Ivan Rakitic è molto più che un lusso - Zona Cesarini
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Ivan Rakitic è molto più che un lusso

Dopo la vittoria contro l’Atlético Madrid, che consegna virtualmente la Liga al Barcellona salvo crolli emotivi non preventivabili, Valverde ha speso parole al miele per Ivan Rakitic definendolo un lusso.

Durante il match Iniesta ha dovuto abbandonare il terreno di gioco dopo una trentina di minuti, schiavo di fasce muscolari usurate dal tempo e non più in grado di stare al passo con l’IQ calcistico di uno dei giocatori più geniali del XXI secolo. Da lì in poi Rakitic ha dovuto sobbarcarsi ulteriori responsabilità creative, alternando lungo e corto, facilitando la trasmissione del Barcellona, agendo tra le linee per creare superiorità.

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La pass map di Rakitic contro l’Atletico.

Una serie di compiti che Valverde sta via via aumentando proprio perché Iniesta è ormai un gioiello fragile, da spendere con il contagocce quando il momento richiede un giocatore che trascende le regole che valgono per gli altri.

Rakitic è un calciatore straordinario, su questo in pochi hanno mai avuto da ridire. Eppure negli ultimi anni c’era l’impressione che il suo valore si stesse appiattendo verso il basso, come se le sue qualità venissero mascherate da un Busquets sempre più padrone del centrocampo blaugrana, da un Jordi Alba capace di sobbarcarsi brillantemente compiti di regia e di finalizzazione, persino da un Sergi Roberto favolosamente a suo agio nelle due fasi. Era come se il croato fosse considerato un qualcosa del quale si poteva fare tranquillamente a meno: un lusso, appunto.

In realtà le parole di Valverde erano in buona fede, ma ad oggi Rakitic è molto più che un lusso; è un centrocampista di valore assoluto, del quale il tecnico non riesce a fare a meno e per il quale si fa veramente fatica a trovare dei difetti evidenti. I numeri parlano chiaro: in stagione ha saltato appena due partite, in campionato ha giocato meno minuti dei soli Ter Stegen, Messi e Suarez. Con Iniesta a mezzo servizio e Mascherano ancora out, è la fonte di gioco senza la quale la macchina di Valverde si incepperebbe.

Definirlo un lusso è limitante: Rakitic sta imprimendo il suo ritmo al Barcellona, contro l’Atlético è stato il leader per passaggi dimostrando un pattern di soluzioni degno della migliore scuola blaugrana. In un calcio sempre più restìo ad appiccicare etichette, Rakitic è il giocatore totale di cui un centrocampo ha bisogno, la chiave per orchestrare una melodia perfetta che poi magari non suonerà da solo, ma che senza di lui faticherebbe ad arrivare a certi livelli di armonia.

Imparare, adattarsi, reinventarsi

Se saremo particolarmente fortunati vedremo, durante le nostre vite, un altro paio di giocatori con un fisico da postino che appena cominciano a toccare il pallone esulano dal concetto di calcio per approcciare a quello di bellezza, intesa come raffinatezza, sinuosità, sensualità. Andrés Iniesta è tutto ciò che c’è di sensuale nel calcio; amare un gioco nel quale risaltano giocatori che vedono e compiono cose proibite ai colleghi vuol dire amare il modo in cui Don Andrés interpreta questo gioco.

Tuttavia l’incedere del tempo costringerà, più prima che poi, il favoloso numero 8 del Barça ad appendere gli scarpini al chiodo e a quel punto bisognerà andare a sostituirlo. Il Barcellona sarà fortunato se un’altra volta nel corso della sua storia troverà un calciatore paragonabile a Iniesta, quindi probabilmente il termine più corretto non è tanto “sostituzione” quanto “adattamento”. Iniesta non ci sarà più e occorrerà trovare una soluzione che non preveda eccessivi esborsi finalizzati a comprare, uno dopo l’altro, epigoni di un fuoriclasse irreplicabile.

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Passiamo il testimone Andrés?

Rakitic è una soluzione. Gioca al Barcellona da quattro anni, è arrivato in Spagna nel 2011, ormai La Liga non ha più segreti per il croato. Durante la sua esperienza in terra iberica ha dimostrato di saper fare con discreti risultati tutti i ruoli del centrocampo, tuttavia da esterno viene sacrificata molto la sua capacità di plasmare il gioco e facilitare la manovra, allo stesso modo in un centrocampo a tre la fase di possesso non è un problema, ma quando sono gli altri ad avere il pallone è costretto a coprire una porzione di campo troppo ampia (specialmente con i terzini del Barcellona, molto propensi ad associarsi in zone avanzate) il che non sempre gli riesce bene.

Insomma, la sua dimensione ideale è quella di un giocatore chiamato a sostenere una difesa posizionale non troppo dispendiosa in termini di spazio da coprire, con la possibilità di far ripartire l’azione una volta recuperata la sfera. Il centrocampo disegnato da Valverde risponde perfettamente a queste esigenze, poiché Rakitic agisce con la copertura di Busquets (ovvero con la copertura di una piovra), raramente è costretto a difendere rincorrendo e la sua lucidità nel giocare il pallone non viene quasi mai intaccata durante una partita.

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Tipo per mandare via questi laser pass.

Le due azioni difensive di media denotano un giocatore che non predilige lunghe fasi di non possesso ma che, se la situazione lo richiede, riesce anche a fare da filtro con l’aiuto dei compagni. Nemmeno Don Andrés brilla per le sue skills difensive, ma il Barcellona difende in un modo molto peculiare: non difendendo. È una provocazione? In parte.

I blaugrana hanno il miglior dato della Liga per possesso palla (60,6%) chiudendo i loro passaggi con l’87,1% di precisione. Questi dati, collegati ad un ritmo alto ma molto lontano dalle corazzate di Premier (il Barça è secondo per tiri in area di rigore ma appena settimo per conclusioni da fuori a testimonianza che i tiri vengono presi soltanto ad alta percentuale), permettono agli uomini di Valverde di limitare in maniera percepibile le situazioni di conflitto all’interno della partita.

Il Barcellona effettua 16,9 tackle a partita, due in meno del Real Madrid e 8 in meno dell’Atlético che guida questa classifica, colleziona 11,3 intercetti a partita facendo meglio delle sole due squadre di Siviglia, commette 10,4 falli risultando la squadra meno fallosa nella prima divisione spagnola.

Dati che fanno riflettere; si tratta comunque di voci statistiche basse per tutte quelle squadre che di solito impongono il loro ritmo alle altre, infatti questi dati sono ancora più bassi nel Napoli ma leggermente più alti nella Juventus. Alla squadra di Sarri viene spesso imputata una gestione della partita non sempre eccezionale, mentre Allegri è considerato un maestro nel lasciare che gli altri piazzino le tende nella metà campo bianconera lasciandogli solo l’illusione di poter impensierire Buffon (o Szczesny). Il Barcellona ha trovato la sua formula perfetta che richiede una quadra difensiva nella quale ad alcuni giocatori non viene mai richiesto un sovra sforzo. Rakitic è uno di questi e la situazione di classifica del Barcellona (+8 sull’Atlético secondo) dimostra che ad oggi la tecnica funziona, e il croato può sprigionare tutta la sua classe quando sono i catalani ad avere il pallone.

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Questa è una giocata di un’intelligenza superiore: non opta per lo scarico a sinistra (che pure avrebbe una sua logica) perché intravede una chance migliore tra le maglie avversarie.

La stagione attuale è l’ennesima dimostrazione di un giocatore capace di adattarsi a qualsiasi contesto e in grado di esaltare le qualità di squadra con la sua presenza. L’arrivo di Paulinho, accolto tra lo scetticismo e rivelatosi un tassello importantissimo, ha conferito alla squadra di Valverde una dimensione verticale meno marcata rispetto a quella imposta da Luis Enrique, ma necessaria quando in rosa la maggior parte dei giocatori è più attenta a conservare il possesso che non a finalizzarlo (almeno dalla cintola in giù).

L’ex tecnico dell’Athletic ha quindi messo insieme dei concetti di juego de posicion, in cui Busquets e Rakitic devono stare sempre in movimento, giocare di sponda ogni qual volta sia possibile, “ripulire” continuamente il possesso, con dei concetti più incentrati sulla verticalità in cui le zone laterali del campo servono a dare ampiezza alla manovra ma non sono settori in cui sviluppare trame di gioco. Il Barcellona effettua 11 cross a partita (meno di tutti in Liga); il Manchester City, espressione più esegetica del gioco di posizione, tocca quota 18. L’idea del Barcellona è quella di convogliare la sua potenza di fuoco nelle zone nevralgiche del campo, e da questo punto di vista il contributo di Rakitic è fondamentale.

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Questo esattamente cos’è? E come diavolo fa a finire sul sinistro di Suarez?

Nel segno di Don Andrés

Il croato gioca 69,6 passaggi a partita (solo Busquets vede di più il pallone), di cui 4,1 sono lanci più o meno lunghi, con una precisione del 90,5%. Praticamente una macchina che sa perfettamente la sua posizione e la posizione dei compagni intorno a lui. Questo è uno dei fattori più difficili da inquadrare all’interno della carriera di Rakitic, ma la sua visione di gioco è di primissimo livello.

Il dato statistico restituisce un giocatore non propriamente sopra le righe in quanto a rifinitura: 4 assist e 20 key passes stagionali non sono male, ma siamo lontani dai numeri dei grandi interpreti di questo ruolo. Eppure il calcio di Rakitic è molto ragionato, capace di variazioni in base alla situazione, perfettamente in linea con il ritmo richiestogli da Valverde.

Forse si può azzardare che la sua verve nell’ultimo passaggio non sia delle più accentuate, ma d’altronde parliamo di una squadra che annovera il più grande catalizzatore di gioco del XXI secolo; quando hai Messi, l’obiettivo diventa fargli arrivare il pallone e muoversi di conseguenza. Lo stesso Rakitic in un’intervista al Guardian di tre anni fa raccontava di come per lui Messi fosse il giocatore più forte della storia e che l’obiettivo dei compagni era rendergli il più possibile semplice vincere le partite.

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Quello che fa Leo nello stretto non ha senso, ma sarà mica una palla banale questa?

Iniesta nel 2012/13 ha chiuso la stagione con 16 assist in campionato, poi non è più andato in doppia cifra. Non è calata la sua incredibile visione di gioco: semplicemente il contesto lo ha obbligato a ri-orientare le sue geometrie ispirate in altre zone di campo. La centralità di Rakitic è palese, qualsiasi situazione più o meno pericolosa del Barcellona passa da lui.

Ancora di più quest’anno, gli spazi d’azione del croato sono più dilatati: il collegamento tra i reparti è storicamente (almeno nell’ultimo quinquennio) garantito dalla coppia Iniesta-Messi, ma l’Illusionista si è reso conto che per essere il più possibile efficace deve limitare la sua zona d’azione. L’abilità in conduzione di Rakitic permette di ovviare a questa limitazione, il croato tocca la palla a ripetizione, è difficile vedergli perdere il contatto con la sfera e spesso con un dribbling crea già quella spaccatura sul pressing avversario che poi, con i perfetti automatismi del Barça, diventa quasi impossibile da colmare.

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Questa è una cosa molto Iniesta. Attirare l’audience verso di sé consapevole del fatto che il gol verrà segnato altrove.

Rakitic tenta appena un dribbling a partita, eppure gestirlo nell’1vs1 non è cosa facile proprio per questa sua tendenza a tenere il pallone incollato tra i piedi, leggere il gioco intorno a lui e avere una proprietà di calcio raffinatissima. In questo è meno barocco di Iniesta ma, come già ampiamente ripetuto, l’obiettivo non è andare a sostituire un giocatore insostituibile bensì creare i presupposti affinché la transizione non comporti gravi mancanze ai catalani.

Ivan Rakitic è un croato nato in Svizzera, è stato il primo capitano straniero del Siviglia dai tempi di Maradona; il suo carisma, la sua etica del lavoro, lo hanno reso a trent’anni uno dei migliori centrocampisti al mondo. Dimenticarsene sarebbe un delitto.