Virgil van Dijk è diventato un muro - Zona Cesarini

Virgil van Dijk è diventato un muro

In Italia sono ancora pochi gli appassionati che conoscono approfonditamente Virgil van Dijk, o almeno non lo conoscevano così bene quando, a Gennaio dello scorso anno, i 75 milioni di sterline spesi dal Liverpool lo hanno reso il “difensore più costoso di sempre”. Nove mesi dopo, sembrano quasi pochi, visto che stiamo parlando probabilmente di uno dei cinque migliori centrali al mondo assieme a Diego Godin, Kalidou Koulibaly, Raphael Varane e Sergio Ramos. Insomma, non il solito “mattone nel muro”, come avrebbero apostrofato i Pink Floyd.

La sua ascesa, tuttavia, non è stata mai netta e facile: il suo percorso è stato disseminato di difficoltà, pregiudizi e interruzioni, ma lo ha portato nel tempo a diventare il miglior difensore della Premier League. Chi ci credeva? Probabilmente solo lui. Virgil van Dijk nasce nel 1991 a Breda, nei Paesi Bassi, famosa soltanto per un festival letterario annuale, che richiama i migliori intellettuali europei del settore. La madre era appena una ragazzina quando, nel 1980, fuggì dal Suriname (resosi indipendente dall’Olanda da soli 5 anni) in tempo per scansare il colpo di Stato militare di Dési Bouterse, che avrebbe portato alla creazione di una repubblica socialista filo-marxista e gettato il paese nell’incertezza e nella repressione per quasi un decennio. La signora non perse tempo, sposando un rubacuori locale di nome Ray, il padre di Virgil.Poco avvezzo al sacrificio, scapestrato e donnaiolo, Ray dopo pochi anni lascia la casa dove viveva con la famiglia per trasferirsi altrove, annegando la sua amarezza nell’advokaat, e vedendo sempre più sporadicamente il figlio. Visto che le distrazioni di Breda si contano sulle dita di una mano – e il biglietto per Eindhoven costa caro -, ben presto Virgil s’interessa al calcio, con risultati in realtà disastrosi: considerato troppo lento e piccolo, si vede rifiutato sia dall’odiato club locale del NAC Breda, sia dall’amato Willem II, che aveva sede nella vicina città di Tilburg. Nel Willem II che aveva raggiunto la finale di Coppa d’Olanda nel 1996 giocava l’unico idolo di Virgil: Sami Hyypiä, di cui per certi versi ha seguito le orme.

La svolta, come spesso avviene, arriva dopo un pesante trauma: Virgil viene salvato all’ultimo momento dopo un ricovero per un ascesso intra-addominale, le cicatrici di quell’intervento sono tuttora visibili, dormendo in stato semi-cosciente per 10 giorni prima di svegliarsi, a suo dire, come un “uomo nuovo”. Spinto dal sollievo per lo scampato pericolo, il 15enne decide di reinventarsi, a scuola come nel calcio. Diventa un buon studente, e la continua crescita fisica lo rende materiale interessante anche per il calcio. Nell’estate del 2007 cresce fino a superare i 190 cm, e lo sviluppo muscolare gli consente di diventare uno sprinter interessante sui 15 metri, nonché un ottimo saltatore.

Questo gli permette di affinare una caratteristica che tuttora lo rende un giocatore diverso e, per certi versi, dal sapore d’antan: è un marcatore resiliente, agile nel breve e sempre bilanciato sulle gambe, tanto da risultare efficace sia sui giocatori più prestanti che sui brevilinei, di cui spesso intuisce il movimento con perfetto tempismo (e che studia assiduamente davanti al video). Altra caratteristica sono i colpi di testa: non c’è nessuno in Europa che presidi l’area meglio di lui e Raphaël Varane, entrambi pericolosi anche in area avversaria. È un difensore dalle caratteristiche peculiari, modellate dal fisico, e non viceversa.

Comunque all’epoca c’era poco più di un fisico prestante, forse adatto più all’atletica che al calcio, ed è per questo che la prima chance in una squadra prestigiosa, seppur a livello giovanile, arrivò soltanto a 18 anni: il Willem II, ironia della sorte, aveva bisogno di un quarto centrale per far rifiatare le stelle Mats van Huijgevoort e Jonas Heymans (se non li conoscete è perché non giocano più a calcio). Visto che i due titolari spesso vengono aggregati alla prima squadra, Virgil riesce a mettersi in mostra in qualche occasione e, dopo appena un anno, viene prelevato a titolo gratuito dal Groningen, club della città di Groninga, oltre 250 chilometri a Nord di Breda.

L’idea del club è quella di creare una squadra giovanile che non sfiguri a livello nazionale, ma zeppa di giocatori modesti che non rischino di essere scippati da PSV, Ajax o Feyenoord, ma possano un giorno spendere qualche stagione per un club non particolarmente ambizioso. E non è un caso – in Olanda se sei forte vieni buttato nella mischia ben prima dei diciotto anni – che l’età media di quella squadra fosse molto più alta rispetto a quella dei top team nazionali. Per Virgil, naturalmente, si tratta di dettagli irrilevanti: rispetto al pulire padelle in un ristorante di Breda, come effettivamente faceva fino a pochi mesi prima, è pronto a tutto; anche a fare l’attaccante, cosa che a volte gli viene chiesta.

Nonostante la riconosciuta versatilità, ben presto il suo gioco prende una direzione precisa, come sottolinea il suo coach delle giovanili: “Gli piace maledettamente giocare in posizione centrale. Lui dirige il gioco e si occupa di tutto quel che gli accade alle spalle, sia che giochi centrale difensivo o centrocampista. Quando è cresciuto, era molto più forte degli altri fisicamente: una spanna sopra qualsiasi altro compagno di squadra o avversario. E quindi mi è sembrato naturale metterlo dietro”.

Virgil al Groningen.

Sempre più a suo agio come centrale difensivo, Van Dijk viene chiamato dall’Under 19 olandese – fatto da non sottovalutare, a livello emotivo, per il figlio di una immigrata – e comincia a destare l’interesse della dirigenza. La chance d’esordire tra i pro arriva sul finire della stagione 2010/11: è una distorsione al ginocchio del veterano svedese Petter Andersson che gli consente di esordire durante una vittoria per 4-2 contro l’ADO Den Haag (muovendosi da centrocampista centrale). Durante la stagione 2011/12 Van Dijk riesce a collezionare 23 presenze in Eredivisie, segnando pure il suo primo gol nell’epica vittoria per 6-0 contro il Feyenoord, ed esordisce con l’Under21: pura utopia anche solo pensarlo fino a una manciata di mesi prima.

Ben presto ci si accorge che, al gigante d’origine sudamericana, il modesto campionato olandese sta come un vestito due taglie più piccolo: mentalmente van Dijk sta diventando un generale in campo, ma il profilo tecnico rimane quello di un giocatore fisico, tattico e molto concreto nelle sue giocate; caratteristiche che spiccano poco in un calcio povero a livello difensivo. Questo spiega perché nel 2013 Van Dijk firmi per il Celtic di Glasgow, unica squadra europea che gli garantisse un milione di euro d’ingaggio, insieme a un diritto del 10% sulla futura rivendita al club olandese.

Nei due anni in Scozia van Dijk esplode definitivamente: viene votato per due volte nella Top11 della Scottish Premier League, vince altrettanti campionati e giura amore eterno a quel calcio, e a quei tifosi, che lo hanno eletto a loro gladiatore preferito. Fino allo choc agonistico dell’agosto 2015, quando il meccanismo s’inceppa: il Celtic non vede l’ora di giocare la Champions, e il modesto Malmö, avversario dei preliminari, sembra poca cosa rispetto a una squadra che il leggendario portiere Craig Gordon (gioca ancora!) definisce il “miglior Celtic del decennio”.

E invece la prematura eliminazione dà l’avvio a una diaspora che, tra gli altri, coinvolge pure l’amatissimo bomber Anthony Stokes. Tra i motivi di una cessione inaspettata pare abbia pesato anche lo scandalo a luci rosse che ha coinvolto il nostro: è infatti diventato di dominio pubblico uno scambio di messaggi, post vittoria del titolo nazionale, tra van Dijk e la pornostar Georgie Lyall. Il tutto in piena gravidanza della compagna di lungo corso di Virgil, fino ad allora visto come cittadino modello e compagno ideale.

Il 1° settembre 2015 Van Dijk firma un contratto quinquennale col Southampton, che per lui investe 13 milioni di sterline. All’epoca sembrano tanti, visto che ogni buon tifoso inglese sa che raramente dal calcio scozzese arrivano dei diamanti. E, invece, Van Dijk in pochi mesi convince tutti, ottenendo un rinnovo milionario e la fascia da capitano solo poche settimane dopo il suo sbarco nell’Hampshire. Nel frattempo, si prende pure il lusso di giocare, segnare e annullare Mauro Icardi nel doppio confronto europeo contro l’Inter. È nata una stella, seppur legata a una fama prettamente albionica. Dopo aver saltato la finale di coppa di Lega contro il Manchester, non giocata a causa di un infortunio, Virgil chiede alla proprietà di lasciarlo partire verso lidi più prestigiosi: ha ormai 26 anni, e si sente pronto ad accettare l’offerta estiva del Liverpool – poi citato in giudizio dal Southampton per aver contattato senza permesso il giocatore – che però il club ritiene bassa, e che viene respinta al mittente, costringendolo a rimanere.Ma l’addio è solo rinviato: il 13 dicembre 2017, in una sconfitta casalinga per 4-1 contro Leicester, Virgil scende per l’ultima volta sul terreno di gioco con quello che tuttora definisce “il club che gli ha rubato maggiormente il cuore”. A Liverpool, Van Dijk ha ben presto trovato nel compagno Dejan Lovren un valido compagno di reparto, consentendo a Jurgen Klopp di colmare quelle lacune difensive che storicamente condizionano la squadra del Mersey. Nonostante abbia giocato solo la metà della stagione coi Reds, l’inserimento nella Top 11 della Champions League ha presto fatto dimenticare ai più il costo del suo acquisto.

Il più basito per la cifra spesa è stato il proprietario dell’Uncle Jean, il ristorante dove appena 8 anni prima Virgil lavorava come apprendista cuoco: “75 milioni? Ho dovuto ripetere la cifra quando l’ho sentita. Se-ven-ty fi-ve mil-lion. Follia”. Il meno sorpreso di tutti, probabilmente, era proprio Virgil van Dijk. Petto alto, orgoglio per le origini sudamericane e pragmatismo olandese nel DNA: riuscirà a mantenere questo livello di prestazioni e a fare impazzire i suoi tifosi per molto tempo?

In campo aperto contro Mbappé: una sentenza di morte. Anzi no. Scappa indietro, lo costringe a un angolo di tiro non semplice e interviene con un tempismo perfetto. È soltanto una delle molte qualità difensive che van Dijk ha messo in mostra contro i campioni del mondo.

Le risposte fornite sul campo in questi giorni durante la Nations League con l’Olanda, in particolare nel duello diretto contro il nuovo fenomeno e prototipo del calciatore del futuro, Kylian Mbappé, sono la miglior assicurazione possibile per il futuro dei Reds.