La vendetta dell'Atletico Madrid - Zona Cesarini
via @Atleti
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La vendetta dell’Atletico Madrid

Per la prima volta nella storia della Supercoppa Europea, si contendono il titolo due squadre della stessa città. E per la prima volta, una squadra vince le prime 3 Supercoppe giocate: l’Atleti torna sul trono dopo il 2010 (2-0 vs Inter, gol di Reyes e Agüero) e il 2012 (1-4 vs Chelsea ft. tripletta di Falcao). Solo 3 giocatori della squadra di 6 anni fa erano in campo a Tallinn: dopo esser stati estromessi dalla Champions ininterrottamente dal 2014 al 2017 dai rivali, i Colchoneros si sono presi una rivincita particolarmente dolce.

Diego Simeone, che come Zidane, Ancelotti, Guardiola e Luis Enrique ha vinto la Supercoppa sia da giocatore (1999) che da allenatore (2012 e 2018), “mentre dibattevamo se il suo calcio fosse bello o brutto o divertente, ha creato uno straordinario modello che rischia di durare nel tempo,” dice Paolo Condò nel pre-partita. Le cause? I ripetuti rifiuti al trasferimento di Griezmann (Barça), Godín (ManU) e Simeone stesso (Inter, altre). L’Atleti, insomma, anche prima di questa partita, si era definitivamente elevato al livello delle più grandi di Spagna e d’Europa. È una partita più importante delle altre anche per questo: chissà che il Cholo non voglia far scendere dal fottuto piedistallo (cit.) il Real Madrid.

Vedi Tallinn e poi giochi

In porta per le Merengues non gioca Thibaut Courtois: problemi burocratici (“non è stato registrato”) con l’UEFA hanno impedito al Real di avere in campo il portierone belga strappato in estate al Chelsea. In 111 partite con l’Atleti, Courtois ha subito 94 gol e tenuto la rete inviolata ben 56 volte. Non a caso l’ex capitano Gabi (in estate trasferitosi in Qatar) nel pre-partita ha speso parole al veleno verso il suo trasferimento ai rivali cittadini.

Nel Real non c’è nemmeno il neo-acquisto Álvaro Odriozola (circa €30M dalla Real Sociedad; nemmeno il suo cavallo sta andando bene): il terzino destro ha un problema all’adduttore. Parte dalla panchina Luka Modric, che ha giocato solo 13′ nel Trofeo Bernabéu contro il Milan: rumors di mercato a parte, non ha i 90′ nelle gambe.

Nessuna defezione, invece, per l’Atleti. Partono titolari i nuovi acquisti Lemar (circa €70M al Monaco) e Rodri, centrocampista passato dalle giovanili dell’Atleti ma finito al Villarreal 19enne. Per riprenderselo, Simeone ha sborsato quasi €25M. Il 4-4-2 al quale ci ha abituato Simeone è ormai un animale multiforme grazie alla capacità di Griezmann (formalmente la seconda punta) e Lemar e Koke (i due esterni di centrocampo) di essere tutto tranne che treni su binari inscrivibili in un sistema fisso. Savic preferito a Giménez al fianco di Godín. Il primo Real di Lopetegui ha invece 4 giocatori prettamente offensivi: Asensio, Isco e Bale si muovono alle spalle di Benzema.

Il paragrafo più importante, finite le quisquilie. Il Lilleküla Stadium (che dopo la sponsorship di una birra locale potete chiamare anche A. Le Coq Arena) di Tallinn, Estonia, un posto dove vanno forte le räim, acciughe nane del Baltico, prosegue la tradizione di stadi random ai quali viene assegnata la Supercoppa Europea: dalla 38ª edizione (2013) in poi, si è deciso di schiodarsi dal Louis II del Principato di Monaco per finire in posti come Tbilisi, Trondheim o Skopje. L’arbitro dell’incontro, il 37enne polacco Szymon Marciniak, dopo aver diretto Germania e Argentina nei gironi dei Mondiali, è alla prima grande finale europea.

Ai microfoni, nella conferenza stampa del giorno prima, Lopetegui non è andato molto oltre le frasi di rito. La prima partita ufficiale sulla panchina del Real Madrid, dopo la turbolenta estate che lo ha estromesso dalla panchina della Roja a Russia 2018, porta con sé un po’ di pressione (“noi obbligati a vincere tutto”). Più carico che mai, Simeone ha invece parlato di “aspettative alte” sui suoi giocatori e, sbilanciandosi sull’avversario, che detto che “vogliono pressarti alto e controllare la partita nella tua metà-campo. Lopetegui aveva quella stessa filosofia come allenatore della Spagna,” prima di chiudere con un molto cholista: “La cosa più importante domani sarà il carattere e la fame di vittoria.”

In medias res

L’ultima finale internazionale persa dal Real è quasi maggiorenne: il 28 novembre 2000, Raúl&co. cedettero il Mondiale per Club al Boca Juniors di Riquelme. Quando si passa così tanto tempo con la cintura dei massimi salda tra le mani, è facile notare il primo gancio che va a segno. L’effigie del campione intaccata con violenza. È esattamente ciò che accade al 1′, quando Diego Costa sorprende un Ramos sonnolento e un Varane molle per calciare forte sopra la testa di Navas da posizione defilata per il gol del vantaggio. La marcatura più veloce nella storia della competizione sarebbe casuale per tutti, non per Diego Costa. Spizza male un lancio lungo di Godín, ma quando si gira vede che la palla è alla sua portata e nessuno fa la diagonale di chiusura. Si lancia come un predatore verso la porta avversaria, il secondo tocco di testa è perfetto, il tiro pure.

Scombussolata dal vantaggio biancorosso, la prima fase della partita è piena di errori. Come al solito, Isco spazia per tutto il campo, fungendo da facilitatore per l’uscita del pallone sul lato forte. Senza una seconda mezzala di possesso nell’undici titolare, Lopetegui chiede ad Asensio e Bale di rimanere vicini e dentro il campo in fase di costruzione. Il gallese, messo al centro del villaggio in pre-stagione da Lopetegui, è il fulcro designato di un attacco che stenta a decollare. La difesa dell’Atleti non si fa certo sorprendere dai cambi di gioco di Kroos (due splendidi nei primi 20′), ma al 17′ si perde nel mezzo spazio di sinistra Isco, che manda al cross Marcelo. Oblak deve fare un miracolo sul tacco di Asensio.

Fare grande densità nella zona centrale del campo è l’imperativo anche dell’Atleti. Pur giocando a piede invertito (mancino sulla destra), Thomas Lemar è un giocatore estremamente sofisticato e intelligente, molto più associativo degli esterni passati su quella fascia (Vitolo, Carrasco, Correa o Gaitán). Con Koke forma una coppia di falsi esterni polivalenti e abili nell’occupare tutta la trequarti. Lo spagnolo ha tentato 94 passaggi (miglior dato nell’Atleti), il francese ne ha totalizzati più del doppio di Griezmann. La fascia sinistra, quando “svuotata” da Asensio, viene occupata da Benzema: solo dialogando coi giocatori più associativi della rosa, Isco e Marcelo, l’ex Lione non è scomparso tra le maglie biancorosse.

Congestionando il centro, accresce l’importanza dei terzini. Marcelo e Carvajal, più di Juanfran e Lucas Hernandez, sono nevralgici nella fisionomia del Real. D’altra parte non è un caso che Lemar si trovasse a meraviglia con Frecciarossa Mendy al Monaco. (via @11tegen)

Solo in un secondo momento gli esterni possono allargarsi e Isco scendere a prendere il pallone dai centrali. È questo l’avvio del gol del pareggio. Bale prende palla a 45 metri dalla porta, ma ha tanto campo di fronte a sé ed è isolato contro Lucas Hernández: se lo mangia e mette un cross che cade con la neve sul secondo palo, quello che ha deciso di attaccare Benzema. Savic se lo perde alle spalle, Oblak calcola male la traiettoria del cross e raccoglie la palla in rete.

Il Real segna nel momento in cui, attorno alla mezz’ora, la fase di recupero-palla funziona meglio. L’Atleti, che difende col solito ordine e un baricentro molto basso, non riesce ad uscire. Saúl e Rodri non riescono più ad andare a pressare in avanti il centrocampo del Real, ma devono preoccuparsi dei movimenti alle loro spalle. In questo lavoro di schermature si è inserito alla grande Rodri: ad un prezzo tutt’altro che assurdo si è accasato al Wanda Metropolitano un classe ’96 dalle caratteristiche peculiari, che Simeone potrà plasmare sulla falsariga di un Busquets più dinamico ma meno celebrale. La coppia con Ñíguez è perfetta: quest’ultimo è un centrocampista completo che predilige la verticalità, ricercata sia palla-al-piede che con ottime doti di passatore (47 di 75 passaggi realizzati in avanti).

Il rigore trasformato da Sergio Ramos al 62′ porta sì avanti il Real, ma segna anche l’inizio della fine. Nonostante l’ingresso di Modric per Asensio, i Galacticos calano fisicamente. Avanti non producono più nulla, dietro soffrono la freschezza di Correa (entrato per Griezmann, non la sua miglior partita) e Vitolo (Rodri). Tanti hanno fatto notare che dopo l’uscita di Casemiro (problema fisico) il Real ha subito il decisivo parziale di 3-0, ma il brasiliano non ha giocato la sua miglior partita e nel sistema organico di Lopetegui potrebbe trovarsi in difficoltà se non riesce a rendersi utile in una qualche maniera quando i suoi hanno il pallone.

Diego Costa ne ha abbastanza

Non che l’Atleti, per la verità, abbia mai messo in mostra una fase offensiva spumeggiante. Al 78′ era ancora sotto di una rete e non sempre le idee erano chiare negli ultimi 30 metri di campo. È un problema cronico dei Colchoneros, forse l’ultimo grande nodo da sciogliere per Simeone. Con Diego Costa, però, il gol può arrivare anche sporco. Il Real perde palla a causa della leziosità di Marcelo, che nella propria trequarti prova a tenere in gioco un pallone difficile tentando un sombrero su Juanfran. Lo stempiato terzino spagnolo ruba palla, trova Correa in mezzo e il piattone sinistro dell’ex Chelsea finisce giusto sotto la traversa.

Per i soli parziali: il far west Costa-Ramos si è concluso con un giallo a testa.

Bale e Benzema escono gradualmente dalla partita, Borja Mayoral e Lucas Vásquez non riescono ad incidere. Protrattasi fino ai supplementari, la Supercoppa Europea è decisa da un fulmine a ciel sereno. Tutto nasce da un contrasto spalla-spalla sull’out di sinistra tra Diego Costa e Varane. Il centrale francese viene spostato di 2 metri dal furore agonistico dell’avversario, che va a prendersi un pallone che poi gestisce male. La pessima scelta, però, è di Sergio Ramos, che in uscita serve Varane spalle al campo. Impreparato e indeciso sul da farsi, il campione del mondo viene aggredito da Thomas Partey, che gliela strappa. Dopo uno scambio con Costa, Partey mette un cross arretrato senza troppe pretese. È qui che il mancino al volo di Saúl Ñíguez squarcia la notte. Coordinazione repentina, caviglia bloccata e bomba sotto la traversa.

Il Real sanguina di fronte allo squalo Diego Costa. Il quarto gol nasce dalla sua capacità di dominare fisicamente Carvajal, puntare nuovamente Varane attirando ben 4 giocatori su di sé (di questi, Ceballos e Vásquez sono colpevoli di essersi fatti attrarre dal pallone, senza la minima cognizione di ciò che stesse accadendo vicino a loro). Vitolo, appena fuori area, ha tutto lo spazio del mondo per aprire verso Koke, che di controbalzo imbuca con un colpo da maestro, chiudendo la partita.

Verso il futuro

È la prima partita di Lopetegui, ma sembra che buona parte di quel disordine creativo zidanesco (di cui Isco era il principale artefice) che permetteva a tutti quei campioni di esprimere in libertà il proprio talento sia andato perduto in uno spartito tattico più definito. Se è questo il modo pensato da Lopetegui per colmare il vuoto lasciato da Cristiano Ronaldo, occorre non essere troppo frettolosi coi giudizi. Il cammino dell’ex selezionatore della Nazionale spagnola parte in salita, ma ha tempo per affinare meccanismi e migliorare la condizione di una rosa colma di giocatori reduci dal Mondiale. Tra poco più di un mese, il Real ospiterà l’Atletico per il primo Derby di campionato: le carte in tavola potrebbero essere ben diverse.

Simeone, dal canto suo, si gode la vittoria. (Pur non avendo visto la partita dalla panchina. È ancora squalificato dopo l’espulsione nella semifinale di Europa League contro l’Arsenal). Nel post-partita ricorda quanto i piccoli dettagli facciano la differenza, si complimenta coi subentrati, sprizza di gioia. Sa che la stagione è lunga e, sebbene questo sia forse l’Atleti con la migliore rosa della sua gestione, nulla ti viene concesso (“è normale soffrire dopo una sconfitta”). L’Atleti, anche quest’anno, giocherà per prendersi tutto. Forse, anche in seguito a questa esaltante vittoria in rimonta, con una consapevolezza diversa.