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Appunti Sparsi: Gennaio

Il mese di gennaio è quello in cui si fanno gli auguri ai propri amici.
Gli altri mesi sono quelli in cui gli auguri non si realizzano.
(Georg Lichtenberg)

Appunti Sparsi è mensile nel 2018. E aprirà sempre con una frasetta carina, tratta da dovunque ma non dal documentario di Sky su Ibra, nel quale si parla delle origini di Ibra, uno che dice cose tipo “Sarò il Dio di Manchester”. Passare da un fisico tedesco del Settecento ad un centravanti svedese è un attimo; l’arroganza di Ibra non consente di trovare un altro appiglio per pubblicare la foto di cui sotto, quindi eccola e stop, bentornati in Appunti Sparsi.

Chelsea-Arsenal I

La sfida dell’Emirates è il primo di nove impegni faticosi nel gennaio del Chelsea. Wenger è pieno di assenti e, siccome le battute sul sodalizio Arsenal-4° posto non facevano più ridere, ha deciso di stagnarsi in sesta piazza. A dispetto delle previsioni pre-partita, Davide Zappacosta non è titolare sulla fascia destra, ma è un’arma fondamentale nella ripresa (Conte è messo così male). L’allenatore pugliese non è convinto che il centrocampo possa reggere due trequartisti dietro Morata (un dubbio frequente), così dietro l’ex Juve c’è solo Hazard. Wenger invece estremizza: Wilshere e non Elneny in mezzo, Özil, Sánchez e Lacazette tutti insieme davanti. Sulla sinistra corre la scoperta felice dell’allenatore alsaziano, Ainsley Maitland-Niles. Ma nessuno vuole sorbirsi un’analisi tattica di una partita vecchia un mese, giusto? Passiamo alle cose formali.

La personale interpretazione della difesa della profondità di Calum Chambers e la freddezza sottoporta di Álvaro Morata, 0 gol e un’espulsione a gennaio.

Diversi dettagli di questa azione sono notevoli: 1) Petr Čech che decide di non uscire. Dopo 11 felici stagioni al Chelsea, decidi di rimanere tra i pali scommettendo sull’incapacità del velociraptor che ti viene incontro. Non a caso il portiere col #33 si rialza subito, come a voler dimostrare a tutti la bontà del conservatorismo della propria scelta. 2) Quanto è disperato e poco convinto il braccio alzato di Calum Chambers. 3) Quanti pugni vorrebbe dare Mustafi a Chambers. 4) Morata, fregato dal primo tocco di palla, che lo porta mezzo metro troppo vicino a Čech. A quel punto il prodotto delle giovanili di tre diverse squadre di Madrid deve cercare l’angolino. Non è freddo e non vede che Čech è una decina di metri fuori dalla linea di porta e scavalcabile.

Una paratona di Courtois su Alexis e un po’ di fortuna tengono il risultato sullo 0-0: la palla sbatte sul palo interno alla destra del portiere belga, percorre tutta la linea, colpisce l’altro legno ed esce. Courtois nel 99% dei casi avrebbe spinto il pallone in rete con la schiena o col cervelletto, invece se la ritrova in mano. Se è una metafora dei petroldollari russi contro #IlBelCalcio di Wenger non lo vogliamo sapere.

Fàbregas, 303 partite per 57 gol coi Gunners, peraltro ammonito dopo un brutto fallo su Wilshere, ha meno autonomia di Borja Valero e viene sostituito da Danny Drinkwater, il campione d’Inghilterra con Kanté e il Leicester che sta giocando meno di André Silva al Milan. Non prima, però, di avere sul destro una grande occasione. Hazard attraversa il campo in orizzontale, la lentezza di piedi di Chambers costringe Holding e Mustafi ad immolarsi in disperato ritardo. L’ala ex Lille ha altri piani: con la suola lascia lì un cioccolatino che Fàbregas deve solo mettere alle spalle di Čech. Vuole calciare col piatto destro per metterla all’incrocio, ma spedisce altissimo.

Da guardare e riguardare la pulizia tecnica di Maitland-Niles. Moses lo affronta malissimo e per un soffio cross del classe ’97 non serve l’assist decisivo ad Alexis, in questa che si rivelerà l’ultima partita con la maglia dell’Arsenal. Il Chelsea non ha neanche per sbaglio la compattezza dei giorni migliori. Özil è in serata-sì e l’Arsenal va avanti con Wilshere. Bellerín stende Hazard in area: lo stesso belga pareggia dal dischetto. Fatto il suo ingresso in campo, in una partita con almeno una ventina di palle-gol nitide, Davide Zappacosta brucia un indolente Maitland-Niles sulla destra e mette un pallone forte e teso rasoterra, verso il centro dell’area. Mustafi non si accorge di Marcos Alonso, che ha tagliato dalla sinistra come un treno, e non può fare altro che raccogliere il pallone in fondo al sacco. L’Arsenal ristabilisce l’equilibrio con una bomba di Bellerín, che calcia di controbalzo un pallone ribattuto dalla difesa. Ma non è ancora finita.

L’ennesimo buco della difesa dell’Arsenal (non è divertente vedere lenti difensori in maglia rossa correre senza speranza verso la propria porta?) permette un secondo tu-per-tu con Čech a Morata. Niente da fare. Ma arriva di gran carriera Zappacosta, si coordina in modo stranissimo ma la colpisce molto violentemente. Una reazione sulle altre dopo la traversa: Čech che osserva il pallone in aria come fosse un razzo destinato a fare ritorno tra un secolo.

Se fosse questa, la metafora dei petroldollari russi contro #IlBelCalcio di Wenger?

Gli acquisti più matti del mercato invernale

-Per la 57esima volta nella sua lunga carriera, André Ayew è passato dal West Ham allo Swansea. O viceversa.

-Il Southampton non vince da 12 partite in Premier, quindi ha pensato bene di spendere 22 milioni per la (ex) riserva argentina del Tigre Falcao al Monaco: Guido Carrillo.

-I soldi con cui i monegaschi hanno soffiato alla Serie A Pietro Pellegri. Bene.

-Con una mossa molto Dortmund, il Dortmund ha preso il centrale Manuel Obafemi Akanji dal Basilea per 21,5 milioni.

-Alla soglia dei 30 anni, Lucas Pratto vale ancora (?) 10 milioni: tanto ha sborsato il River Plate per strappare l’ex Boca e Genoa al São Paulo.

-Carlos Vela ha mollato tutto per andare a swaggare a Los Angeles.

-Un idolo di questa rubrica, Cédric Bakambu, se n’è andato in Cina 🙁

-Un attaccante esterno ben strutturato fisicamente ma che fa della velocità la sua arma principale, dicono qui, per l’Hellas Verona: giamaicano classe ’95, Rolando Aarons in prestito dal Newcastle è una presa molto esotica.

-Chissà cosa è lecito e cosa non è lecito aspettarsi dal centravanti moldavo classe ’99 che il Torino ha prelevato dallo Sheriff Tiraspol, Vitalie Damascan.

-Un altro feticcio di questa rubrica, Junior Kabananga, dall’Astana è passato all’Al-Nassr, mentre il Besiktas ha firmato Cyle Larin, che fino a ieri segnava valanghe di gol in MLS.

-Nigel de Jong, quel Nigel de Jong, al Mainz!

-Sneijder in Qatar, Acheampong e Mascherano in Cina, Florentin Pogba in Turchia, Robinho in Turchia, Vágner Love (cambia maglia) in Turchia, tutti in Turchia (tranne Ménez, che come Honda e Gignac e Iturbe ha scelto il Messico).

-Il Crotone ha ceduto in prestito al Formentera (C spagnola) il centrocampista offensivo Andrej Kotnik, che il Crotone prese in prestito dal Gorica, la squadra della sua città natale. Lascereste mai la patria per Crotone? E per Formentera?

-Una brutta notizia. Bacary Sagna, alla fine, non è andato al Benevento.

-Charalambos “Babis” Lykogiannis, il nuovo terzino sinistro del Cagliari. É greco e quei burloni dei greci lo chiamano Lykos, che significa lupo. Stipendio annuo da 1,4 milioni per la riserva di Simone Padoin e Paolo Pancrazio Faragò.

-Una bella notizia. Bacary Sagna è svincolato e può ancora scegliere in Sannio.

-Il Genoa ha ceduto Hiljemark al Panathinaikos. O il Panathinaikos ha ceduto Hiljemark al Genoa? Non si è capito. Di Oscar ci resterà sempre nel cuore quella doppietta a San Siro.

-Per la gioia di tanti giocatori di Fifa, Emmanuel Emenike è finito al Las Palmas.

-Visto chi pure si è svincolato? Gabriel Paletta!

Chelsea-Arsenal II

Questa è l’unica delle tre partite mensili tra Arsenal e Chelsea ad essere finita a reti inviolate. Prevedibile in una partita con Welbeck e Iwobi titolari, vero? (L’Arsenal ha prodotto solo 0,62 xG). É quindi saggio prendersi questo spazio per parlare dei cambiamenti che hanno interessato Arsenal e Chelsea in questo lasso di tempo. In un mese succedono un sacco di cose, soprattutto se non ti chiami ChievoVerona:

-Conte non è più incazzato nero con Wenger dopo il rigore negato al Chelsea in campionato, ora Conte è solo incazzato con Mourinho. [I due sono anche nella copertina ♥ di Sarita]

-L’Arsenal ha premuto il grilletto: Pierre-Emerick Aubameyang è il giocatore più costoso nella storia del club, anche se la coesistenza con Lacazette è ancora tutta da verificare.

-Debuchy all’Arsenal non è riuscito ad imporsi, ed è tornato a zero al Saint-Étienne.

-Una colpa che dobbiamo dare ad entrambe le squadre (e un po’ pure al Borussia) è quella di non essere state in grado di includere nella stessa rosa, anche fosse per sei mesi, Aubameyang e Batshuayi, due dei migliori profili social da seguire al mondo.

-Henrikh Mkhitaryan è arrivato in cambio di Alexis e con Aubameyang è subito Dortmund 2013-2014.

-Sono serviti 18 milioni all’anno ai Gunners per rinnovare il contratto di Özil, che però ha precisato di aver scelto col cuore.

-Le cessioni, nel mercato invernale, di Coquelin, Walcott e Giroud hanno quasi ripagato Aubameyang. Trader Arséne sa il fatto suo.

-L’Arsenal ha recentemente perso in Premier contro Swansea (che da quando ha cambiato allenatore ha battuto Gunners e Liverpool) e Bournemouth. La rivoluzione invernale muoverà l’Arsenal – a -6 dal Tottenham, a +7 sul Burnley – dal 6° posto?

Reunion

-Al Chelsea non è che stia andando tanto meglio. Nell’ultima di Premier i Blues sono crollati in casa 3-0 col Bournemouth, Christiansen si è fatto male, David Luiz è quasi rientrato dall’infortunio (prima al ginocchio, rimediato in Champions contro il Qarabag, poi alla caviglia) ma non è chiaro in quali rapporti sia con Conte.

-La rosa del Chelsea è talmente corta che l’unica mossa che Conte ha potuto esplorare sotto 0-2 contro Eddie Howe è stata il classe 2000 Callum Hudson-Odoi, all’esordio in Premier.

-Morata e Fàbregas non sono al meglio. Al posto del centrocampista spagnolo ha giocato (malissimo) Bakayoko, davanti ha fatto il suo debutto in campionato Ross Barkley.

-Se è vero che Abramovich ha speso oltre una ventina di milioni per portare a Londra anche Emerson Palmieri e vestire di blu Giroud, tutti e tre questi nuovi acquisti sono pezzi di ricambio da inserire in fretta, dei quali Conte forse non si fiderà (vedi le tristi storie di Drinkwater o Bakayoko).

-Tra fine febbraio e inizio marzo, il Chelsea è atteso da un tour-de-force notevole: la partita di Coppa col Barcellona sarà infatti seguita da due trasferte filate a Manchester per United e City. Sarà quello il momento decisivo della stagione dei Blues. Vietato arrivarci impreparati.

-Anzi, a gennaio sono stati ceduti schiere di giocatori in prestito: Charly Musonda al Celtic, Batshuayi al Dortmund, Kenedy al Newcastle, Nathan al Belenenses. Un’armata di giovani in giro per il mondo.

-Rahman Baba al Chelsea è piaciuto così tanto che lo hanno ceduto nuovamente in prestito allo Schalke 04, ma per 18 mesi, così torna a Londra più tardi possibile. (Bonus: Rahman Baba è anche – forse soprattutto – un importante poeta pashtun del Seicento).

Il gennaio di André-Pierre Gignac

In Messico, lo sapete, funziona in modo strano. C’è un torneo Apertura e uno Clausura. Al termine del ‘girone d’andata’ che è l’Apertura, le prime 8 (la Liga MX messicana conta 18 squadre) si sfidano andata-e-ritorno per il titolo. Le due migliori squadre della stagione regolare, Monterrey e Tigres, hanno spazzato via rispettivamente le rivali e si sono incontrate in finale. Ha vinto, in trasferta, al termine di una partita carica di tensione e talento diffuso, il Tigres, nonostante l’ex Parma Pabòn abbia incanalato la partita su binari diversi dopo un centinaio di secondi.

Il campionato di Clausura è solo alla quarta giornata, ma Gignac ha già segnato due gol decisivi. Per battere il Santos all’88’ (bruttissimo, con la porta vuota quasi inciampando su se stesso goffamente. Con l’aiuto del palo) e per zittire il Pachuca di Honda al 90′.

Un gol molto Robespierre, ma non è che bisogna trovare metafore per tutto. Per il povero #2 biancoverde sulla linea di porta chi trova paragoni?

Ma dopo che ha postato questa foto con la figlia-unicorno e tanti palloncini-unicorno attorno e lui che porta il cappellino tamarro, e dopo che ha mostrato al mondo di possedere una bandiera francese col suo faccione nel mezzo, è diventato un must-follow tra Instagram e Twitter.

-Si comincia con gli auguri di Feliz año: è in una stanza strana, col pavimento sporco e la confusione di un ripostiglio sullo sfondo. Fosse al diciottesimo di un suo piccolo amico non ci sarebbe da stupirsi. Davanti ad un enorme gonfiabile, tiene in mano un quadretto da festa, quelli che ti incorniciano il volto e le spalle per una foto-ricordo di cui puoi vantarti a marzo. Risvoltino aggressivo e mocassini senza calze completano un capodanno da qualche parte, a San Pedro Garca García.

-Gli auguri ufficiali un giorno dopo, nei quali si augura un settimo trofeo con il Tigres. In tre anni in Messico ha vinto parecchio.

-Una pubblicità che lo fa apparire un orsetto gommoso che suda.

-Pare che un passatempo congeniale ad omoni alti uno e novanta pesanti quasi cento chili sia la boxe. Qui disloca la mascella di un amico. Vacci piano, André-Pierre.

-Va anche in cyclette per tenersi in forma. Il sellino è fin troppo basso e la musica di sottofondo non sembra scelta da lui.

-Non so quale effetto abbia voluto ricreare mettendo il telefono per terra e sgobbando di notte su uno stradello in leggera salita con l’aiuto di un coach. Difficile a dirsi.

-I piedi nudi di Gignac mentre guarda il connazionale Jeremy Ménez fare il suo ingresso in campo per il Club América. (Stadi che Ménez ha chiamato casa (o forse no perché è uno stronzo): San Siro, il Louis II del Principato, Azteca, la nuovissima Antalya Arena, l’Olimpico, il Parco dei Principi).

-Gignac tiene un sacco alla sua ex squadra, il Marsiglia, tanto da mandare alla squadra di Rudi Garcia gli auguri prima della sfida d’alta quota col Monaco. Forse fare il portafortuna è un modo che Gignac ha trovato per rimanere nei cuori delle persone.

Chelsea-Arsenal III

24 gennaio 2018. Semifinale di ritorno della Carabao Cup. L’andata, lo 0-0 di cui sopra a Stamford Bridge, lascia aperto ogni scenario. Mentre il City fatica più del previsto a sbarazzarsi del Bristol, Chelsea ed Arsenal si sfidano per la quinta volta in stagione, dopo le due di gennaio e l’andata in Premier (0-0) e il Community Shield (vinto ai rigori dai Gunners).

Visti i trascorsi, Calum Chambers parte dalla panchina e Wenger torna alla difesa a 4: in mezzo Mustafi e un rientrante Koscielny, Bellerín a destra e Monreal a sinistra completano il reparto. Senza Cazorla e Ramsey, in mezzo giocano Xhaka, Elneny e Wilshere. Come spesso accade col 4-3-3, sulla sinistra c’è il più duttile Iwobi. Giocano i portieri di Coppa per entrambi gli schieramenti: Ospina e Caballero. Conte ripropone il classico 3-4-2-1 con Pedro e Willian a supporto di Hazard, al posto di un Morata in dubbio anche per la prossima sfida dei Blues, a Vicarage Road contro il Watford.

I primi minuti dell’Arsenal sono imbarazzanti. Il Chelsea entra dove vuole e dopo 10′ ha già due occasioni nitide. Una è convertita: Pedro e Hazard passano in mezzo ai centrali come lama nel burro. L’atteggiamento di Koscielny è particolarmente sbagliato: non sa se uscire su Pedro o correre con Hazard, l’uomo alle sue spalle, verso la propria porta. Nel dubbio fissa la palla senza aver una minima idea di dove sia il belga, e quando Pedro lo serve sulla corsa il centrale francese è totalmente spaesato. Mustafi va la metà di Hazard e Ospina non riesce nel miracolo.

Nemmeno il Chelsea, tuttavia, è irreprensibile dietro. Nella prima occasione per i padroni di casa, Bakayoko è spaventato dal fatto che Kanté sia stato saltato e sbilancia l’assetto del Chelsea sulla destra: cinque blu marcano 3 rossi. Pedro non ha l’istinto di seguire il taglio centrale di Wilshere e lo stesso Christensen è orientato male: un centrale, specialmente il perno della difesa a 3, deve sempre avere occhi dappertutto per chiudere un qualsivoglia buco. Si fosse il centrale danese accorto un attimo prima di Wilshere, avrebbe intercettato il passaggio orizzontale con estrema facilità.

Nel calcio del 2018, se sei un terzino sul secondo palo e ti arriva una palla morta e hai le spalle al campo, non ti devi fare troppi problemi: si appoggia in corner. Perdere palla in quelle zone sarebbe sì un suicidio, ma una mente lucida e un urlo del portiere dovrebbero bastare a non regalare calci d’angolo agli avversari. Perché può capitare, poi, che da questi calci d’angolo nascano occasioni da gol. É ciò che accade al 12′: Moses non si fida e mette in angolo. Dalla bandierina Özil non calcia neanche troppo bene, tanto che Monreal è costretto ad incocciare oltre il dischetto del rigore. Una sciagurata deviazione di Rüdiger, però, beffa Caballero: 1-1.

La più bella azione della partita al 19′: Pedro, Hazard e Willian sono troppo leggeri per reggere un attacco in pianta stabile, ma riescono a dare una splendida dimensione associativa all’attacco della trequarti avversaria. Giocare contro l’Arsenal certo aiuta, ma il velo di Hazard che libera al tiro (malamente strozzato) Willian è davvero d’alta scuola. L’azione palesa un’assurda e incomprensibile svogliatezza dei difensori dell’Arsenal ad accorciare verso l’uomo: il controllo degli spazi è ok, ma che fai se l’uomo non ce l’hai?

Sembra il momento giusto per farvi sapere che questa candida entrata di Jack Wilshere è stata sanzionata con un cartellino giallo e non con una notte al fresco:

Barkley si è poi vendicato su Koscielny, tutto ok.

Una bella occasione per l’Arsenal con Wilshere che spezza le linee e Özil che si fa etereo. Deviazione provvidenziale di Christensen, ma ancora una volta il centrale (stavolta Rüdiger del Chelsea) non si rende conto che il pericolo non può venire dal portatore di palla, ma dall’uomo che si è perso alle spalle.

Di nuovo la difesa dell’Arsenal si fa trovare impreparata e posizionata tra il malissimo e l’ignobilmente: se a spezzarti le reni è un filtrante di 30 metri di Bakayoko, davvero qualcosa non va. Fortunatamente Hazard inciampa su se stesso prima di battere a rete.

Il gol decisivo è totalmente fortunoso (entrambi i gol dell’Arsenal sono figli di una predilezione spudorata della Dea Bendata, che forse sta invertendo una certa narrativa): Lacazette è in area ma braccato da Christensen e Rüdiger. L’ex Lione cerca un retro-passaggio innocuo verso Iwobi, ma il difensore tedesco devia verso il centro dell’area, dove sbuca Xhaka. Lo svizzero allunga la punta del mancino e trova la deviazione vincente.

Il 25 febbraio, a Wembley, il City potrebbe vincere la Coppa di Lega per la terza volta in cinque anni, mentre i Gunners tornano in finale dopo sette anni, da quello sciagurato paperone Koscielny-Szczęsny punito da Obafemi Martins. L’ultima volta che l’Arsenal ha alzato questo trofeo, Wenger non era sulla panchina, la fascia era sul braccio di Tony Adams e tra i pali volava David Seaman.