God save the Boxing Day - Zona Cesarini

God save the Boxing Day

L’esperimento di far giocare un’intera giornata di Serie A durante il giorno di Santo Stefano sembra essere riuscito con successo: i primi numeri, infatti, parlano di più di 250.000 tifosi allo stadio e sembra che i dati dell’audience televisiva non siano da meno. Solo in altre due occasioni in Italia si erano giocate partite del massimo campionato il 26 dicembre e l’ultima delle due è datata addirittura 1971.

Altrove, invece, più precisamente Oltremanica, il calcio durante giorno dopo Natale è una tradizione che affonda le proprie radici nel lontanissimo 1860, quando lo Sheffield – the world’s first football club – sconfisse 2-0 l’Hallan FC. 28 anni più tardi nacque la Football League e il Preston North End si aggiudicò il primo match post natalizio di sempre con un netto 5-0 in casa del West Bromwich Albion. Da allora il campionato inglese ha sempre riservato almeno una partita – e dagli anni ‘60 un’intera giornata – al giorno dopo il Natale, durante quello che da noi si chiama Santo Stefano e da loro Boxing Day, nome che deriva dall’usanza delle famiglie aristocratiche dei paesi anglosassoni di lasciare una scatola di regali in dono ai loro inservienti; il giorno dopo il Natale, per l’appunto.

E più di un secolo e mezzo dopo, dove poteva avere inizio una giornata dal sapore così storico se non in uno dei pochi stadi che hanno ancora quel retrogusto tra il nostalgico ed il romantico e che provano a resistere colpo su colpo agli affondi del calcio moderno? A Craven Cottage gli uomini di Jorge Mendes, pardon, Nuno Espirito Santos riacciuffano il Fulham a pochi minuti dal termine grazie al gol di Saïss, che pareggia il vantaggio dei Cottagers firmato dall’enfant prodige Sessegnon. Punto utile per entrambe: i Wolves mantengono una posizione sicura a metà classifica con vista sull’Europa, mentre il Fulham continua a muovere la classifica, abbandonando l’ultima piazza e tenendo la zona salvezza a soli 4 punti, anche se ormai una vittoria servirebbe come l’aria.

Mister Ranieri 2.0

Restando in zona calda, a Selhurst Park Crystal Palace e Cardiff decidono di non farsi male e portano a casa un punto a testa, frutto dell’unico pareggio a reti inviolate della giornata, mentre a Burnley i Claret and Blue incassano un sonoro 1-5 da parte di un Everton che torna a fare la voce grossa per un posto in Europa League, grazie alle reti di Yerry Mina, Lucas Digne – doppietta – Sigurdsson dal dischetto e Richarlison, intervallate dal momentaneo 1-3 di Gibson.

Bene i Toffees, ma ancor meglio l’altra squadra dal Merseyside: il 4-0 con il quale l’oramai solito uragano Liverpool si abbatte sul malcapitato di turno – oggi il Newcastle di Benitez – non è altro che l’ennesima prova di forza messa in mostra da una squadra che giornata dopo giornata convince sempre di più. Merito soprattutto di un allenatore che, anche se dopo un apprendistato di tre anni, dà la sensazione di essere finalmente riuscito nell’intento di forgiare la squadra a sua immagine e somiglianza, trovando un equilibrio perfetto, mentale ancor prima che tecnico o tattico. La continuità con la quale i suoi giocatori riescono a mettere in fila prestazioni pressoché identiche è impressionante e, quantomeno per ora, i risultati sono dalla sua parte.

È vero, in tre anni il tecnico tedesco non ha portato a casa lo straccio di un trofeo, eppure nessuno è scontento. Perché? Perché è riuscito nell’impresa di riportare il sorriso in una piazza con l’umore sotto i tacchi, reduce da un quarto di secolo nero, amaro e decisamente frustrante, con i tifosi abituati a dover invidiare in silenzio tutti i successi che, uno dopo l’altro, le squadre rivali aggiungevano in bacheca, in Inghilterra come in Europa.

Recupero palla altissimo, verticalizzazioni, tagli negli spazi, il tutto giocando a un tocco. So kloppish.

Tornando al campo, ad Anfield va in scena una partita a senso unico: apre le marcature Lovren, abile a sfruttare una torre aerea con un potente destro di controbalzo. Il raddoppio lo firma il mancino di Salah, il quale trasforma un rigore – decisamente dubbio – da lui stesso procurato. Il 3-0 è un tap-in a porta vuota di Shaqiri, scaltro a farsi trovare al posto giusto e al momento giusto, insaccando un assist al bacio di Alexander-Arnold al termine di una rapidissima azione offensiva tutta di prima che fa girare la testa alla linea difensiva dei Magpies. Chiude i conti Fabinho di testa, arrivando dove Lovren non riesce ad arrivare una frazione di secondo prima.

Un successo che lancia i Reds ancor più in alto in classifica, perché se la nuova squadra di Ranieri fatica non poco a trovare la quadratura del cerchio, quella con la quale il tecnico di Testaccio ha scritto una delle pagine più belle della storia del calcio, ha bissato la vittoria della settimana scorsa a Stamford Bridge con un risultato a sorpresa che, esattamente al giro di boa, scuote l’intera Premier League, indirizzandola indirettamente in maniera piuttosto chiara verso Anfield Road, tra le mani di tifosi che più di una volta se la sono vista soffiare da sotto il naso, quando tutto lasciava presagire il tanto agognato lieto fine.

Al King Power Stadium Bernardo Silva porta avanti il Manchester City dopo solo un quarto d’ora, ma dopo 4 minuti Albrighton pareggia i conti insaccando di testa un traversone al bacio di Jamie Vardy, invertendo l’asse che tre stagioni fa ha regalato più di una gioia ai tifosi delle Foxes. Ed è curioso come durante tutto l’arco della partita il City debba fare i conti con un Leicester che ricorda estremamente da vicino la squadra che ha trionfato in Premier League nel 2016. Squadra corta e compatta, cattiveria nei contrasti, intensità, corsa e rapide ripartenze. Gli uomini di Guardiola sono costantemente nella metà campo avversaria alla ricerca del gol-partita, ma sembrano spenti, privi di quella luce che solitamente guida le loro trame offensive. Sterling e Sané non pungono, Aguero non trasforma le poche occasioni che gli capitano e Mahrez sembra soffrire le bordate di fischi dei suoi ex tifosi.

Ed è così che a 10’ dal termine Ricardo Pereira si inventa il gol del turno, facendo lo sgambetto ai campioni in carica, i quali non solo vedono allontanarsi sempre di più il Liverpool, ma vengono scalzati dal secondo gradino del podio da un Tottenham che solo qualche giornata fa sembrava dovesse lottare fino alla fine per il quarto posto ma che invece ha inanellato un’importante serie di risultati positivi che gli hanno regalato gli ottavi di Champions e la temporanea seconda piazza in campionato. Il gol da fuori area di Eriksen, la doppietta di Son, la solita zampata di Harry Kane e la rete di Lucas Moura incorniciano un dicembre d’oro e ricordano a tutti che chiunque a maggio avrà voglia alzare la Premier, dovrà fare i conti anche con gli Spurs.

In poco più di una settimana gli animi delle due parti di Manchester si sono capovolti. Su quella blu sembra che dopo un inizio di giornata soleggiato, una sottile pioggerella abbia inquietantemente aumentato l’intensità, mentre pare che su quella rossa Ole Gunnar Solskjær abbia riportato il sole, dopo mesi di tenebre.

Dopo la convincente e roboante vittoria per 5-1 sul campo del Cardiff, l’ex centrocampista dello United di Ferguson si è risieduto sulla panchina di quello che per 12 anni è stato il suo stadio, l’Old Trafford. E l’ha fatto con un netto 3-1 sull’Huddersfield, con tanti piccoli grandi segnali che fanno trasparire positività, o quantomeno aria di cambiamento. Il tecnico norvegese sembra aver aperto le finestre in una stanza rimasta chiusa senza ricambio d’aria per troppo tempo e il naturale abbraccio di gruppo col sorriso stampato in faccia dopo ognuno dei tre gol – uno di Matic e due di Pogba – o la fascia da capitano al braccio di De Gea, protagonista di una super parata sull’1-0 – ne sono una banalissima dimostrazione. A questo punto lo United non sembra più un malato cronico e potrebbe ristabilirsi definitivamente, mettendo nel mirino i coinquilini del piano superiore: Arsenal e Chelsea.

Momento tenerezza.

Il gol con il quale dopo 7′ Aubameyang sembrava aver messo in discesa la partita dei Gunners viene pareggiato dal Brighton poco prima dell’intervallo, e l’1-1 finale ribadisce il momento di stanca degli uomini di Unay Emery, probabilmente un po’ logori dalla lunga rincorsa effettuata per riparare gli errori delle prime giornate, ma comunque in linea con gli obiettivi stagionali.

La doppietta di Hazard, invece, permette al Chelsea di Sarri di superare 2-1 il Watford in uno dei tanti derby cittadini e di riscattare la sconfitta interna dello scorso weekend per mano del Leicester, scalzando dal quarto posto proprio l’Arsenal. Aspettando che Southampton-West Ham chiuda definitivamente il capitolo Boxing Day, si possono comunque tirare le somme di questa prima parte di campionato, azzardando qualche previsione per quanto riguarda la seconda metà di stagione.

Iniziando dal basso: Huddersfield, Fulham e Burnley partono ovviamente come indiziate principali per la retrocessione, ma Cardiff, Southampton e Newcastle farebbero bene a guardarsi le spalle: la qualità della rosa che il mercato ha lasciato in dote ai Cottagers neopromossi e la compattezza del gruppo di Sean Dyche potrebbero infatti far emergere le due squadre dalle sabbie mobili da un momento all’altro.

Wolverhampton, Bournemouth, West Ham, Brighton e Crystal Palace dovrebbero continuare a navigare in acque calme, mentre Watford, Everton e Leicester si giocheranno un posto in Europa League. Competizione alla quale accederanno sicuramente due tra Manchester United, Arsenal e Chelsea, mentre per il titolo sembra una corsa a tre tra Tottenham, Manchester City e Liverpool, con i Reds chiaramente favoriti.

Dal 1992, ovvero dalla nascita della Premier League, solo in due occasioni la squadra che dopo il Boxing Day guardava tutte le altre dall’alto verso il basso alla fine non ha trionfato, e in entrambe le occasioni questa squadra è stata proprio il Liverpool. Starà a Klopp plasmare il definitivo salto di qualità mentale a Liverpool e riportare finalmente un trofeo ad Anfield, mentre Pochettino e Guardiola saranno in agguato, pronti ad approfittare di eventuali passi falsi in un campionato aperto, capace di regalare svolte inaspettate.