Seconda giornata: un Mondiale senza padroni? - Zona Cesarini

Seconda giornata: un Mondiale senza padroni?

Come ogni chiusura di giornata, arriva l’appuntamento con il resoconto della redazione di Zona Cesarini che, saltando pranzi, ferie al mare e vita sociale, si sobbarca pure Uruguay-Arabia Saudita per farvi un po’ più contenti. E soprattutto per mantenere vivo l’indiscusso protagonista di questi pazzi Mondiali: lo psicodrammometro™.

Gruppo A

Russia – Egitto 3-1

Leonardo Capanni

La notizia più sorprendente del Mondiale, dopo la chiusura anticipata del carrozzone trash di Balalaika di Canale5, è senza dubbio la Russia prima, a punteggio pieno, con 8 gol fatti e 1 subito, dopo due partite. La squadra di Cherchesov rischia di diventare come il nerd con gli occhiali bullizzato alle scuole medie a colpi di mutandate che poi un giorno si laurea brillantemente e diviene preside dello stesso istituto. Gli avversari affrontati, Arabia Saudita ed Egitto, non possono rendere la vera consistenza della selezione russa ma, viste le premesse quasi apocalittiche da cui partiva la Nazionale del paese ospitante, siamo già arrivati ad un plot-twist mica da ridere: qualificazione agli ottavi in tasca, entusiasmo acceso nel paese e giocatori che si esprimono su buoni livelli dimostrando una compattezza e una chiarezza di compiti all’interno del collettivo pari a poche altre selezioni. Golovin è sempre più leader tecnico, Zhirkov, sempre più affidabile nonostante la carta d’identità, e soprattutto uno Dzyuba formato Luca Toni, che segna un gol impossibile quanto splendido.

Lo dico? Lo dico: il gol più difficile del Mondiale per coefficiente di difficoltà dettato da controllo di un lancio di 60 metri, posizionamento di partenza, spazio a disposizione. Dzyuba sembra un armadio a 4 ante che danza.

Salah non è riuscito ad incidere, evidentemente limitato da condizioni fisiche poco più che accettabili, Cuper ha confermato il suo destino pur non sfigurando con una squadra con poca qualità soprattutto nella linea difensiva. La Russia, ora, va a giocarsi una partita senza troppi pensieri contro la Celeste di Tabarez, che finora sembra faticare più del dovuto ma che, oltre a 6 punti in cascina, ha dato l’impressione di essere il solito cliente scomodissimo negli scontri diretti. Se Cherchesov riuscirà a mantenere un livello di tenuta atletica e del pressing collettivo – la vera arma russa, insieme all’incetta di seconde palle recuperate in ogni partita – come quello che sta mettendo in mostra – e su cui gli americani hanno già gettato ombre e sospetti in una perfetta riproposizione dei due blocchi contrapposti -, nulla è impossibile nel prosieguo di un torneo più equilibrato del previsto. Forse neanche un risultato clamoroso come l’approdo ai quarti di finale.

Uruguay – Arabia Saudita 1-0

Gianluca Lorenzoni

“Chiedete al rospo che cosa sia la bellezza e vi risponderà che è la femmina del rospo” diceva Voltaire. Chiedetelo a Tabarez e probabilmente vi risponderà che non è che un apostrofo celeste tra le parole calcio-d’angolo. L’Uruguay prosegue nella propria personale lotta contro l’estetica anche nel match pomeridiano con la modesta Arabia Saudita, strapazzata all’esordio dalla Russia, in nome di un pragmatismo che al momento sta comunque dando i suoi frutti. Basta un tap-in di Suarez sul solito, immancabile, calcio piazzato per arrivare agli ottavi con un turno d’anticipo, in attesa di giocarsi la leadership del gruppo nello scontro diretto contro i padroni di casa.

Una gara che l’Uruguay ha controllato a modo suo sia prima che dopo il vantaggio del Pistolero, a segno nel terzo mondiale consecutivo, concedendo il controllo del pallone allo sterile possesso saudita (in certi frangenti anche piacevole a vedersi ma ben lontano dall’impensierire minimamente GODin e compagni) e pronta ad affidarsi alle iniziative di Cavani e del cebolla Rodriguez, preferito a De Arrascaeta sulla fascia mancina. La papera di Al-Owais, che con quel nome, se non fosse nato nel paese più restio all’alcool del globo, avrebbe anche potuto dedicarsi alla produzione di birra di frumento non filtrate ad alta fermentazione, probabilmente con risultati più apprezzabili, spiana la strada alla Celeste, lasciando ipotizzare l’ennesima imbarcata per i Figli del Deserto, arrivati a Rostov su un aereo in fiamme.

L’Uruguay ha invece proseguito nel proprio piano gara, l’unico al momento che sembra adattarsi alle caratteristiche dell’11 del Maestro, fatto di baricentro basso, linee compatte e raddoppi, con il solito inesauribile Cavani sempre pronto a ripiegare fino alla propria area. La difficoltà nel risalire il campo e rendere minimamente fluida la manovra, complice un Vecino irriconoscibile e un Bentancur ancora troppo scolastico, è peró un problema al quale Tabarez dovrà ovviare, almeno che non si voglia puntare soltanto sulle palle inattive. Ipotesi da non escludere a priori, comunque. Grazie a questa attitudine quasi stoica alla fase difensiva, Benjamin Button Muslera, che più invecchia più sembra un adolescente, è l’unico portiere ancora imbattuto, insieme a Subasic. Suarez che si sblocca festeggiando le 100 presenze in nazionale potrebbe diventare un problema per chiunque, a cominciare da Spagna o Portogallo, le avversarie più probabili del prossimo turno, Iran permettendo. La sfida contro la squadra di Santos già si configura più chiusa di un caveau svizzero, ma è ancora presto per fare previsioni. Intanto godiamoci questa Celeste, diversamente bella, tremendamente efficace.

Gruppo B

Portogallo – Marocco 1-0

Paolo Stradaioli

Altro tiro, altro giro, altro regalo. La citazione non è mia, lo sport di riferimento non è il calcio, però il concetto resta. Cristiano Ronaldo è in assoluto uno degli sportivi più totalizzanti al mondo; se c’è lui in campo si fa una fatica tremenda a parlare di altro, specialmente se la versione offerta è quella cannibalesca di un uomo capace di piegare la realtà a suo piacimento senza bisogno del guanto di Thanos (Marvel, pensaci).

Un Avenger fatto e finito

In realtà il Marocco è tutt’altro che una brutta squadra, probabilmente è la miglior squadra ad aver collezionato zero punti in queste prime due partite e una delle migliori a non passare il turno. Contro il Portogallo si sono visti fraseggi nel breve alternati a cambi di campo, un gioco principalmente orientato sulle fasce in cui spiccano le doti funamboliche di Amrabat ma soprattutto le letture, abbinate a un calcio raffinatissimo, di Hakim Ziyech, forse finalmente pronto al grande salto in uno dei primi cinque campionati europei (anche se dietro l’angolo c’è il rischio della regola ferrea “ciò che accade al mondiale rimane al mondiale”).

Cambi gioco ne abbiamo?

Poi la luce fa il suo giro e, come scrive Mapelli, torna dal suo prescelto. In questo caso basta una zuccata a inizio partita, fanno 4 in due partite, 96 in tutte le competizioni per nazionali, Puskas non è più il miglior marcatore europeo della storia, altro record che cade, altro giro, altro regalo. Dal gol in poi Fernando Santos specula sull’inefficacia del Marocco di concretizzare la mole di gioco prodotta; la nazionale di Hervé Renard (del quale si parla solo in relazione alla sua bellezza, manco fosse Alain Delon) patisce l’assenza di un centravanti e la vecchia volpe portoghese non deve far altro che amministrare e ripartire (casomai vinci gli Europei). Il Portogallo a un passo dagli ottavi, CR7 continua a rifinire la sua legacy, per tutto il resto torna buono il tweet di Paolo Condò.

Spagna – Iran 1-0

Niccolò Bennati

Se a degli alieni approdati sulla Terra, sulle cui priorità nessuno da Byron Haskin a Denis Villeneuve ci aveva capito nulla perché interessati solamente al pallone, dovessimo spiegare come sono le partite al Mondiale e perché il mondo si fermi per incontri da tre tiri in 90′, mostreremmo uno Spagna-Iran dal fascino ipnotico. Uno scontro tra filosofie, tra modi di intendere il mondo, la vita e quindi il calcio, eppure l’imponderabilità del pallone si riflette nel modo in cui si decide la partita: la Spagna che vince per un gol di stinco che ti aspetteresti semmai dall’Iran, un paio di minuti dopo che questi avevano sfiorato la classica sfangata con l’altrettanto classico gol della madonna.

Di questa partita si parla meglio per episodi, come l’assurdo fallo laterale finale dell’Iran che ha scatenato il marasma dei social, un’allegoria in un certo senso della gara dei persiani. Una capriola che non si è avuto il coraggio di portare fino in fondo, una partita che non si è avuto l’ardire di giocare con un pizzico di arroganza in più: quasi un’ora giocata nella propria area di rigore, con l’intransigenza dei pasdaran e la spazzata immediata in tribuna come unica arma offensiva, poi dopo il gol un Iran arrembante e pericoloso, estroso e gelato solo dal VAR, che ha avuto così modo di rivelare la propria crudeltà anche al Mondiale. Come quattro anni fa contro l’Argentina, l’Iran esce sconfitto tra gli applausi, ma contro Ronaldo servirà un miracolo e forse un po’ di follia.

Il montaggio passa con scioltezza da un salvataggio orrendo fatto con l’utilizzo di tutte le parti meno nobili del corpo umano a un tunnel prezioso su Piqué: è una sorta di controrivoluzione interiore all’ayatollah Khomeini

Gruppo C

Danimarca – Australia 1-1

L.C.

Una partita tendente allo sbadiglio e a “primo: non prenderle” che, però, ha regalato uno dei gol più belli del Mondiale per come è avvenuto, grazie alla combinazione velo-controllo+palleggio e assist+inserimento a rimorchio nello spazio e interno di prima di controbalzo, messa su da Eriksen e Nico Jorgensen. Una perla di rara raffinatezza e armonia.

In un match che ha visto per l’ennesima volta salire progressivamente in cattedra l’organizzazione semplice ma efficace dell’Australia, forse una delle tre peggiori selezioni per livello tecnico di base, ma che, ancora una volta, non abbandona la partita, arrivando ad agguantare un pareggio insperato col solito rigore del solito Jedinak, l’uomo dal look più selvaggio del torneo: un po’ Rasputin e un po’ backpacker pronto ad addentrarsi senza mappa nell’outback australiano. L’ultima giornata ci dirà chi, tra le due, potrà fregiarsi di un approdo agli ottavi di finale. E ci dispiacerebbe molto vedere questo Eriksen fiammeggiante e il suo genio minimalista fuori dal Mondiale.

Francia – Perù 1-0

Niccolò Bennati

Il Perù visto contro la Francia è personalmente una delusione più dolorosa di Madre! di Aronofsky. La squadra divertente e brillante delle qualificazioni è rimasta sulla Cordigliera, in Russia abbiamo visto solo una controfigura scialba che abbandona mestamente il mondiale. E se la gara contro la Danimarca aveva lasciato comunque qualche sensazione positiva, contro la forte nazionale di Deschamps i peruviani oppongono una resistenza troppo morbida. La Francia nel primo tempo riscatta lo scialbo esordio: Kanté e Pogba interni di centrocampo dominano, Griezmann e Mbappé si trasformano grazie ad un Giroud che giganteggia là davanti e rende tutto più facile ai compagni più guizzanti. Nella ripresa però i galletti si accontentano e non affondano quasi mai per consolidare il vantaggio, esponendosi ad un possibile ritorno estemporaneo dei sudamericani, che infatti timbrano l’incrocio dei pali con una bomba dalla distanza. Tutta qui però la reazione del Perù: troppo poco per passare un girone tutto sommato alla portata.

Gruppo D

Argentina-Croazia 0-3

Tutto ma proprio tutto quello che pensavamo sulla partita che ha fatto saltare in aria il nostro psicodrammometro, lo abbiamo scritto qui. E anche qui, con riferimento al miglior centrocampista del Mondiale per distacco.

P.s. Lo psicodrammometro, dopo aver toccato il livello record di +700% al gol di Rebic su leggendaria svirgolata di Caballero, si è momentaneamente guastato e in questa puntata non potrà farci compagnia. Lo ritroveremo al prossimo turno.

Nigeria-Islanda 2-0

Pietro Ronzoni

Da una parte il ghiaccio, la pioggia, il freddo secco e i geyser. Dall’altra il fuoco, il sole, il caldo umido e la savana. Sia culturalmente che calcisticamente parlando, Nigeria ed Islanda sono l’una l’opposto dell’altra, due vagoni che solo un Mondiale di calcio riesce a mettere sullo stesso binario, dando vita ad una sfida tanto strana quanto affascinante. Tra la perdente e il passaggio del turno si frapporrebbe uno Zoncolan, motivo per il quale la paura di perdere blocca entrambe le squadre per tutto il primo tempo. Al 49’ l’ago della bilancia inizia a pendere verso l’Africa grazie ad una ripartenza micidiale della Nigeria finalizzata da un golazo di Musa: aggancio in corsa alla Zambrotta e sassata di controbalzo sotto la traversa.

L’Islanda è solo una lontana parente di quella squadra rocciosa e compatta vista contro l’Argentina; i suoi tentativi offensivi sono poco incisivi, se non nulli. La Nigeria, al contrario, colleziona ripartenze rapide e pericolose, con un Musa particolarmente ispirato che infila il 2-0 al termine di una discesa simile a quelle di Oba Oba Martins su Fifa 06; quelle con R1 premuto, per intenderci.

A 10’ dal termine Sigurdsson spara sulla luna la possibilità di riaprire partita e qualificazione sprecando un rigore assegnato col VAR. Le speranze islandesi sono ridotte al lumicino, mentre le Aquile hanno il destino nelle proprie mani.

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