intuisce da un’inquadratura laterale. A Reader può bastare, è rigore per il Brasile.

Il Maracana passa dall’incubo alla speranza, l’Uruguay dalla festa all’incredulità. Duecentomila persone, e tutto un paese con loro, tornano a credere nel lieto fine, undici in campo con la maglia celeste circondano l’arbitro, irremovibile nella sua decisione. La Coppa del Mondo sarà decisa da un rigore assegnato con il Var.

Il capitano della Celeste Varela torna a parlare con Reader, lo ha già fatto dopo il gol dell’1-0 del Brasile solo e soltanto per ghiacciare l’ambiente, e ha funzionato. Ci riprova anche se non parla inglese e Reader d’altronde non comprende il rio-platense. Qualcosa di non oxfordiano gli scappa, perché sentiva di avercela fatta, sarebbe stata un’impresa memorabile. Si perdono due minuti che per tutto il Brasile sembrano eterni; non per Ademir, capocannoniere del torneo che aspetta con la palla in mano sul dischetto. Quando la situazione finalmente torna alla normalità piazza il pallone, aspetta il fischio dell’arbitro in un Maracana ammutolitosi in bilico tra il baratro e l’Eden, non guarda nemmeno Máspoli che gli sta urlando di tutto e che fa qualche passo in avanti prima del tiro per anticiparlo. Forte, centrale, a mezz’altezza: come si deve tirare un rigore, tanto il portiere da qualche parte si butta. Gol, 2-2, fischio finale, Brasile campione.

Il resto è storia: in Brasile furono proclamati tre giorni di festa nazionale; tutti i componenti della rosa della nazionale, primo tra tutti il portiere Barbosa, furono celebrati come eroi; l’Uruguay tornò a casa a testa alta, ma con pesanti conseguenze psicologiche sui giocatori – Schiaffino non riuscì più a riprendersi da quello che considerava “il furto più atroce che avessi mai subito” e appese le scarpette al chiodo neanche due anni dopo; il Brasile aprì il suo ciclo vincente nella storia del calcio, con le maglie bianche ormai considerate un portafortuna, trionfando anche nel ’54, una lezione di calcio all’altra “scuola” dell’epoca, l’Ungheria di Puskas, nel ’58 in Svezia e nel ’62 in Cile. Fino a Inghilterra ’66…

Mondiali 1966, il gol-non gol

La quaterna di mondiali vinti dal Brasile tra il 1950 e il 1962 per poco non costrinse la Fifa a mettere una croce sui Campionati del Mondo. “Roba solo per brasiliani, che veniamo a fare?” il commento più ricorrente dei dirigenti delle varie federazioni. I Maestri del gioco, gli inglesi attendevano però il loro momento, quell’edizione casalinga del 1966 che avrebbe secondo le loro intenzioni ristabilito le giuste gerarchie anche nel football.

E sono subito ottime notizie per l’Inghilterra: Pelé si infortuna alla seconda partita, decide di chiudere la sua carriera in nazionale – si ritirerà nel 1969 nel giorno del suo millesimo gol – e i campioni in carica escono ai gironi; Bobby Charlton è in gran forma nella semifinale contro il Portogallo del Pallone d’Oro Eusebio e Wembley attende per il 30 luglio la finale più attesa: la guerra è finita da più di venti anni, l’Europa e il mondo stanno radicalmente cambiando volto, ma è pur sempre Inghilterra-Germania Ovest.

2-2 al novantesimo, si va ai supplementari. Minuto 101: Ball va via sulla destra e crossa in mezzo per Hurst, la punta del West Ham aggancia di destro e spara verso la porta di Tilkowski che non ci arriva, traversa, palla che batte in campo – sulla linea? – ed esce dallo specchio della porta. Weber anticipa di testa Hunt e mette in angolo.

Tutti fermi. Fermi i tedeschi che sperano di aver visto giusto, gli inglesi che chiedono il gol, i tifosi che non sanno se esultare o meno, l’arbitro svizzero Dienst che non aveva la visuale corretta e che cerca aiuto nel suo guardalinee di destra, il sovietico azero di nascita Bakhramov. Fermo anche lui, non ha visto. Ferma anche la goal line technology, che quel giorno si è inceppata per un malfunzionamento tecnico – che organizzazione questi inglesi… Consulto tra Dienst e Bakhramov, che non si capiscono. Kenneth Wolstenholme della BBC commentando in diretta la partita fa notare che “this linesman who can only speak Russian and Turkish” sta parlando al vento e lo stesso sta facendo Dienst, entrambi accerchiati dai giocatori delle due squadre.

In mezzo a questa commedia dell’arte si inserisce il protagonista della storia, l’arbitro argentino Roberto Goicoechea quel giorno addetto al Var. In auricolare, in spagnolo, comunica alla terna che dall’immagine che ha visto la palla è rimbalzata sulla linea e poi è uscita. In realtà il frame non è chiaro, ma l’argentino ha ancora sul gozzo come gli inglesi hanno trattato i giocatori albiceleste durante e dopo il quarto di finale di qualche giorno prima (1-0 gol di Hurst) e la vendetta è un piatto che va servito al momento giusto.

Il problema è che né Dienst men che meno Bakhramov sanno lo spagnolo e la farsa rischia di andare avanti per un bel pezzo. Finché Goicoechea decide di urlare a tutta forza negli auricolari dei suoi colleghi “NO GOAL!!!” sperando che almeno questo in tedesco, russo, turco o qualsiasi altra lingua risulti comprensibile. Anche la sempre impassibile Elisabetta II in tribuna ha un chiaro gesto di disappunto (qualcuno dirà addirittura di aver sentito un “fuck” uscire dalle reali labbra) quando Dienst indica la bandierina del corner, angolo per l’Inghilterra tra le proteste degli uomini in rosso, Ramsey in panchina che non sa più come incavolarsi e Wembley che ricopre di “booooo” l’arbitro svizzero.

Corner di Cohen, testa di Hurst, 3-2. Il quarto arriva all’ultimo minuto del secondo supplementare, 4-2 e Inghilterra campione.

Mondiali 1986, il secondo gol del secolo

Vabbè dai, è mano. È evidente. Meno male che gliel’hanno detto al tunisino che altrimenti entrava nella storia per aver concesso in un quarto di finale di un Mondiale un gol di mano, netto che più netto non si può.

Ma come pensava l’arbitro Ali Bin Nasser, e insieme a lui il correo guardalinee bulgaro Dotchev, di uscirsene da questa situazione? Ma secondo lui un portiere in presa alta si può far anticipare di testa da uno che è più basso di lui di almeno venti centimetri? Non scherziamo. Sai il casino che sarebbe venuto fuori per questo folle gol di mano…

Punizione per l’Inghilterra e giallo per Maradona che fa anche lo stupito e l’offeso. Ok, si è rifatto con gli interessi tre minuti dopo con quel gol incredibile. Incredibile più che altro perché gli inglesi in 60 metri di campo non sono riusciti a buttarlo giù. Fa ancora l’offeso Diego, passa davanti all’arbitro e lo sfida: “Annullami anche questo!”. Eh già, ma mancano dieci minuti e Lineker ha pareggiato, siamo 1-1 e si avvicinano i supplementari.

Ancora Diego, tocca sempre a lui. Cerca lo scambio con Valdano al limite, sembra la stessa azione del gol annullato. Invece no, finta il passaggio e invece va dentro saltando con un tocco due inglesi. Solo in area davanti a Shilton che esce e stavolta non si fa mettere a sedere, non si fa infinocchiare un’altra volta, resta in piedi, gli va incontro e forse è anche in vantaggio sulla palla. Tacco di Diego, tunnel a Shilton, gol a porta vuota. Argentina-Inghilterra 2-1. La gambeta de Dios.

Mondiali 1990, è ancora Diego

Da La Gazzetta dello Sport del 9 luglio 1990:
“Se l’Argentina campione del mondo 1986 poteva essere considerata la più scarsa vincitrice di un mondiale per qualità tecniche ed individuali, quella che ieri sera a Roma si è presa di nuovo il continente del pallone la batte per distacco. Troppo brutti, sporchi e cattivi per essere veri campioni del mondo. Non si voglia comunque leggere solo il negativo dietro questa considerazione, il rovescio della medaglia riguarda la grandezza di Diego Armando Maradona, da oggi ufficialmente Il Più Forte Calciatore Della Storia. Anche più di Pelé che i mondiali li vinceva ma non da solo a differenza di Diego.

Maradona alza la Coppa al cielo di Roma come fece all’Azteca quattro anni fa, in uno stadio che non gli ha perdonato l’eliminazione degli Azzurri in semifinale, che lo contesta fino dagli inni nazionali e che si svuota al momento della premiazione. Inelegante Diego nella prima risposta al pubblico dell’Olimpico (“Hijos de puta” durante l’inno argentino ricoperto dai fischi), signore a fine gara: “Mi è dispiaciuto per l’Italia e soprattutto per i napoletani, ma come quattro anni fa ho vinto questa coppa anche per la mia gente di Napoli”.

La finale con la Germania Ovest gira tutta su un episodio: all’84esimo il messicano Codesal giudica da rigore un contatto, apparso da subito molto leggero, tra Sensini e Völler in area argentina. Rigore assegnato, poi revocato su intervento del Var dopo varie discussioni in campo.

Beckenbauer negli spogliatoi abbandona il suo consueto aplomb e sbotta: “Dovevano vincere di nuovo e li hanno fatti vincere”. Resta il fatto che la sua Germania non sia andata oltre lo 0-0 tra regolamentari e supplementari, nonostante quasi un’ora di superiorità numerica per il rosso a Monzon, e abbia perso quella freddezza dagli 11 metri che con l’Inghilterra aveva regalato la finale.

L’Argentina invece è solo Diego, sempre Diego, anche a mezzo servizio comunque Diego.
Il rigore decisivo lo tira lui: aveva sbagliato con la Jugoslavia nei quarti, era stato perfetto dal dischetto contro di noi e anche ieri la palla è andata dove voleva lui. Non era mai successo che una finale mondiale si decidesse ai rigori, per di più con un rigore dato e poi tolto con la moviola nel corso della partita; non era mai successo che una nazionale vincesse il titolo passando quarto, semifinale e finale dal dischetto. Non era mai successo, ma da oggi provate a chiedere a Maradona e ve lo spiegherà lui”.

“Io non perdo una finale del torneo dal lontano, ahimè, 1954: posso dire senza sentirmi né severo né tanto meno sadico di non avere mai assistito a uno strazio paragonabile a quello offerto da Germania-Argentina”. (Gianni Brera)

Mondiali 2006, andiamo a Berlino

Zinedine Zidane viene espulso nella finale Italia-Francia per aver tirato una testata a Materazzi dopo uno scambio di opinioni pare abbastanza colorito tra i due. L’episodio sfugge all’arbitro Elizondo che viene però avvertito dal quarto uomo che ha visto un replay su uno schermo a bordo campo.

Un momento: questa è successa davvero…