Luka Romero, sognando Messi - Zona Cesarini
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Luka Romero, sognando Messi

Di Niccolò Frangipani

Possono cinque parole cambiare per sempre la storia di uno sport, determinare i successi di una squadra e ridisegnare la mappa calcistica mondiale in maniera così irreversibile? No, direbbero i più. Ma tutto dipende da chi pronuncia quelle parole e sopratutto a chi sono rivolte. Siamo a Barcellona in una notte di metà ottobre e in campo ci sono le due squadre che rappresentano, in modi diversi e antagonisti, la capitale del non-stato catalano: da una parte i filo-castigliani biancazzurri dell’Espanyol, padroni di casa e dall’altra gli indipendentisti blaugrana del Barcellona. Ovviamente quello che si sta disputando allo Stadio Montjuic – cornice dodici anni prima della cerimonia di apertura delle XXV olimpiadi – è il Derbi Barceloní. Entrambe le squadre sono – forse – al loro meglio di sempre, il Barcellona a fine stagione conquisterà la sua Liga numero diciassette e l’Espanyol chiuderà al quinto posto riuscendo a qualificarsi per la Coppa UEFA.

La partita finirà 0-1 ma quello che più ci interessa è che all’ottantaduesimo minuto l’allenatore del Barcellona, Frankie Rijkaard fa un cenno ad un ragazzo seduto in panchina e accompagna il gesto con queste parole: “Anda a la cancha Leo”. Leo è un ragazzino di poco più di diciassette anni, è arrivato dall’Argentina all’incirca quattro anni prima perché solo in Catalogna potevano pagare le cure che lo avrebbero aiutato a raggiungere un’altezza “normale” e perché qualcuno – che tornerà nella nostra storia – aveva visto in quel bambino che giocava con il pallone che gli arrivava al ginocchio le stigma di un campione. Sta pensando a tutto questo mentre si prepara per entrare, ogni gesto è misurato, non fa nulla che non sia necessario, lo si vede da come si allaccia le scarpe e da come si infila la maglia numero 30 nei pantaloncini. Quando entra sembra davvero l’amico che chiami all’ultimo per non rimanere in nove alla partita del giovedì sera. Negli otto minuti che restano non è che faccia granché ma il giorno dopo i giornali catalani, e spagnoli, già parlano di lui: il più giovane esordiente nella storia del Barcellona (record che verrà battuto da Ansu Fati, ora compagno di squadra di Messi).

Nell’arco di tempo che va dal debutto di Messi in Liga al debutto in Champions League, avvenuto il 7 dicembre dello stesso anno con una sconfitta per 2-0 sul campo dello Shakhtar, la vita di un altro argentino sarebbe cambiata per sempre. Diego Adrian Romero è un discreto centrocampista, inizia la sua carriera in patria con l’Atletico Rafaela ma si accorge subito che non ha quello che serve per sfondare nel calcio albiceleste, che fare quindi? Decide di intraprende una carriera da giramondo e nella stagione 2004/05 si accasa agli Alacranes di Durango, squadra che milita nella Serie B messicana. Già, il Messico: un luogo che per un argentino significa una cosa soltanto, Diego Armando Maradona e la Coppa del Mondo del 1986. Ma a Durango Diego Romero non vive solo di ricordi tanto è vero che il 18 novembre 2004, sul suolo che diciotto anni prima aveva visto El Diez alzare la coppa del mondo, nascono due gemelli, ai quali vengono imposti i nomi di Luka e Tobías.

Nel frattempo Diego cambia squadre – e continenti – fino a che non lo chiama una squadra amatoriale di Mallorca, il Son Verí de Llucmajor e, con tutta la famiglia, si stabilisce nelle Baleari. È il 2010, i gemelli non fanno altro che giocare. Come Benji Price e Oliver Hutton, uno in attacco e l’altro in porta, passano ore a sfidarsi in gare di rigori. Uno dei due, Luka, è molto forte tanto che lo nota proprio il Barcellona che gli vuole far fare un provino; si fermerà a La Masia solo una settimana e poi una regola della FIFA, che impedisce a giocatori al di sotto di una determinata età di trasferirsi lontano da casa, lo costringerà a tornare nelle Baleari. Si accorge di lui Horacio Gaggioli, il procuratore che fece firmare il primo contratto a Messi su un tovagliolo, che lo porta al Mallorca, sfruttando anche il passaporto spagnolo acquisito grazie ai bisnonni. In tutte le categorie in cui gioca Luka Romero diventa subito il padrone della squadra, uno così in una società come il Mallorca passa davvero una volta ogni tanto, forse mai più.

Più fa bene nella cantera del Mallorca più arrivano offerte, ma queste offerte non sono di squadre di club bensì di nazionali; forti del fatto che sia nato in Messico da genitori argentini con antenati spagnoli praticamente tutte e tre queste federazioni fanno carte false per assicurarsi il gioiellino di Durango. Quello che fa l’offerta più allettante è Bernardo Romeo, coordinatore delle nazionali giovanili argentine, che gli propone di disputare il Campeonato sudamericano sub-17 del 2019 con la nazionale albiceleste. Luka non ci pensa un attimo e dice subito sì, finalmente potrà indossare la camiseta dei suoi sogni. Il debutto in sub-17 è contro il Cile, l’Argentina vince 6-0 e Luka Romero segna il gol del 3-0 con un tiro dal limite dell’area. È il suo primo gol in una squadra nazionale.

Non male come biglietto d’ingresso in Albiceleste.

Due giorni dopo tocca all’Uruguay che viene trafitto da una freccia scoccata da circa trenta metri che si infila nell’angolo basso alla sinistra del portiere. Luka torna protagonista nella finale – raggiunta dopo aver eliminato la Colombia – contro il Brasile, purtroppo per lui questa volta in maniera negativa, sbagliando il rigore che condanna l’Albiceleste alla sconfitta per 3-5 dagli undici metri. Nonostante questo errore il Campeonato sudamericano di Luka Romero è stato uno dei migliori mai disputati da un giocatore all’esordio in nazionale e se non fosse stato per la pandemia che ha colpito il mondo avremmo potuto rivederlo in nazionale al torneo di Montaigu in marzo.

Il secondo allenatore del Mallorca, Dani Pendin, non fa altro che spendere parole d’elogio per Luka, ripetendo più volte di non aver mai visto un giocatore così forte a quell’età e paragonandolo a David Silva per la capacità di giocare tra le linee e di vedere il gioco.

Un paio di giocate delle sue nelle presenze, quasi imbarazzanti per i suoi coetanei, con il Maiorca B.

Nella sconfitta per 1-0 sul campo del Villarreal Romero ha ricevuto la sua prima convocazione in prima squadra e non è così irreale che Vicente Moreno lo faccia esordire per dare una scossa allo spogliatoio dei bermellones che gravitano nei bassi fondi della classifica. Dovesse esordire in questa stagione sarebbe il più giovane di sempre battendo Francisco Bao Rodriguez, debuttante a 15 anni e 255 giorni nella stagione 1939/40. Nato nella terra che ha consacrato Maradona e cresciuto dove Messi è diventato un Dio del calcio, Luka Romero aspetta la sua occasione per scrivere la storia del Mallorca e, forse, della nazionale argentina.