Atlante della stagione da incubo della Fiorentina - Zona Cesarini

Atlante della stagione da incubo della Fiorentina

La Fiorentina ha raggiunto all’ultima giornata quello che era diventato il suo obiettivo stagionale. L’Europa? No, la salvezza. Già. Neanche le più cupe tra le previsioni su una squadra che si sapeva non di primissima fascia avrebbero immaginato un finale del genere, tantopiù considerando che i viola a metà aprile erano comunque in ballo per una finale di Coppa Italia. È finita così, tra i fischi del Franchi dopo uno 0-0 contro il Genoa, salvifico per entrambe le squadre ai danni dell’Empoli che a San Siro contro l’Inter ha visto infrangere i suoi sogni di rimonta salvezza. La Fiorentina resta in serie A dopo una stagione abulica e triste, senza alcun moto d’orgoglio finale e un futuro quanto mai pieno di incertezze, sia tecniche che societarie.

Intro: i dubbi sulla Fiorentina

Certo, già alla fine del precampionato il malumore e le perplessità serpeggiavano tra la tifoseria. Una squadra che aveva perso un giocatore come Milan Badelj a parametro zero senza effettivamente sostituirlo, che lanciava in porta un giovanissimo Lafont, e che per il resto era la stessa della stagione precedente, con pregi (qualcuno) e difetti (non pochi).

Gli interventi sul mercato effettuati da Corvino consistono, oltre all’estremo difensore del Tolosa classe ’99, in Marko Pjaca, arrivato in prestito con diritto di riscatto dalla Juventus, e Gerson, preso in prestito secco dalla Roma. A corredo, il “Corvo” preleva Norgaard dal Brondby come opzione da usare sulla mediana, Ceccherini dal Crotone come sostituto in difesa, Edimilson Fernandes e Mirallas in prestito dalla Premier per dare alternative a centrocampo e attacco, lo slovacco David Hancko come vice Biraghi e procede ai vari riscatti già concordati, su tutti quelli di Pezzella e appunto Biraghi.

Un esborso complessivo di circa 40 milioni di euro (compresi i riscatti, tra cui quello di Saponara a 9 milioni in quattro anni, poi girato in prestito alla Samp con riscatto fissato alla stessa cifra), che arriverebbe a 55 in caso di conferma di Pjaca per la stagione successiva. Più o meno quanto i viola incassano dalle rate già concordate per Kalinic, Babacar, Rebic e Tomovic, e dalle cessioni fresche di Bruno Gaspar e Sanchez. Appunto, circa 40 milioni. Una serie di scommesse dovevano e potevano modificare la stagione della Fiorentina: Veretout regista, il rilancio di Pjaca e Gerson, la continuità realizzativa di Simeone viste le prestazioni offerte nell’ultima parte dello scorso campionato (7 gol nelle 10 partite finali). Tutte scommesse, in varia misura, perse già prima di gennaio.

Illusioni di Settembre

Quattro vittorie, un pareggio e due sconfitte contro Napoli e Inter. Questo dice la classifica dopo sette giornate, con la Fiorentina sempre vittoriosa al Franchi. Abbattuto 6-1 il Chievo, liquidata l’Udinese 1-0, sconfitta 3-0 la Spal, superata 2-0 un’ancora non brillante Atalanta tra le polemiche (contraltare di quelle della settimana prima di Inter-Fiorentina) che iniziano a coinvolgere Federico Chiesa. La Viola sembra andare, pare una squadra che, per quanto non così migliorata dal punto di vista della qualità dei singoli, ha oramai fatto suoi i principi di gioco di Pioli, bravo a far di necessità virtù.

La perdita di un giocatore di palleggio come Badelj forza ulteriormente la ricerca della verticalità e dell’ampiezza, dove Chiesa e Biraghi diventano le principali fonti di un gioco che si sviluppa soprattutto sugli esterni, e lo stesso abbassamento di Veretout a mediano (dopo un’eccellente prima annata da mezzala) permette di aumentare il tasso muscolare per un rapido recupero palla-verticalizzazione, senza perdere eccessivamente in qualità e sempre rimanendo nell’idea di portare il pressing il più a ridosso possibile dell’area avversaria.

Fiorentina pressing

Impostata su un 4-3-3 ma priva di un terzino destro di spinta (altra mancanza del mercato estivo), con la definitiva promozione di Milenkovic a titolare la Fiorentina in fase di possesso e prima costruzione talvolta si ridisegna con un curioso 3-2-4-1, con un doppio mediano come opzione per garantire un’uscita bassa pulita dalla difesa qualora la gara o l’avversario lo richieda, analogamente a quanto si vedeva nell’anno precedente con l’abbassamento di Veretout sulla linea di Badelj nella prima fase di costruzione. Un piano B, per smorzare la costante tensione verticale della squadra e non rinunciare completamente a momenti di controllo del gioco.

La fluidità in termini di posizioni in campo dei singoli comunque non modifica le costanti del gioco, con una squadra che prova sempre a difendere in avanti, rimanendo corta e cercando di salire rapidamente quando gioca il pallone, e attua una pressione alta orientata sull’uomo durante le fasi di non possesso, pressione che decade in favore di una difesa di posizione negli ultimi 40 metri, con una maggiore attenzione al controllo degli spazi.

Fiorentina
Il pressing orientato dei viola durante Milan-Fiorentina (fonte: l’Ultimo Uomo)

Criticità

La sconfitta esterna con la Lazio ad inizio ottobre lascia l’amaro in bocca ma non desta particolare preoccupazione: i biancocelesti sono un avversario di valore, e sono andati più volte in difficoltà durante la gara dove hanno lasciato un ampio dominio territoriale ai viola, dominio tuttavia non sfruttato adeguatamente dagli uomini di Pioli nell’ultimo terzo di campo (parlando di statistiche, la Fiorentina con il 59% di possesso palla e 13 tentativi di tiro, ha creato solo 0.93 xG contro l’1.75 della squadra di Inzaghi).

Ma quello che poteva essere un episodio si concretizza in una serie di limiti strutturali dopo la pausa delle nazionali, quando la Fiorentina in un mese rimedia cinque pareggi consecutivi (quattro 1-1 con Cagliari, Torino, Roma e Frosinone e 0-0 contro il Bologna) interrotti poi dalla sconfitta casalinga contro la Juventus per 3-0. In tutti gli 1-1 gli uomini di Pioli passano in vantaggio e vengono puntualmente ripresi, evidenziando una mediocre capacità di tenuta e continuità mentale nell’arco della gara, con la tendenza ad appiattirsi una volta in vantaggio, senza una reale capacità di gestire abbassamenti di ritmo. Modus al quale contribuiscono in varia misura l’inesperienza del gruppo – la Fiorentina ha l’età media più bassa della serie A -, un tasso tecnico non elevato e le stesse letture dell’allenatore, sia per il piano tattico che porta a spremere alcuni giocatori rendendo di difficile applicazione le già non semplici transizioni richieste, sia per una certa inerzia nella lettura della partita (in questo, la panchina sguarnita di certo non offre variabili valide a Pioli).

Fiorentina-Roma 1-1: il forcing dei giallorossi nel finale culmina con l’errore di Lafont in uscita che propizia il pari di Florenzi. Pochi minuti dopo, il portiere francese è decisivo su Dzeko.

Il difetto principale della Fiorentina, comunque, è la fase offensiva: i viola faticano a segnare su azione e a mandare in rete gli attaccanti, tant’è che nel filotto senza vittorie le uniche due reti da azione manovrata le firma Benassi. I compiti di innesco della manovra di cui Chiesa si sobbarca ampliano sempre di più il raggio d’azione del giocatore, con ovvie conseguenze in termini di lucidità al momento della conclusione o di compiere l’ultimo passaggio, mentre il Cholito, con i suoi 10 turni a secco tra settembre e dicembre, sembra ricaduto in una spirale depressiva, non granché supportato da un sistema di gioco che per lui prevede una notevole mole di lavoro senza palla.

Fatta la tara di una certa dose di sfortuna (come nella gara contro il Torino, dove un tiro sul palo carambola sulla schiena di Lafont e termina in rete), sullo scarno bottino di punti della Fiorentina pesano anche i progressivi blackout dei nuovi giocatori che in teoria dovevano fungere da equilibratori della squadra, dando pensiero e qualità ad una fase offensiva troppo frenetica e propensa all’imprecisione.

Pjaca, ala a piede invertito dotato di un elevato tasso tecnico in dribbling e controllo palla, avrebbe dovuto garantire superiorità numerica liberando spazi sia per le sovrapposizioni di Biraghi sulla catena sinistra che per gli inserimenti centrali di Benassi, ma dopo un appena discreto avvio si eclissa rapidamente non riuscendo mai ad entrare in condizione né a garantire il minimo rendimento.

Gerson, arrivato tra le perplessità e chiamato da Pioli a svolgere come mezzala un ruolo di rifinitura con licenze di attacco dello spazio, non si è mai ambientato al verticalismo dell’allenatore alternando ottime prestazioni (contro il Chievo, ad esempio) a prove impalpabili (Atalanta, Cagliari). Nonostante questo Pioli ha insistentemente puntato su di lui a centrocampo, forse anche a causa di carenza di alternative nel ruolo, considerando che Edimilson Fernandes – che ha giocato molto – e Dabo sono risultati giocatori essenzialmente muscolari e di rottura, mentre Norgaard non è mai stato seriamente preso in considerazione né ha mai brillato quando schierato, rendendo impraticabile lo spesso auspicato slittamento a mezzala di Veretout, alla prova dei fatti non sempre a suo agio così lontano dalla porta nella posizione di mediano.

Risalite e cadute

Dicembre coincide con l’ultima volta dove si vede la Fiorentina infilare due vittorie consecutive: Empoli in casa e Milan a San Siro, dopo il rocambolesco 3-3 contro il Sassuolo ripreso dal 3-1 nei minuti finali (pari di Mirallas al 97′). In termini di classifica, siamo al picco stagionale dei viola, che con la vittoria ai danni dei rossoneri agguantano proprio il Sassuolo al 7° posto e si ritrovano addirittura a -3 dalla zona Champions. Certo, due mesi senza vittorie hanno lasciato scorie. Simeone, tornato al gol contro i neroverdi, replica anche nel derby contro l’Empoli ed esplode in un’esultanza polemica contro i suoi tifosi. E non c’è partita casalinga dove non scatti la contestazione della curva contro la famiglia Della Valle, contestazione strisciante dal febbraio 2016, quando la proprietà varò la politica dell’autofinanziamento, portando Benalouane come rinforzo per una squadra allora ai vertici della classifica.

Tuttavia, dal campo arrivano buoni segnali, con Simeone sbloccato, Mirallas che appare entrato in condizione e può sostituire un abulico Pjaca, con Lafont che contro il Milan tiene blindata la porta e permette la vittoria corsara, suggellata dal gol di Chiesa. Queste tre gare lasciano l’impressione di una Fiorentina che può compensare la sua inesperienza con la capacità di scrollarsi e reagire con forza, riuscendo ad attingere a qualsiasi riserva di energia anche quando la gara è agli sgoccioli. Sassuolo ed Empoli rimontati, Milan freddato negli ultimi minuti, e la tendenza al torpore visto nella striscia di pareggi che pare messa in archivio.

Ma dopo appena quattro giorni arriva lo stop con la sconfitta interna contro il Parma per 1-0, al quale segue lo 0-0 contro il Genoa a Marassi. La frenata è brusca, inaspettata. E fa riemergere i soliti limiti: la Fiorentina crea molto e subisce poco, ma è troppo imprecisa. Contro gli emiliani i viola arrivano a calciare 29 volte, centrando 8 volte lo specchio. Su 9 calci d’angolo, riescono ad arrivare alla conclusione una volta sola, mentre con 40 cross all’attivo solo 17 arrivano a destinazione, con una precisione del 32.5%. Emblematico che Biraghi, considerato un buon crossatore e nei fatti uno dei principali creatori di azioni offensive dei toscani, mandi a segno solo 2 cross su 12 tentativi. Gli xG a favore sono a 1.63, e arrivano a 1.7 contro il Genoa, ma l’unico gol visto in queste due partite porta la firma di Inglese, bravo a freddare Lafont sfruttando una buca clamorosa di Vitor Hugo (poi espulso).

L’arrivo di Luis Muriel

Dopo la sosta di gennaio, la Fiorentina si presenta con un’importante novità: arriva dal Siviglia Luis Muriel, finito ai margini della squadra andalusa. Corvino chiude per un prestito con diritto di riscatto a 14 milioni, bruciando sul tempo il Milan, dando così a Pioli un’alternativa di livello in attacco, vista la presenza, oltre a Mirallas, del solo Vlahovic come centravanti di riserva. L’impatto del colombiano è devastante: dopo un esordio così così in Coppa Italia contro il Torino (2-0 per i viola, doppietta di Chiesa, tanto per cambiare nei minuti finali), segna tra campionato e coppa 8 reti nelle successive 10 gare. Le sue caratteristiche di progressione e capacità di saltare l’uomo si sposano a pennello con il gioco di Pioli, e lo score offensivo della Fiorentina aumenta drasticamente con 25 gol fatti in 8 gare (contro gli 11 in 12 gare tra ottobre e dicembre).

 

Tuttavia la qualità che Muriel aggiunge nella fase offensive ha un prezzo. Prezzo pagato dai viola con una minor continuità nel pressing alto e soprattutto con l’aggravarsi delle difficoltà nelle transizioni, tanto che Pioli abbozza esperimenti di difesa aggressiva impostata sui duelli piuttosto che sulla difesa dello spazio, nonché nella rinuncia definitiva a qualsiasi tentativo di attacco di tipo associativo. Lo score difensivo della Fiorentina passa dai 13 gol subiti in 12 gare (ottobre-dicembre) ai 15 in 8 partite (gennaio-febbraio), con ben 6 giunte da calcio piazzato e con pericolosi sintomi di sofferenza sugli attacchi dalle corsie laterali.

Emergono segnali preoccupanti anche dai singoli, in particolare da Milenkovic che sembra aver perso lo smalto della prima metà del campionato, mentre è sempre più palese l’inadeguatezza di Vitor Hugo rispetto ai compagni (nuovamente disastroso nel 3-3 contro la Samp), tanto che Ceccherini (finora ai margini) entra più spesso nelle rotazioni del reparto difensivo. Oltretutto, vuoi per limiti tecnici, vuoi per mancanza di attenzione, la doppia linea per difendere sui calci piazzati, tanto efficace nella prima parte di stagione, sembra traballare.

fiorentina calci piazzati
Esempio di come difende a zona la Fiorentina sui piazzati (qui in Napoli-Fiorentina 1-0)

Oramai, mentre il sistema di gioco studiato da Pioli non sembra esser più adeguatamente applicabile dalla Fiorentina, tutto si riduce alla capacità da parte dei compagni di innescare in campo aperto gli attaccanti rapidi e tecnici, affidandosi poi alla giocata individuale in quella parte di campo dove i viola hanno uomini di qualità ed esplosività. Non è un caso infatti che Muriel e Mirallas guadagnino minutaggio a spese di Simeone e soprattutto di Pjaca, apparso inadatto a questi ritmi. La tensione verticale della Fiorentina è portata all’estremo, talvolta con risultati pirotecnici: in Coppa Italia, la Roma è umiliata con un 7-1 che fa accedere i toscani alla semifinale.

Il gioco della Fiorentina si può semplicisticamente definire “contropiede senza catenaccio”, che tra la ripartenza del campionato e la fine di febbraio porta 10 punti su 18 in campionato (2 vittorie e 4 pareggi), oltre ad una semifinale di Coppa Italia rimasta aperta dopo il 3-3 contro l’Atalanta al Franchi. Ruolino non eccezionale, ma la coppa nazionale solletica il palato dei tifosi.

La frattura con Pioli e il ritorno di Montella

Quattro giorni dopo il pari in Coppa Italia, Atalanta e Fiorentina si sfidano di nuovo in campionato, stavolta a Bergamo. I viola passano dopo 3′ con Muriel ma escono battuti per 3-1. Una settimana dopo, in casa arriva l’ennesimo pareggio, contro la Lazio. Di fatto, i viola hanno fallito la prova della maturità, uscendo dall’impegnativo terzetto di gare contro Inter (pari 3-3 al minuto 100 tra le polemiche arbitrali), bergamaschi e biancocelesti con solo due punti, vedendo allontanarsi la zona Europa a +8.

Il folle esordio di Muriel al Franchi contro la Samp.

Ma nel frattempo scatta una scintilla che porterà ad una sonora deflagrazione nel giro di un mese. Proprio a margine del pareggio con la Lazio, Stefano Pioli fa capire che il suo futuro a Firenze è tutt’altro che sicuro. Scatta pressoché immediato il tam-tam mediatico sul nuovo allenatore per giugno, mentre si respira aria pesante ai Campini, centro sportivo della Fiorentina. Iniziano a circolare i nomi dei potenziali sostituti, e tra gli altri c’è Eusebio Di Francesco, “fresco” di esonero con la Roma. Risultato? A cinque giorni dal pari con la Lazio la Fiorentina cade a Cagliari 2-1 offrendo una sensazione di impotenza ben più ampia di quanto dica il tabellino, “viziato” dal gran gol di Chiesa, l’ultimo in campionato per il gioiello della cantera viola.

Le dichiarazioni a fine gara di Pioli confermano le sensazioni dei giorni precedenti: l’allenatore ha perplessità per il futuro, probabilmente non ha apprezzato il fatto che a marzo la società non abbia parlato con lui, probabilmente ha fiutato l’aria ed è dubbioso sulle volontà della proprietà di aprire un ciclo tecnico ambizioso. Un film già visto con Paulo Sousa e le sue omelette. La crisi si acuisce con la pausa delle nazionali, e non è certo placata dai pareggi contro Torino (1-1) e Roma (2-2 all’Olimpico), che di fatto allungano a sei gare la striscia senza vittorie dei toscani, privi dei tre punti dal 17 febbraio nel 4-1 di Ferrara contro la Spal, per quella che poi sarà l’ultima vittoria stagionale della Fiorentina. Oramai si parla apertamente di Di Francesco bloccato per giugno, e la squadra, senza obiettivi in campionato con l’Europa lontana, ne risente.

Si arriva così con la clamorosa sconfitta interna contro il Frosinone: la bomba esplode. Mentre l’allenatore fa mea culpa davanti ai giornalisti, Pezzella, capitano viola e pretoriano di Pioli, in zona mista dichiara che i tifosi hanno ragione a fischiare (il Franchi non festeggia una vittoria in campionato dal 16 dicembre) e che lo scambio di battute tra l’allenatore e la società non ha fatto bene al gruppo. Il giorno seguente esce il seguente comunicato sul sito ufficiale della Fiorentina:

“La proprietà non è assolutamente disposta ad accettare quello che sta accadendo da qualche mese a questa parte. La squadra deve ritornare ad essere quello che era: competitiva, coraggiosa e orgogliosa della maglia che indossa. Quella che stiamo vedendo ora non è la Fiorentina che abbiamo visto nella prima parte del Campionato. La società chiede a tutti il grande rispetto per la maglia e per i traguardi che si possono ancora ottenere nel finale di stagione. L’impegno deve essere totale da parte di tutti. La società inoltre chiede al tecnico Pioli di gestire questo momento con la competenza e la serietà che ha dimostrato nella prima parte del Campionato. Ora servono la convinzione e l’orgoglio di tutti quelli che scendono in campo per cercare di portare a casa risultati che sono assolutamente possibili da raggiungere. Rimane convinzione della Società di avere una squadra forte e composta da professionisti di ottima qualità e rispettosi della maglia che indossano. Ora è necessario che tutto questo venga confermato da risultati positivi che tutti ci aspettiamo ed ognuno dovrà assumersi la responsabilità del proprio operato.”

L’indomani, Pioli presenta le sue dimissioni. La società accantona l’opzione Di Francesco e annuncia il ritorno di Vincenzo Montella, presentato da Corvino in un’incomprensibile conferenza stampa dai tratti neorealisti e grotteschi.

Le ‘feic niussu’ di Corvino. Cult inarrivabile da ascoltare in loop: come un pezzo campionato di Aphex Twin.

La solitudine di Vincenzo

La scelta di Montella sembra la meno felice possibile: l’allenatore è fermo da un anno, reduce dalla disastrosa stagione 2017/18, prima al Milan e poi al Sevilla, non ha un buono score da subentrante in corsa (oltre all’esperienza andalusa, anche quella con la Sampdoria fu fallimentare), ha un credo di gioco diametralmente opposto a quello di Pioli e che mal si adatta alle caratteristiche dei giocatori viola. Inoltre, è evidente che le dimissioni di Pioli sono state una forzatura indotta dalla società, forzatura che ha ulteriormente frastornato un gruppo depresso ma affezionato al proprio mister e che non ha avuto effetti di sollievo sulla piazza, comunque legata al tecnico sul piano umano e rimasta perplessa dal ritorno del tecnico campano. Montella inoltre arriva a pochi giorni dal momento chiave della stagione gigliata, il ritorno di Coppa Italia contro l’Atalanta del 25 aprile. Di fatto, ha solo due settimane per prepararsi e lavorare con la squadra, con in mezzo soltanto i match contro Bologna (terminato 0-0) e Juventus (2-1 per i bianconeri).

Com’era prevedibile, il tecnico ex-Milan ribalta i principi tattici della Fiorentina senza troppi fronzoli: propone un 3-5-2 che in comune con Pioli ha solo la fluidità del modulo, con una difesa pronta a scalare a 4 con l’abbassamento di Biraghi e che torna saldamente a cercare la difesa dello spazio piuttosto che orientarsi sull’uomo cercando di rimanere corta. Per il resto, la proverbiale tensione verticale è notevolmente allentata, la squadra manovra il pallone anche in orizzontale cercando di giocarlo con precisione e rapidità, per aprire le difese avversarie con un gioco più associativo. Dalla ricerca sistematica dell’1vs1 in avanti si passa al dogma dei “due tocchi e via”.

Qualcosa di buono si intravede: in particolare la gara contro la Juventus (reduce dall’eliminazione in Champions) mostra una Fiorentina capace di allargare la difesa avversaria e imbucarla con combinazione rapide, sfruttando gli spazi creati e riuscendo quindi a giocare in verticale in maniera pulita. I viola escono sconfitti da Torino con una bella ma sfortunata prestazione (due legni colpiti), mentre i rivali festeggiano l’ottavo scudetto consecutivo.

Atalanta-Fiorentina e l’agonia finale

La gara di Bergamo è un po’ la sintesi dell’anno dei gigliati: vorrei, ma non riesco. Tutti i pregi e i difetti che hanno caratterizzato i toscani emergono nella partita, dall’abilità nel giocare in verticale e nell’alzare improvvisamente i ritmi – Muriel va a segno dopo appena 3 minuti, sfruttando un filtrante di Chiesa in campo aperto – ad una notevole dose di inesperienza e ingenuità – l’Atalanta pareggia su calcio di rigore, fallo ingenuo di Ceccherini su Gomez, e nella ripresa sigla il 2-1 finale su un errore di Lafont – fino alle difficoltà sotto porta (Veretout e Benassi falliscono due occasioni clamorose a tu per tu con Gollini, rispettivamente pochi minuti dopo lo 0-1 e all’inizio della ripresa).

La fine dell’avventura in Coppa Italia, momento più felice anche dal punto di vista delle prestazioni, archivia la stagione della Fiorentina. Forse troppo presto. Perché con il crollo delle motivazioni i giocatori appaiono irrimediabilmente intristiti, mentre tifosi si muovono (legittimamente) in rivolta contro la proprietà dei Della Valle, con una catena di manifestazioni e scioperi del tifo nelle ultime settimane. I viola finiscono in una drammatica spirale di sconfitte senza che Montella riesca a porre un rimedio, finendo riassorbiti nella lotta salvezza dove l’Empoli rimonta 9 punti (compresi i tre presi proprio contro Chiesa e compagni) lasciando in bilico la permanenza in A fino all’ultima giornata.

Così, mentre la società da tempo in vendita finisce nel mirino di Rocco Commisso, va in scena al Franchi l’ultimo atto: Fiorentina-Genoa, uno scontro salvezza tra due squadre in crisi profonda, che riporta a Firenze nel possibile ruolo di boia Cesare Prandelli, altro allenatore che ruppe bruscamente con i Della Valle nel lontano 2010, dopo un’eliminazione agli ottavi di Champions firmata Bayern Monaco e un campionato finito non benissimo. La gara, terribile dal punto di vista del gioco e dell’agonismo, si conclude nell’unico modo veramente possibile, un apatico 0-0 che salva entrambe le squadre solo in virtù della sconfitta dell’Empoli a San Siro contro l’Inter, ancora impegnata nella lotta Champions, sconfitta maturata nei minuti finali con notevoli picchi di psicodramma. Dopo oltre 70 minuti di tifo assordante, la Fiesole, avvilita dallo spettacolo in campo, inizia a fischiare. E così, mentre a fine gara i genoani festeggiano la salvezza, il Franchi congeda i suoi giocatori con bordate di insulti. Sipario.

Extra: Statistiche spaccate

Per tutti i fanatici dei dati statistici: impazzirete a causa della Fiorentina. Già, perché la lettura delle stats più approfondite ci dice qualcosa sulla stagione della Viola ma il quadro che viene restituito è confusionario. Per esempio, se si guardano gli expected goals, la Fiorentina è la quarta squadra per numero di xG totali concessi (42.59, solo Inter, Juventus e Napoli ne hanno subiti meno) ed è settima per xG creati con 56.67. E se effettivamente è la sesta miglior difesa del campionato con 45 gol subiti (gli stessi dell’Atalanta, non pochissimi), la squadra gigliata ha solo il tredicesimo attacco, con appena 47 reti segnate. I toscani calciano tanto, con 548 conclusioni sono fra le otto squadre che hanno una media tiro/partita superiore a 13, ma lo fanno molto da fuori (249 tiri da fuori area) a prezzo della precisione (con il 33% delle conclusioni nello specchio sono a metà della classifica tra le squadre di serie A).

Emblematiche le stats personali di Chiesa: sei gol in campionato (dodici totali contando la Coppa Italia), sei legni colpiti, 11,8 xG creati, 131 conclusioni totali (delle quali 66 da fuori area) ma con solo il 30% di precisione nello specchio, 326 dribbling tentati (1° della serie A) ma con una percentuale di riuscita del 68,8%. Sembrano il ritratto di una potenzialità non espressa a pieno, talvolta schiacciata da una frenesia causa di decisioni sbagliate o giocate forzate. Un po’ come la Fiorentina, grande incompiuta e paziente malato di questo assurdo campionato.