Bennacer è il centrocampista che ogni allenatore vorrebbe - Zona Cesarini
Bennacer

Bennacer è il centrocampista che ogni allenatore vorrebbe

In occasione del suo soggiorno nella regione di Arles, tra il febbraio del 1888 e il maggio del 1889, Vincent van Gogh realizzerà circa 300 disegni e dipinti imprimendo una svolta inaspettata quanto folgorante alla sua attività pittorica, sospinto dall’intensità della luce provenzale che il celebre artista olandese trovava quasi irreale, metafisica. Oggi, ad Arles, i luoghi in cui l’artista ha sistemato il suo cavalletto sono segnalati da appositi pannelli che rappresentano ogni suo dipinto e che tratteggiano un ideale percorso artistico in una delle cittadine più caratteristiche d’Europa, adagiata a metà strada fra due territori contrastanti come quelli della dolce e stereotipata Provenza e della paludosa e selvaggia Camargue. Un contrasto stridente, che la città natale di Ismael Bennacer sembra vivere con distaccata armonia: forte della sua storia millenaria che abbraccia culture, guerre, dominazioni, culti e costumi ben distanti fra loro, che sono stati assorbiti – come per osmosi – nelle sue variegate stratificazioni urbane. Lo stesso processo di assimilazione e modellatura di più culture e visioni in unico contesto si può oggi applicare tout-court a un calciatore cresciuto tra le vie di origine romana del centro di Arles, Ismael Bennacer.

Il centrocampista del Milan fa parte di quella schiera di interpreti che sembrano giocare a calcio con apparente semplicità, capaci di dare un senso compiuto al caos generato dal movimento perpetuo di altri ventuno giocatori sul campo; un equilibratore, un mediano, un regista, un interno o una mezzala, perfino un trequartista mancato: nelle caratteristiche e nel percorso formativo di Bennacer si può intravedere il solco dell’evoluzione moderna del centrocampista centrale di qualità e quantità, abile in ogni sistema di gioco, mai preminente rispetto ai principi collettivi, poco studiato rispetto ai grandi solisti, perfino snobbato in rapporto al peso specifico apportato alla propria squadra. Analogamente ad altri centrocampisti di equilibrio, geometria e sostanza – leggi alla voce Lucas Leiva -, Bennacer avanza e si fa spazio nel sistema quasi in penombra, adagiandosi nelle tessiture di un drappeggio moderno ma dal taglio minimale come quello disegnato da Stefano Pioli per il suo Milan. Quello del franco-algerino è ormai un contributo insostituibile in termini di prima costruzione del gioco, copertura preventiva in fase di transizione negativa e recupero di palloni, sia in pressing orientato sull’uomo che sulle seconde palle nella propria metà campo.

In alcune situazioni di gioco sembra una biglia da flipper impazzita, che, però, è mossa da un magnete invisibile che riesce a dare un senso profondo ad ogni suo intervento, tocco o sterzata.
Bennacer ha ampliato e progressivamente affinato le sue abilità in specifiche situazioni di gioco, arrivando a ricoprire un ruolo che tracima il semplice appellativo di mediano per trasformarsi in vero box-to-box specializzato nella distribuzione, facilitazione e recupero dei palloni, aggiungendo un retaggio tecnico del suo primo periodo da professionista giocato come trequartista: il lancio lungo a trovare l’uomo smarcato sul lato debole avversario, uno squarcio espressionista di luce capace di rivoluzionare il quadro statico del gioco. Nonostante la marcata inclinazione, comune a quasi tutti i mancini naturali, di giocare con un solo piede, il centrocampista del Milan è riuscito a limare questo difetto di base garantendo un’uscita pulita anche da zone ad alta densità alleggerendo inoltre il suo gioco da un’aggressività istintiva che, fino alla scorsa annata, lo aveva limitato (record di cartellini gialli nei top 5 campionati europei fino alla sospensione per il lockdown). Un altro segnale della sua crescita sotto la guida di un tecnico pragmatico come Pioli.
bennacer heatmap
In quest’annata si può notare come la sua posizione universale sia decisiva, di riflesso, anche per la produzione offensiva dei rossoneri, spesso sbilanciata sulle fasce, dove Bennacer scala garantendo la copertura posizionale nel momento in cui Calabria è chiamato a partire in verticale.
Oltre allo spiccato senso tattico, affinato nel corso degli anni sotto la guida di allenatori divergenti per idee e richieste, la sua formazione sui generis che spazia dalle scuole calcio francesi fino al biennio in Premier League con l’Arsenal per arrivare all’Empoli di matrice sarriana di Andreazzoli fino al Milan verticale di Pioli, ha inciso sulla fioritura di un centrocampista capace di gestire con disinvoltura tutte le fasi di gioco e l’intero cono centrale del campo, al di là della specifica posizione di partenza nell’XI titolare. In altre parole, Bennacer è uno di quei rari giocatori che col tempo, il lavoro, l’assimilazione di dettami e contesti inediti ha assorbito in sé un patchwork di princìpi e abilità che lo slegano dalla “semplice” etichetta di mediano o regista, e che lo rendono un pezzo unico e al tempo stesso universale: pedina malleabile, fluida, capace di dominare tempi e spazi di gioco. Capace di soffocare gli avversari creando densità e andando in pressing con un’intensità favorita dal fisico compatto e brevilineo, ma capace anche di proteggere palla, giocare sul corto e sul lungo con predisposizione naturale. Le statistiche, infatti, certificano la silhouette totale della sua produzione di gioco: l’89% di pass accuracy, insieme a 2,9 intercetti, 1,4 dribbling riusciti, 1,8 contrasti vinti, 2,4 falli subiti, 3,2 lanci lunghi e 1 passaggio chiave a partita.

Secondo me è pronto, non ho mai parlato con nessuno di lui, ho parlato solo col ds dell’Empoli prima di arrivare al Milan: mi chiedevo come fosse possibile che giocasse con noi, è molto molto forte, è prontissimo per un salto così e per arrivare in una squadra di grande livello. Ho giocato con Paredes e in Nazionale gioco con Pjanic, Bennacer è molto vicino al loro livello. (R. Krunic).

Tra i superpoteri di Bennacer quello più importante è l’immunità al pressing avversario.
Il giovane trequartista disordinato e spiccatamente centripeto che era sbarcato ad Empoli nell’estate del 2017 più come una scommessa esotica dai pochi rischi che come un reale investimento sul futuro, tre anni dopo si è rivelato uno dei migliori interpreti per qualità, quantità e QI calcistico dell’intero campionato. Bennacer è oggi il vero simbolo della new-wave rossonera, proiettata in testa alla classifica di un torneo bizzarro e imprevedibile, ma che ha trovato certezze col tempo e il lavoro per sottrazione di Stefano Pioli, architetto della struttura tattica agile e insieme feroce del suo Milan, che, lasciati da parte i colpi roboanti o la ricerca estenuante del nome da prima pagina, ha definito quale zenith della propria visione la creazione di un gruppo di giocatori giovani – spesso snobbati o provenienti da campionati di medio profilo – che potessero crescere e aderire ai dettami del tecnico emiliano come studenti universitari davanti alle lezioni di un cattedratico, coadiuvato dal totem pagano Ibrahimovic. A 23 anni ancora da compiere, in definitiva, il miglior giocatore dell’ultima Coppa d’Africa pare pronto ad entrare in punta di piedi – come i migliori attori non protagonisti – sui più prestigiosi palcoscenici internazionali per offrire il suo calcio così moderno ed efficiente per qualsiasi contesto.