Son è diventato un giocatore bionico - Zona Cesarini
Son
(Photo: Mike Hewitt/Getty Images)

Son è diventato un giocatore bionico

Missile: [dal lat. missĭlis, der. di missus part. pass. di mittĕre «mandare, scagliare»] 1. agg. non com. Che si lancia, che è destinato a essere scagliato: armi m., armi da getto. 2. s. m. Termine adottato a partire dalla seconda guerra mondiale per indicare in genere un corpo volante, senza pilota, con propulsione propria per tutta la traiettoria o per parte di essa (in ciò differenziandosi dal proiettile scagliato da un’arma da fuoco), dotato di apparecchi di teleguida o di autoguida (in ciò distinguendosi dal razzo), e portante un carico utile (rappresentato, nelle applicazioni belliche, da una o più cariche esplosive): il propulsore è a getto, il che consente di raggiungere velocità elevatissime in qualsiasi condizione ambientale. Se per puro esercizio stilistico volessimo aggiungere un punto 3 alla definizione della Treccani, dovremmo oggi inserire il nome di Son Heung-min del Tottenham; arrivato al picco di rendimento della sua carriera sotto la guida di un demiurgo come José Mourinho.

La stagione in corso sta decretando, senza possibilità di appello, la crescita esponenziale del sud-coreano all’interno del sistema dello Special One, in particolare grazie alla speciale alchimia che si è creata tra Son e Harry Kane. Una connessione libera da rigidi meccanismi eppure efficiente e letale; spietata nelle sue dinamiche quasi vintage, scevre da asfittiche sovrastrutture. Una ventata di libertà. Libertà come parola e concetto chiave: quella espressa e concessa all’attaccante sud-coreano nell’ultimo terzo di campo, cercando le migliori condizioni possibili per liberarne il talento ed esaltarne le caratteristiche di gioco. In altre parole, l’opera di Mourinho è stata anzitutto concettuale: creare il miglior habitat possibile in rapporto alle abilità del proprio interprete offensivo di spicco – assieme a Kane -, farlo con un intervento da mano invisibile à-la Adam Smith, minimale, che sposasse la filosofia che da sempre guida, come una stella polare, il tecnico di Setubal: pochi compiti e princìpi, chiari e netti, e ampia libertà all’interno di questa architettura tattica leggera. Arrivati a un terzo della stagione, quello che ci troviamo davanti è un Tottenham in seconda posizione a 3 punti dal Liverpool di Klopp, e un Son capocannoniere con 11 gol in 13 presenze assieme a Calvert-Lewin e Salah.

E nell’offerta 2020-21 sono compresi anche altruismo ed assist a pioggia (cinque finora).

L’evoluzione in termini di gol del sud-coreano viaggia parallela alle situazioni favorevoli create nella fase offensiva – soprattutto in transizione offensiva – degli Spurs. Una delle quattro fasi di gioco che Mourinho è riuscito ad elevare al livello di una forma d’arte diretta e stilizzata, qualcosa che ricorda vagamente le avanguardie russe del primo Novecento tanto è slanciata, rapida e razionalizzata nelle sue geometrie e corse verticali sul campo. Son recita la parte dell’uomo del futuro, creatura umano-bionica pronta a lanciarsi negli spazi con lo stesso cinismo di un missile terra-aria. È in questo contesto verticale fino al parossismo che Son è diventato Sonaldo, soprannome forse venato d’ironia ma al tempo stesso illuminante.

“Dinamismo di un footballer”; Umberto Boccioni, 1913. Forse il quadro più celebre sul calcio, realizzato dal futurista italiano e oggi in mostra al MoMa di New York, si presta perfettamente alla rappresentazione delle movenze di Son sul campo.

Son quest’anno sta entrando a far parte del ristretto sancta sanctorum dei grandi interpreti offensivi del gioco che si sono elevati dalla massa grazie alle loro qualità di velocità, frequenza di passo, potenza di corsa e progressione, abilità nel tiro, nella finalizzazione e nella capacità di ribaltare il campo come se corressero in discesa: un fil-rouge che unisce varie tipologie di giocatori, da Shevchenko fino a Bale. Mourinho, col suo 4-3-3/4-2-3-1 elastico, ha rivestito Son del ruolo di ala a piede invertito (anche se si fatica a capire quale sia davvero il suo piede debole, in teoria il sinistro) sulla sinistra di un blocco offensivo che ha in Kane il proprio asse orbitale, capace di scendere profondo nel campo e regalare aperture e appoggi di prima per l’attacco alla profondità del sud-coreano negli spazi lasciati vuoti dal centravanti inglese.

Play it fast, Harry. Che poi lo shinkansen è sempre pronto alla partenza.

Il piano di Mourinho è comunque ricco di alternative e sfumature, grazie ad interpreti universali e dal grande dinamismo come Bale, Kane, Ndombele, Sissoko e soprattutto Hojbjerg, vero deus ex machina della costruzione degli Spurs, capace di garantire – insieme a Lo Celso – fraseggio e copertura al centro del campo generando un’alternativa alla palla lunga, tattica dove il Tottenham risulta primo per distacco in Premier (12,1 palle lunghe per 90 minuti). Inoltre, il PPDA – l’indice statistico che misura l’intensità del pressing portato nella metà campo avversaria – fa registrare il sedicesimo posto tra le squadre di Premier, l’esatto opposto dell’impostazione filosofica del Tottenham di Pochettino che spesso guidava questa classifica; è un elemento fondante della controrivoluzione di matrice mourinhana, basata sullo sfruttamento delle qualità dei singoli e non sulla codifica di un sistema tattico complesso.

Ci poteva essere una sfida più simbolica dell’eterno duello contro Guardiola per un gol di Son che si materializza in maniera efferata con un taglio alle spalle della linea del City, e finisce in fondo alla porta con soli due tocchi effettuati con entrambi i piedi? Ovviamente, no. Fa parte di un’epica tutta mourinhana che continua a rinverdirsi e ingigantirsi ogni volta che il gioco diretto piega le velleità del gioco di posizione. E Son, con i suoi tocchi frenetici ma costantemente precisi, dosati alla perfezione in rapporto allo spazio per la giocata successiva, è oggi assurto al ruolo di icona di questa eterna lotta fra due correnti di pensiero così distanti. Son è l’uomo vitruviano del corso Mourinho 3.0 che sta lottando ai vertici di una Premier mai così ricca, sia tecnicamente che finanziariamente, e mai così pregna di filosofie tattiche allogene: da Klopp a Guardiola fino ad Ancelotti, Bielsa e Hasenhuttl. I suoi gol, oltre che numerosi e decisivi, sono anche rivestiti di una patina di invincibilità e urgenza che lo investono della forma di giocatore bionico, cyborg capace di seminare il panico tra le linee avversarie risultando il più delle volte un’arma illeggibile per tempi, rapidità e varietà di esecuzione per i rivali.

(Via Understat)

Oltre gli xG per gara, un significativo 0,36, e la clamorosa media di 0,90 gol per partita, un altro dato che sottolinea il peso specifico gigantesco di Son nel contesto del Tottenham è lo 0,62 xGChain per partita, ossia l’apporto alla manovra offensiva calcolato sui possessi in cui il giocatore è coinvolto. In altre parole: sei volte su dieci l’azione offensiva di Son è destinata a creare un’occasione da gol. Sono numeri che il sud-coreano non ha mai avuto in carriera, neanche nei migliori anni sotto la guida di Pochettino. Chiedi la strada anche se la sai”. E’ uno dei proverbi più antichi della penisola di Corea, usato per suggerire ai giovani di chiedere consiglio agli anziani più esperti per evitare errori. E a 28 anni, quello di Son – sotto l’attenta guida di Mourinho – rischia di essere un percorso che si dispiega su una strada ormai conosciuta, diretta verso orizzonti di gloria.